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Eva contro Eva, con l’avvocato in agguato

Una scende in piazza e arringa la folla, l’altra si “berlusconizza” con gli appunti. Eva contro Eva, distinte e distanti tra un discorso di pancia e un videomessaggio agli italiani. La giornata di sabato 11 novembre 2023 cristallizza il quadro politico italiano, ove mai ce ne fosse bisogno, con la narrazione del momento che è nella sfida tutta al femminile tra la premier in carica Giorgia Meloni e la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein.

Meloni spinge per la riforma del premierato e vuole mettere le tende al Palazzo Chigi, non a caso mostra le foto dei predecessori e poi aggiunge che per il suo quadretto serviranno ancora “almeno 4 anni”. Schlein si carica, si prende di coraggio e prova a conquistare la gente di Piazza del Popolo per la sfida a Meloni ma anche per blindare la prima poltrona del Nazareno, che scricchiola e che potrebbe vederla defenestrata dopo le Europee.

La leader di Fratelli d’Italia sta giocando una partita ad alto rischio, soprattutto perché il terreno sul quale la metta è l’Italia e sono gli italiani, specialisti chirurgici del voltafaccia. Una riforma che vada a prevedere l’elezione diretta del primo ministro è una cosa giusta e su questo non ci piove, per mettere fine alle trame di palazzo che hanno prodotto ribaltoni in serie e sfornato governi mai votati e mai legittimati dalla gente. Soltanto così, insomma, non vedremo al Palazzo Chigi i vari Renzi, Gentiloni, Conte, Draghi, Dini, Maccanico, Amato e Monti, giusto per rendere l’idea di come sin qui la politica in questo Paese se ne sia infischiata alla grande della sovranità popolare e abbia ribaltato gli equilibri delle urne, inventandosi esecutivi farlocchi e presidenti “abusivi”. Allo stesso tempo, però, se passa il messaggio che Meloni vuole provare a blindare la sua posizione e incollarsi alla sedia, allora il discorso può cambiare e rischia per lei di prendere un alto binario. Lo sa bene Renzi, che politicamente era e resta il più intelligente nell’agone parlamentare italiano ma si intestardì nel 2016 nella sfida mortale dei referendum ed è andato a casa, crollando dal 40% dei bei tempi del Pd al 2-3% di questa stagione politica in cui si è ridotto a guidare un partito di nicchia e a pietire inciuci d’annata e alleanze di sopravvivenza.

Meloni ha un’autostrada davanti per restare al governo del Paese e completare la legislatura con buone probabilità di riconfermarsi poi per quella successiva, nonostante questo governo sia stato sinora deludente e abbia fatto poche cose buone. Oltre lo stop al reddito di cittadinanza e al Superbonus il nulla cosmico o quasi e soprattutto la colpa di una posizione supina a Bruxelles, come tutti gli altri governi che ci sono stati in Italia. Poi, vabbè, la furbata dei centri per migranti in Albania è un’altra storia e Meloni ha messo in subbuglio la sinistra italiana con una mossa politica astuta.

Dall’altra parte c’è Schlein che arranca, si è già specializzata nella sconfitta delle tornate elettorali che diventano ormai un calvario per il Partito Democratico e per il centrosinistra, ma la segretaria dei dem non si arrende, non molla e sta dimostrando tenacia nel non farsi scoraggiare dalla raffica di attacchi che le arriva contro, in primis dal fuoco amico intorno al partito. Vincenzo De Luca, con il suo lanciafiamme, vorrebbe incenerire gli attuali quadri dirigenti del Pd, Schlein va oltre e tira dritta, dimostrando di voler vendere cara la pelle. Chi la dava già fuori dai giochi prima ancora dalle Europee, ha fatto male i conti. La Schlein vuole giocarsi la sua chance, sino in fondo e lo ha dimostrato il discorso fatto in piazza del Popolo. E’ convinta di poter contendere la guida del Paese a Giorgia Meloni e di questi tempi anche nelle sfide più temerarie crederci e volersi convincere di potercela fare è sempre una cosa apprezzabile. Anche se i sondaggi raccontano altro e dicono che ha una montagna di fronte a lei, da scalare a mani nude.

Il potere è donna in questo momento e non ci piove che la contesa si sia perimetrata attorno a Meloni da una parte e Schlein dall’altra. Eppure bisogna fare attenzione al terzo incomodo. E poi c’è lui, Giuseppe Conte, l’ex avvocato del popolo che cannoneggia dalla mattina alla sera Meloni e fa capire a Schlein che senza i Cinque Stelle non ci può essere campo largo e nemmeno un’alternativa concreta al centrodestra. Conte sogna un terzo giro a Palazzo Chigi e sornione resta in sella, aspettando l’ennesimo giro di giostra. Mai dare per “morto” il furbo “Giuseppi”.

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