HomeEditorialiTaormina si toglie il "guinzaglio" e rialza la testa: così finisce TaoArte

Taormina si toglie il “guinzaglio” e rialza la testa: così finisce TaoArte

TAORMINA – “Tutto secondo copione con TaoArte, si è conclusa la pantomima”. Così il sindaco Cateno De Luca ha esordito in Consiglio comunale dando l’annuncio della fuoriuscita di Taormina dalla Fondazione TaoArte. Lo avevamo detto e scritto già in mattinata, qui su TN24, che c’era un bel “pacco” pronto, da recapitare alle ore 16 del 15 giugno 2023 in Corso Umberto al sindaco e alla Città di Taormina. E così è stato. Né più, né meno. Bocciata la modifica dello statuto chiesta dal sindaco di Taormina. La Regione rivendica la sua supremazia, Taormina toglie il disturbo e se ne va.

A questo punto, accadrà quello che sarebbe dovuto succedere già diversi anni fa sul fronte di un ente, TaoArte, dove Taormina è stata messa in minoranza nella forma e nella sostanza, demansionata al ruolo di ospite in casa propria mentre altri guidano le danze. Taormina può continuare ad essere scendiletto nel suo territorio? No.

Prima, nella stagione del Comitato, comandava Messina, oggi, nell’era della Fondazione, comanda Palermo. L’esito del CdA di ieri è la rappresentazione plastica della fisionomia palermocentrica che ha assunto TaoArte, dove Taormina e il sindaco-presidente protempore viene considerato un elemento di disturbo, che non può e non deve destabilizzare gli equilibri precostituiti. Non c’è molto da dire, c’è poco da aggiungere. Si va ognuno per la sua strada. Non si può avere la pretesa di convincere chi subisce a continuare a subire e non si può pensare che Taormina debba essere portata a spasso, con il “guinzaglio”. Pietoso è lo scenario del dopo-CdA di giovedì pomeriggio, con un codazzo di telefonate di parlamentari e lacchè di turno che da Palermo suggerivano (o intimavano, a seconda dei punti di vista) al sindaco di Taormina di non rilasciare dichiarazioni, di ripensarci e non uscire dalla Fondazione. Tra i telefonisti di turno c’era qualche parlamentare che appartiene al “club” di quelli che hanno spogliato l’ospedale San Vincenzo e con un volantinaggio mediatico farlocco hanno poi fatto finta di battersi per “salvare” l’ospedale di Taormina. Dopo avergli tolto l’ossigeno e un paio di reparti.

C’è un limite a tutto e qui la soglia della sopportazione è stata ampiamente sorpassata. De Luca, in fondo, ha deciso di percorrere una via eclatante che porta ad una soluzione che è la più naturale, l’unica possibile. Compie una scelta che per molti versi è un atto dovuto, verso Taormina e i taorminesi. Sancisce un divorzio che sarebbe stato giusto avviare già prima di lui al cospetto di percorsi condivisi che hanno poi assunto un’altra forma in cui Taormina dovrebbe limitarsi ad andare al traino.

La mortificazione inflitta a Cateno De Luca, quindi al sindaco della Città di Taormina, con il voto di ieri, è un copione che si ripete. E’ la stessa umiliazione inflitta a Mario Bolognari, al quale sono state imposte nomine non concordate con lui; eletto nel 2018 ma costretto a doversi insediare da presidente a marzo del 2023, dopo 4 anni e mezzo di commissariamento e quando stavano terminando i cinque anni di sindacatura. E’ la stessa umiliazione inflitta a Eligio Giardina quando gli venne detto da un ex assessore regionale che al Teatro Antico “comanda la Regione” e che avrebbe dovuto dire “grazie alla Regione “perché qui fa gli spettacoli”. E’ l’umiliazione toccata prima ancora a Mauro Passalacqua, quando la politica messinese si permise di mettere in minoranza l’allora sindaco di Taormina sino a far preparare una bozza di statuto e tentando un colpo di mano per costituire una Fondazione senza Regione. Per chi non lo sapesse, il professionista indicato nel 2010 per seguire quell’iter (poi bloccato) è un avvocato al quale di recente la Cassazione ha confermato una condanna a 9 anni di carcere per mafia. E prima ancora, tra il 2002 e il 2005, era stato chiesto l’indicibile dalla politica messinese al compianto Aurelio Turiano.

E allora il cerchio si chiude. Taormina va via da una Fondazione che ha perso l’anima taorminese, anzi non l’ha mai avuta per come è nata ed è stata sinora governata. TaoArte, quella vera e della quale è giusto parlare bene, è già finita da un bel pezzo, dopo stagioni di alto livello e serate memorabili che meritano di essere ricordate e nelle quali questo ente (allora Comitato) è stato una realtà centrale della cultura ed il cuore pulsante degli spettacoli in una città poi diventata terra di conquista.

Tutto finisce, tutto si compie. La Regione avrà la sua Fondazione (senza Taormina e il suo brand), Taormina si farà la sua. L’offerta culturale si diversifica e si arricchisce. Per il resto non è una questione di vincitori o vinti: in questa storia non possono più esserci furbi e fessi. Specie se a dover fare la parte dei fessi sono i padroni di casa. Alea iacta est.

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