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Omicidio a Raffadali, il padre confessa: “Ho avuto un corto circuito, mi picchiava e minacciava per soldi”

Lo ha insultato pesantemente e poi gli ha intimato di consegnargli dei soldi che spendeva anche per fare acquisti online: “mi devi dare altri 15 euro…“, gli ha urlato. Sarebbe la causa scatenante dell’omicidio di Raffadali secondo confessione di Gaetano Rampello, il 57enne assistente capo della polizia di Stato in servizio alla Questura di Catania che, ha sostenuto, al culmine dell’ennesima aggressione, ha estratto la pistola di ordinanza e sparato 15 colpi contro il figlio ventiquattrenne Vincenzo Gabriele.

L’agente, assistito dal suo legale Daniela Posante, ha reso una piena confessione ai carabinieri del Nor della compagnia di Agrigento. Poco prima di interrogarlo il pubblico ministero Chiara Bisso aveva fatto disporre l’esame dello stub. Rampello ha inquadrato il delitto nel profondo disagio vissuto all’interno della famiglia per le condizioni di salute del ragazzo che aveva delle fragilità psicologiche e che, per tre anni, secondo il racconto del padre, era stato ricoverato in una struttura specializzata. “Gli davo 600 euro al mese – ha detto Gaetano Rampello – ma non gli bastavano mai, mi picchiava e minacciava sempre per i soldi”.

Questa mattina l’ennesima lite, per strada, dove padre e figlio si erano incontrati in seguito all’ultima richiesta di denaro. “Mi ha telefonato chiedendomi 30 euro – avrebbe detto durante l’interrogatorio – quando glieli ho dati ha iniziato a insultarmi e minacciarmi dicendomi che ne voleva 50. Mi ha aggredito e sfilato il portafogli prendendo altri 15 euro, di più non avevo in tasca. A quel punto ho avuto un corto circuito – ha ricostruito il poliziotto – e gli ho sparato non so quanti colpi”. Il giovane in passato era stato più volte denunciato per delle aggressioni subite dal padre

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