HomeEditoriali"Le ultime ore di Mario Biondo", il grande inganno su Netflix

“Le ultime ore di Mario Biondo”, il grande inganno su Netflix

Un giallo senza fine e un inganno senza limiti a una famiglia. E’ online su Netflix una docu-serie dedicata alla storia di Mario Biondo, il cameramen palermitano trovato morto in Spagna il 30 maggio 2013.

“Le ultime ore di Mario Biondo” racconta la tragica fine del ragazzo che aveva sposato a Taormina la celebre conduttrice televisiva spagnola, Raquel Sánchez Silva, il 22 giugno 2012 e che un anno dopo – secondo la giustizia spagnola – si sarebbe tolto la vita, Ma quella di Biondo è una morte che, fa pensare a tutto tranne che ad un suicidio. Eppure su Netflix va in scena un format che dipinge quasi come un’ossessione di famiglia la tesi dell’omicidio, sostenuta dai genitori di Mario, dal fratello e dalla sorella. Non emerge la prospettiva di una legittima ricerca della verità ma traspare l’ostinazione ad personam di chi non sa darsi una ragione della perdita del figlio. Le tre puntate del documentario fanno passare il messaggio, in sostanza, di una posizione pretestuosa, carica di rancori e non suffragata da elementi concreti nei confronti di Raquel Sanchez Silva.

La vita, quella vera, racconta altro. Mario e Raquel si erano conosciuti sul set di un reality show e lui era legatissimo alla famiglia, si era trasferito in Spagna per amore e per lavoro ma anche quella sera del 22 giugno 2012 stava chattando con i suoi cari e l’umore non era quello di chi stava per suicidarsi. Verrà trovato mpiccato in casa dalla donna delle pulizie, ad una libreria che non avrebbe potuto mai reggere il peso di un uomo della sua stazza. Uno scenario di morte che sembrava, insomma, una grottesca messa in scena. Si dirà che era depresso, che faceva uso di droghe e persino che fosse impotente, con una rappresentazione negativa di Mario che in Sicilia viene definita in certi casi un vero e proprio “mascariamento”, quasi a volerne infangare l’immagine per corroborare la tesi del suicidio.

La presunta volontà suicida stride con i comportamenti di un ragazzo che stava pianificando l’arrivo dei parenti in Spagna e ne parlava persino quella sera della morte e stava lavorando, sino alle sue ultime ore di vita, ad un nuovo lavoro, un format tv da lui ideato. Ma di questo non si parla nel documentario prodotto da Netflix, che la tocca “piano”, di striscio, sull’aspetto legato alle ricerche di Mario Biondo sulla moglie e sulla presunta esistenza di un video porno della donna.

E adesso la madre, Santina D’Alessandro, dopo aver visto il documentario ne ha preso le distanze tramite un comunicato video pubblicato dal canale YouTube di El Mundo.

“E’ molto difficile per una madre perdere un figlio. E’ ancora più difficile sentirsi usata da chi si approfitta del tuo dolore. Quando ho accettato con la produzione di mettere a nudo i miei sentimenti per parlare di mio figlio e della sua morte, mai avrei immaginato che dietro ci fosse stato l’ex manager di Raquel, la vedova di mio figlio. Mi hanno ingannata, raggirata, in un modo subdolo. Non so come sarà il documentario, anche se lo posso immaginare. So che mi farà molto male e nessuno ha il diritto di farmi questo”. (Santina Biondo).

Parole dure come un macigno, quelle di Santina. E “Le ultime ore di Mario Biondo”, nei fatti, è parsa una rappresentazione plastica, costruita in una direzione ben chiara, della volontà di far credere alla gente tre cose: che Mario Biondo si sia suicidato, che la sua famiglia sostenga la tesi dell’omicidio senza avere alcuna prova e che Raquel Sanchez Silva sia stata oggetto di sospetti riconducibili soltanto ai livori della famiglia di Mario.

Il docufilm vorrebbe mettere in luce la mancanza qui di un vero giornalismo di inchiesta giudiziaria, senza però guardare in casa propria. Esplora un percorso che mettere in risalto la fragilità emotiva di una famiglia e non le contraddizioni del personaggio della vedova di Mario Biondo. Quasi si rimprovera alla magistratura italiana di aver lasciato spazio al complotto, mentre viene tralasciata la posizione molto discutibile assunta dalle autorità spagnole.

Nessun riferimento ai risvolti dell’inchiesta italiana, all’assurdita fisica e all’impossibilità scientifica di un ragazzo che si impicca ad una libreria con un foulard. Passa in cavalleria anche la botta in testa di cui recava il segno Mario Biondo. Per non parlare delle anomalie e le carenze dell’esame medico-legale eseguito sul corpo del cameraman. Ma soprattutto nessun richiamo all’inchiesta nell’inchiesta, fatta da Le Iene, che aveva anche puntato l’attenzione su un parente di Raquel, che potrebbe aver “ripulito” il computer di Mario. Nessun richiamo alle immagini dell’interrogatorio di Raquel che viene messa in difficoltà dai magistrati italiani e si difende, nervosamente, con un reiterato “non ricordo”.

Nella docu-serie spagnola si parla per lo più dell’episodio della vacanza a Formentera che la moglie Raquel si è concessa due giorni i funerali del marito, un viaggio prenotato in precedenza per festeggiare il primo anniversario di matrimonio.

C’è anche un altro giallo nel giallo, di cui nessuno parla, perché probabilmente non c’entra in questa storia e che tuttavia appare una coincidenza molto inquietante. Alle nozze di Taormina di Mario e Raquel c’era anche il fotografo dei vip, Daniele Lo Presti. Il 42enne fotoreporter originario di Palmi era diventato amico di Mario Biondo e i due erano rimasti in contatto e tra l’altro Lo Presti era un grande conoscitore di Formentera, dove aveva spesso lavorato. Il 27 febbraio 2013, Lo Presti viene trovato cadavere sulle sponde del Tevere, colpito a morte mentre faceva jogging, freddato quasi sotto ponte Testaccio da un killer che non è mai stato trovato.

Nella docuserie di Netflix tutto viene raccontato per evidenziare la fragilità di Mario e per circoscrivere i sospetti ad un “errore” di comportamento da parte della showgirl, una scelta inopportuna della donna che non sarebbe dovuta andare a Formentera due giorni dopo il funerale di Mario. Da lì se ne desume, in sostanza, che sarebbe scaturita una rabbia “persecutoria” della famiglia di Mario verso la vedova di Mario. Tutti i sospetti, insomma, non sarebbero dovuti ad una lunga serie di elementi inquietanti ma sarebbero frutto della sete di vendetta di una famiglia che, invece – questo lo diciamo noi – ha affrontato questa brutta storia con grande dignità e senza alcuna propensione a speculare sul dramma. Gente perbene che ha subito una perdita straziante e merita rispetto. Certamente Pippo e Santina e i loro figli, Andrea e Emanuela, non meritavano di perdere Mario Biondo in quel modo e meno che mai meritano lo strazio infinito di quello che è accaduto dopo la sua morte. Dieci anni di bugie, depistaggi, silenzi e ambiguità, con la giustizia spagnola che si è sempre preoccupata più di difendere le conclusioni suicidarie che di guardare alla tesi omicidiaria.

E addirittura ecco una serie tv che avrebbe dovuto testimoniare la ricerca di una verità ed è diventata strumento mediatico di annacquamento della pista del delitto. Una difesa d’ufficio della vedova costruita usando la famiglia di Mario. Come se in Spagna fossero intelligenti e qui in Italia dei poveri scemi. Peccato per loro che non siamo nati ieri.

ARTICOLI CORRELATI

POTREBBE INTERESSARTI

SEGUICI SUI NOSTRI SOCIAL

35,880FansMi piace
14,200FollowerSegui
My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.