HomeEditorialiRenzi e Calenda a destra: la mossa che cambia tutto

Renzi e Calenda a destra: la mossa che cambia tutto

Nel giro di pochi giorni, dal voto in Sardegna alle elezioni in Abruzzo e adesso nella corsa per la Basilicata, il quadro politico italiano si ribalta, va in scena lo psicodramma della sinistra e si spalancano le porte per un clamoroso allargamento dello schieramento di destra. La vittoria al fotofinish di Alessandra Todde in Sardegna sembrava aver sdoganato il progetto del “campo largo”, la grande ammucchiata della sinistra per lanciare la sfida al governo Meloni, all’insegna del tutti insieme appassionatamente, con il Pd e i 5 Stelle a guidare le danze e a ruota stavolta anche Italia Viva e Azione. Poi è arrivato il successo netto di Marco Marsilio in Abruzzo per il centrodestra, che ha spento subito gli entusiasmi sardi della sinistra che già sognava l’inizio della remuntada nel panorama politico nazionale.

Ma è in Basilicata che si sta scrivendo una pagina che potrebbe completamente cambiare lo scacchiere, con le prove tecniche di una nuova geografia nel bipolarismo in salta italica.

Il tentativo di Cinque Stelle e Pd di imporre in tandem il loro candidato a sinistra ha scatenato la reazione furiosa di Calenda e Renzi, messi all’angolo. I rapporti tra i centristi e Conte sono inesistenti, i livori sono al picco massimo e Calenda ha minacciato addirittura il capo dei grillini con un avviso ai naviganti a Schlein: “O lo fai tu o a andiamo noi a prendere a calci il M5S”. Volano parole grosse. E allora i “gemelli diversi” del centro italiano, litiganti terzopolisti di giorno e alleati verso destra di notte, sono pronti al salto della quaglia. Già perché ora Calenda e Renzi hanno deciso di schierarsi con il centrodestra. Lo faranno in Abruzzo ma, a quanto pare, pure in Piemonte. E se due indizi fanno una prova, qui la prova assomiglia ad una “pistola fumante”. I due centristi hanno compreso che a sinistra non c’è spazio, correre da soli è sinonimo di sconfitta perenne e allora guardano alla destra come la nuova “terra promessa”.

Tra i due ex colleghi del Terzo Polo e il centrodestra, d’altronde, possono esserci diversi elementi di compatibilità, specie sul piano di fondo delle politiche economiche e fiscali (salario minimo a parte, che resta un cavallo di battaglia di Calenda) e sull’idea di una giustizia più giusta, con una riforma garantista (non a caso c’è una linea identica per quanto concerne la separazione delle carriere). E c’è pure il tema dell’atlantismo che mettere d’accordo tutti. Temi che, invece, non trovano margini di manovra e nemmeno prospettive di condivisione a sinistra.

Sulla strada che porta Calenda e Renzi tra le braccia della destra rimane un ultimo problema che, tuttavia, dopo le Europee potrebbe non esserci più: si chiama Matteo Salvini. Nessuno dei terzo polisti vuole fare squadra con la Lega di Salvini. Altro discorso potrebbe aprirsi se dovesse saltare la segreteria di Salvini dopo il voto, con al suo posto Massimiliano Fedriga o Luca Zaia, governatori di profilo politico più equilibrato che potrebbero essere graditi sia a Calenda che Renzi. L’uscita di scena di Salvini farebbe saltare il tappo sulla via per un’alleanza organica, con Renzi che vorrebbe pure mettere l’Opa su Forza Italia, che al momento resiste, si difende e va per la propria strada. E la sinistra assiste a una doppia mossa che potrebbe rafforzare il centrodestra e complicare i piani dell’opposizione. La via è tracciata, Carlo il Pariolino e Renzusconi chiamano Giorgia, dall’altra parte rimane l’asse ormai consolidato tra Elly Schlein e Giuseppe Conte, che si giocheranno l’8 e 9 giugno il primo vero round della sfida per la corona di anti-Meloni. A meno che non decida di entrare in scena il più probabile vero contendente della Meloni alle prossime elezioni Politiche: e si chiama Paolo Gentiloni, destinato a vestire i panni del federatore prodiano. Ma questa, per adesso, è un’altra storia.

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