HomeEditorialiMes, Meloni ha ragione: non siamo "camerieri" di Francia e Germania

Mes, Meloni ha ragione: non siamo “camerieri” di Francia e Germania

La scelta del governo italiano di dire No al Mes accende il solito teatrino della politica italiano e scatena l’ennesima contesa tra “europeisti” e “anti-europeisti”. Al netto degli aspetti economici, per una volta, invece Giorgia Meloni fa una scelta coraggiosa e condivisibile. Sul piano prettamente politico il governo italiano dà un segnale di vita e almeno in questa circostanza non si piega ai diktat di Bruxelles.

Non è pensabile un’Europa in cui Francia e Germania comandano e gli altri, come l’Italia, si sottomettono a capo chino. Le cose non possono funzionare così, con buona pace dei nostalgici di Monti, Merkel e la Troika e i vari “Ambrogio” di casa nostra.

La politica altro non è che uno specchio della vita di tutti i giorni, ed è una storia in cui bisogna farsi rispettare, parlare forte e chiaro, senza mai retrocedere. E l’Italia, che da tempo immemore, si è ridotta al ruolo di Paese sottomesso alle volontà dell’Europa e soprattutto ha subito in lungo e in largo le logiche imposte da Berlino e Parigi, ha invertito la tendenza e si è imbarcata in una posizione che potrebbe, a questo punto, scatenare la “rappresaglia” politica e quella dei mercati ma che, in linea di principio, afferma un concetto dal quale non si può prescindere: l’Italia non può essere cameriera di nessuno, ha la sua identità e le sue idee e deve portarle avanti senza farsi soggiogare, irridere o peggio ancora piegarsi alla linea altrui del “si fa così e basta”. La strada è lunga, lunghissima. Ma al netto dell’acclarata inconsistenza di Matteo Salvini, che rimane dedito ad una presenza politica da eterna televendita, Meloni non si è piegata né all’Europa né al suo alleato leghista, ha fatto una scelta di buon senso.

Il nuovo Meccanismo europeo di stabilità (Mes), che l’Italia non ha ratificato, nasce dal vecchio fondo salva-Stati che l’Ue ha voluto riformare dopo il doloroso salvataggio della Grecia, per rimuoverne le componenti più criticate come l’infausto Memorandum che imponeva tagli e riforme lacrime e sangue in cambio degli aiuti.

Archiviata la stagione più aspra e spietata dell’austerity, l’UE decise di dare nuovi compiti e poteri al fondo che, per rifarsi un minimo di immagine, avrebbe potuto dare una mano ai Paesi anche prima di finire in crisi. L’idea è stata quella di rafforzare e semplificare l’uso degli strumenti a disposizione del Mes prima del salvataggio di un Paese, ovvero le linee di credito precauzionali: un Paese potrebbe chiederle qualora venisse colpito da uno shock economico e volesse evitare di finire sotto stress sui mercati. Ma l’Italia, pur con tutto il carico di problemi, emergenze e contraddizioni, non ha necessità di attingere in questo momento al meccanismo infernale del Mes e di una “tagliola” sulle future generazioni, perché evidentemente quei soldi poi qualcuno dovrà restituirli. Si tratta di una linea di credito da 70 miliardi. Da prendere per poi fare altri sprechi all’italiana come quelli che stanno già maturando con il Pnrr?

Il buon esempio di certo non può essere quello di Matteo Renzi, che nella sua parentesi di governo ha massacrato i lavoratori (vedi jobs act), e non ha titolo per criticare neanche Giuseppe Conte. L’ex avvocato degli italiani, con i 5 Stelle, ha buttato via milioni di euro per delle stupidate come i monopattini elettrici e i banchi a rotelle, per non parlare del superbonus che ha premiato chi non aveva bisogno di soldi per ristrutturare case e palazzi. E ovviamente vale il principio del “bocca taci” sul caos sociale scatenato dal Reddito di Cittadinanza. Ecco perché la critica di oggi alla scelta di Meloni è una Mes…sinscena.

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