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Finalmente è finito Sanremo: ma gli italiani pagano il canone per questa schifezza?

La serata finale del Festival di Sanremo 2023, che ha incoronato vincitore Marco Mengoni, è stata seguita in media su RaiUno da 12 milioni 256 mila telespettatori pari al 66% di share.

La media del 66% raccolta dalla serata finale di Sanremo è la più alta dal 1997, quando il festival, condotto allora da Mike Bongiorno con Piero Chiambretti e Valeria Marini e vinto da Jalisse, fece segnare il 68.29%.

Avete capito bene. Più di 12 milioni di persone hanno seguito un festival che si può definire semplicemente con un termine: una schifezza. O se preferite una bestialità. Perché tale è diventato quello che nella sua storia è sempre stato il festival della canzone italiana e da qualche anno a questa parte è diventato uno show dell’ipocrisia, della politica spicciola, delle tette al vento, della trasgressione ostentata e esasperata che se ne frega dei bambini davanti alla tv, dei sermioni moralisti e del perbenismo edulcorato. Un festival di gente senza identità, senza arte né parte, che sulle note stonate di canzoni mediocri tenta disperatamente di farsi notare e apprezzare dal pubblico mostrando il peggio di sé.

Questo Sanremo inguardabile è riuscito nell’impresa di mostrare tante cose addirittura peggiori di un tizio che aveva dato avvio all’evento devastando a briglie sciolte il palco dell’Ariston. Si può dare torto a qualche critico che ha definito questo festival “vomitevole”. Francamente no.

Il punto è un altro: ma gli italiani pagano il canone alla Rai per vedere una roba del genere? Si dirà che il Festival lo pagano gli sponsor ma questo non legittima la Rai a mandare in onda un evento così degradante sul piano artistico e sociale. Ma le canzoni dove sono? Boh. La musica è diventata contorno. Si sono visti pochi momenti degni di nota, come ad esempio il duetto di alto livello tra Giorgia e Elisa, e poi Gianni Morandi che non si discute e nella serata finale un ospite sempre degno di rispetto, come il grande Gino Paoli.

Nel festival dell’ipocrisia si è discusso per giorni sull’opportunità, anzi l’inopportunità, di far intervenire Zelensky, un Capo di Stato di un Paese aggredito che vive il dramma di una guerra. Il paventato videomessaggio del presidente ucraino ha scatenato una polemica degna di un Paese dove l’ignoranza abbonda e la malafede deborda. Alla fine tutti contenti per il “pericolo scampato” (ma di cosa?) di un intervento video di Zelensky e tutti felici per aver mostrato a 12 milioni di persone scene imbarazzanti, indecenti e diseducative. I politici si sono mobilitati per neutralizzare il discorso di Zelensky e ridurlo ad un foglio da far leggere ad Amadeus, senza preoccuparsi del problema di tutto il resto che è andato in onda su RaiUno, in prima serata, per una settimana.

C’era una volta il festival della canzone, che riuniva le famiglia e le appassionava con il canto e quei brani che venivano canticchiati e poi diventavano un tormentone per mesi. E c’è oggi un festival di selfisti e artisti che nel “vero” Sanremo sarebbero stati scelti forse per pulire i servizi igienici del Teatro Ariston. Insomma questo Sanremo non vale un fico secco, lo si può considerare nient’altro che la perfetta sintesi di uno spettacolo nazionalpopolare di serie C, un combinato disposto della tv spazzatura sul quale la Rai, al netto degli ascolti e dei ragionamenti economici, farebbe bene a riflettere, se sia il caso di continuare a cadere così in basso. Ma se poi vogliamo dare una bella immagine così squalificante dell’Italia anche all’Estero, avanti tutta….

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