HomeEditorialiL'ingrato saluto a Nino Strano, ridotto all'episodio della mortadella in Senato

L’ingrato saluto a Nino Strano, ridotto all’episodio della mortadella in Senato

La scomparsa dell’ex senatore catanese Nino Strano è diventata in queste ore l’amara cronaca della dipartita di un politico di lungo corso ma anche e soprattutto l’ancora più triste e irrispettosa narrazione stereotipata di una morte che viene ridotta all’episodio della mortadella mangiata in Parlamento dopo la caduta del governo Prodi. Da più parti è stata data, infatti, la notizia dell’addio di Nino Strano accompagnandolo al “bollino” di quella goliardata in Senato per salutare la fine dell’esecutivo di Romano Prodi.

Il giornalismo in Italia non perde occasione per ricordarci come si è ridotto male e il commento più eloquente e condivisibile lo ha dato il democristiano Gianfranco Rotondi. “Mi spiace che i giornali abbiano ridotto il ricordo di Nino Strano, ex senatore di destra scomparso ieri a 73 anni, all’episodio marginale (e francamente infelice) di quando divorò in Senato un etto di mortadella per festeggiare la caduta del governo di Romano Prodi. Un gesto infelice, dicevo, ma un buon giornalista doveva incardinarlo in un racconto più completo della personalità dello scomparso: l’aneddotica di supporto non mancava certo. Ricordo ad esempio un volo istituzionale nel corso del quale lo stewart domandò al senatore Strano come volesse essere svegliato prima dell’atterraggio, e lui prontamente rispose: ‘con un fruscio di piume di struzzo’. Lo stewart sorrise pensando a una battuta, e invece Nino gli consegnò prontamente un ventaglio di piume di struzzo. Questo era il personaggio, e andava raccontato in modo più completo, senza omettere che si è trattato di un parlamentare ed assessore di onestà adamantina in una terra difficile come la Sicilia, di un artista teatrale e cinematografico di grande talento, di un uomo di amori totali e non sempre definibili – ma c’e un amore che si fa definire? -, come quello per Franco Zeffirelli, che gli dedicò il suo capolavoro ‘storia di una capinera’. Forse queste cose dovevamo trovarle oggi sui giornali, peccato che ormai il giornalismo non recuperi il gusto della narrazione neppure di fronte al rito di congedo”.

Tra tanti messaggi sui social per esprimere cordoglio ai familiari di Strano c’è chi ha scritto: “Non seguo la politica, non ho colori di partito e nemmeno idoli dello spettacolo. Però, ho avuto modo di frequentare personaggi “pubblici” senza sentire il peso della loro notorietà e vedendone la persona prima del personaggio. E tra questi c’era Nino Strano”. Ed era effettivamente questo Nino Strano, che al netto di qualche eccesso e della sua esuberanza, è stato una persona perbene e corretta nell’approccio, a cui non sono mai mancati sensibilità e rispetto e che anche da assessore regionale ha fatto cose buone e ha fatto meglio di tanti altri suoi colleghi che non sono stati all’altezza di gestire quella poltrona.

Addirittura c’è chi ha scelto di accompagnare l’annuncio della morte di Strano direttamente alla foto in cui mangiava la mortadella a Palazzo Madama. Libera scelta, libero arbitrio, scelta però di pessimo gusto. In fondo non c’è più neanche da sorprendersi, è il tempo galoppante dell’imbarbarimento delle cronache e del giornalismo che non guarda in faccia neppure la morte. Ma forse Strano stesso si sarebbe fatto una risata di fronte al trionfo della banalità all’italiana. Dare notizie è ormai un rito per tanti, fare informazione (vera) è un esercizio per pochi.

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