Il Partito Democratico ormai da tempo in caduta libera domenica elegge il suo nuovo segretario. Una certezza già c’é: in ogni caso sta per arrivare un segretario che non potrà mai essere peggiore di Enrico Letta, un collezionista insuperabile di sconfitte che si appresta a tornare ai propri impegni accademici e non verrà rimpianto da nessuno.
La sfida per la successione a Letta è tra Stefano Bonaccini e Elly Schlein, le previsioni dicono che il vincitore sarà l’attuale governatore dell’Emilia Romagna e l’impressione – perlomeno anche la nostra – è che Bonaccini sia l’unica e ultima speranza dei democratici per cacciarsi fuori dal pantano di una crisi che li ha fatti sprofondare all’opposizione dopo 10 anni di governo (non legittimato dal consenso popolare) e persino in bilico nelle gerarchie dell’opposizione stessa e dell’area politica di sinistra, dove a fare la voce grossa sin qui sono stati i Cinque Stelle.
Bonaccini – che in questi anni ha fatto bene in Emilia Romagna – è già stato attaccato dal suo stesso partito perché ha fatto capire di non fare il segretario dell’anti-centrodestra a prescindere. Addirittura ha speso parole di apprezzamento per Giorgia Meloni e si è scatenato il solito putiferio all’italiana. Ma Bonaccini ha lanciato diversi altri segnali apprezzabili e condivisibili. A partire dal monito del “Basta puzza sotto il naso, basta con la sinistra dei salotti”, un segnale di rottura con la storia recente di una sinistra che è diventata salottiera e poltronara, lontanissima parente di quella che fu ai tempi di Berlinguer.
“In Italia la povertà comincia a diventare ereditaria e la ricchezza un fatto dinastico”, ha detto soprattutto Bonaccini ed è un messaggio non soltanto corretto ma che dovrebbe trasversalmente fare riflettere.
Dall’altra parte c’è la Schlein, che dovrebbe rappresentare il cambiamento, la novità, non soltanto anagrafica e generazionale ma nei contenuti e che, in verità, sembra invece rappresentare il solito “disco rotto” della sinistra del “bastion contrario”, che si perde nei luoghi comuni e nella proposta di battaglie che non sono una priorità per il Paese. Forse potrà rappresentare un valore aggiunto in un altro momento, in futuro, e sarebbe stato anche interessante e importante assistere all’elezione di una donna alla guida del Pd per dare al Paese un’alternativa al centrodestra e alla Meloni. Ma ad oggi la Schlein non sembra all’altezza di questa sfida e Bonaccini può rappresentare un punto di svolta per rendere nuovamente competitivo il Pd e per dargli una guida politica fatta di contenuti veri e non di inutile retorica. Una leadership in discontinuità col perdente cronico Letta.