HomeEditorialiMaltempo: fatti e prevenzione, non lacrime di coccodrillo

Maltempo: fatti e prevenzione, non lacrime di coccodrillo

“Le forze della natura sono difficilmente del tutto imbrigliabili, quello che è sicuro è che occorre impegnare tutte le istituzioni, da quelle centrali a quelle locali, affinché si realizzino opere di prevenzione in grado non di eliminare ma di ridurre l’effetto di queste calamità”. Queste le parole del presidente del Senato Ignazio La Russa nel minuto di silenzio per le vittime del maltempo in Italia. Sarebbe tutto giusto e condivisibile se non fosse che in Italia ci è ormai rassegnati alla commemorazione senza impegnarsi sul serio a fare prevenzione per salvare le vite umane.

Il clima si è tropicalizzato e ci mette del suo ma non si può rimanere con le braccia conserte a subire gli accadimenti atmosferici. Non sono possibili miracoli ma la prevenzione è un’arma importante. E’ il tempo del fare e dell’agire per mettere in sicurezza i territorio e non delle solite “lacrime di coccodrillo” in un Paese dove l’abusivismo ha fatto stragi e continuerà a farne. Si è permesso di costruire ovunque, in lungo e in largo. L’uomo ha strozzato i torrenti, deviato i corsi d’acqua come fossero un bicchiere d’acqua e ha aggredito la Natura, che per tutta risposta oggi porta il conto, si riprende i suoi spazi, travolge tutto ciò che trova sulla sua strada e anche le persone che finiscono per soccombere a un amaro destino.

Si pensa forse che possa bastare la lunga serie di stanziamenti post-disastri per lavarsi la coscienza ma poi bisogna pure vedere come vengono davvero impiegate quelle somme e se le opere vengono realizzate a regola d’arte. La superficie nazionale potenzialmente soggetta a frane e alluvioni cresce e non si comprende che quasi il 94% dei comuni italiani è a rischio dissesto e soggetto ad erosione costiera e oltre 8 milioni di persone abitano nelle aree ad alta pericolosità.

Il dissesto idrogeologico è uno dei problemi che affligge il nostro Paese e non può essere considerato un tema da affrontare una tantum, sempre il giorno dopo e non prima. In Italia, infatti, avvengono circa 2/3 delle frane che si verificano in Europa ed è il territorio che subisce di più gli effetti di violente piogge. Casualità? No.

«L’Italia è un Paese giovane. Dal punto di vista geologico vuol dire che ha catene montuose che si sono formate in tempi recenti – ha spiegato Luca Maria Falconi, ricercatore dell’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) -. Le Alpi hanno qualche decina di milioni di anni e rispetto ad altri territori è un’età giovane. L’Appennino ne ha ancora meno nell’ordine di milioni di anni. Le forme con cui si sono sviluppate sono quindi ancora soggette ai movimenti di smantellamento dovuti agli agenti esogeni. In altre parole una catena montuosa si forma attraverso movimenti tettonici che di fatto rompono la crosta terrestre e portano a emergere spigoli vivi dalla superficie terrestre. Questi spigoli vivi, cioè in sollevamento, vengono poi smussati da vento, acqua e altri agenti esogeni, portando così il materiale abraso a valle. È un processo ancora attivo. I processi di smantellamento sono perciò la causa dei processi geomorfologici e dei fenomeni franosi».

Questa degradazione ambientale, dovuta principalmente all’attività di erosione delle acque superficiali provoca gravi impatti sull’ambiente, sulle infrastrutture, sull’economia e, soprattutto, sulla popolazione.

I dati riportati dall’ISPRA nel rapporto Dissesto idrogeologico in Italia non si prestano ad interpretazioni: pericolosità e indicatori di rischi disegnano una situazione drammatica nel nostro Paese. Ben il 93,9% dei comuni italiani è ritenuto a rischio per frane, alluvioni o erosione costiera. Il 18,4% del territorio nazionale è classificato a maggiore pericolosità per frane e alluvioni; 841 chilometri di litorali sono soggetti a erosione, pari al 17,9% delle coste basse italiane. In generale 1,3 milioni di abitanti risultano in pericolo a causa di frane e 6,8 milioni di abitanti per le alluvioni. Le regioni più a rischio sono Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Veneto, Lombardia e Liguria.

Vogliamo continuare a scherzare e a fregarcene di questo disastro e limitarci alla commemorazione dei defunti? Oppure si è compreso che così non si va più da nessuna parte. Non servono interventi tampone, una tantum, non bastano rattoppi per mitigare il rischio. Forse oltre al Piano Mattei per l’Africa bisogna pensare e prevedere un piano anti-dissesto idrogeologico. E lo si deve fare in fretta. Non con le solite chiacchiere all’italiana.

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