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Tagli e scippi all’ospedale San Vincenzo: la politica taorminese e il D32 presi a “pernacchie”

TAORMINA – “Giù le mani dall’ospedale di Taormina”. Ricordate quel cartello esposto il 19 dicembre 2022 nella foto di classe dei sindaci, riuniti in corteo davanti al San Vincenzo? Dentro quel cartello c’è il manifesto della storia degli ultimi 15-20 anni di un presidi scippato e sventrato all’inverosimile, nei reparti e nelle professionalità. Smontato pezzo per pezzo mentre la politica taorminese e tutta quella comprensoriale hanno fatto il solletico alla Regione Siciliana. “Aita a rubbanu ci fìciunu i potti di ferru” (dopo che S. Agata è stata derubata è stata protetta con porte in ferro)”, per dirla con un celebre proverbio usato a Catania. Sindaci, amministratori e chi più ne ha più metta, vanno avanti da anni con la tiritera di una difesa dell’ospedale che, nella sostanza, non c’è mai stata o se è esistita ha avuto un’incidenza impalpabile nelle logiche e le dinamiche della politica palermitana.

Alle porte di Natale si è levato in alto un cartello a difesa dell’ospedale, e il giorno dopo Palermo puntualmente se ne fregò. Basterebbe dire questo per rendere l’idea di una lunga sequenza di manifestazioni, dichiarazioni e iniziative che non hanno mai portato a niente. “Non toccate, non chiudete, manca questo, etc”, i vari scritti di protesta sono un copia incolla che si ripete periodicamente, senza una strategia incisiva che possa ribaltare la vicenda: ad esempio potrebbe avere un senso la proposta di rendere Taormina azienda autonoma.

Facciamo una riflessione ed è un’analisi – chiariamolo in premessa – che esula dalla campagna elettorale in corso a Taormina, anche perché lo stupro del San Vincenzo si è già consumato da tempo e abbraccia il presente tanto quanto il passato. Le chiusure dei reparti sono già avvenute e altre incombono, 50 posti letto se ne sono andati negli ultimi 10 anni e altrettanti anche prima, e la Regione è sempre andata sino in fondo nel fare tutto quello che voleva. La condizione in cui è ridotto il Pronto Soccorso è una vergogna, con il personale medico ed infermieristico ridotto all’osso e la gente ad attendere ore ed ore. Bisognerebbe invitare il presidente della Regione a venire qui e farlo stare al Pronto Soccorso, seduto anche lui in attesa, dalle 9 del mattino all’una di notte, per fargli capire come stanno le cose.

In primo piano c’è la contesa in sulla Cardiochirurgia Pediatrica. Il 10 gennaio scorso si stappavano le bottiglie per festeggiare la conferma del Ccpm a Taormina dopo una seduta di Commissione Ars: dopo 3 mesi quella certezza si è sgretolata. Non occorre essere oracoli, a tal proposito, per immaginare che si arriverà ad una soluzione con una proroga sino al 31 dicembre e poi un rinnovo: per 4 anni? Forse, ma con relativo timer, aspettando il miracolo palermocentrico di San Donato. E chi vuol capire intenda.

Ma il vero problema è che si continua a circoscrivere il perimetro politico e mediatico delle carenze e delle vicissitudini del San Vincenzo al Ccpm, centro di eccellenza molto importante e che ha salvato tanti bambini. Altrettanta dignità e ben altra considerazione, però, meriterebbero tutte le altre unità operative che hanno fatto la storia dell’ospedale e sono finite nel limbo. Diversi reparti non sanno di che morte moriranno, perché la coperta è corta e se metti 4 milioni e mezzo da una parte, rimarranno le briciole per i piccioni dall’altra.

E’ stata pure contestata l’Asp, che altro non è che l’emanazione delle volontà della Regione e ha pure salvato il Ccpm con una proroga non autorizzata da Palermo. E se un’azienda viene chiamata a gran voce (in primis dalla politica taorminese e comprensoriale) a confermare un reparto che necessita di ingenti risorse ma il budget è sempre quello, è altrettanto chiaro anche ad un bambino di 2 anni che quelle risorse verranno tagliate agli altri reparti. La politica taorminese e dell’hinterland allo stesso tempo lamenta i tagli, fa le crociate per un reparto ma non comprende che manca l’equilibrio economico e servono maggiori risorse per garantire tutta l’offerta sanitaria e assistenziale.

Così la verità ineludibile è che il partito della fermezza non bagna Taormina e tutto il suo distretto sanitario. Non lo bagna da tanti anni e nemmeno adesso. I posti letto se ne sono andati e diversi professionisti pure, mentre la politica del territorio non sapeva o non capiva cosa accadeva, mentre nessuno si interessava e ci si limitava a qualche inutile supercazzola come i documenti dei vari Consigli comunali, ordini del giorno che a Palermo vengono considerati alla stregua della carta Scottex. Il San Vincenzo si è “sgonfiato” per l’inconsistenza degli amministratori locali, distratti, spesso incapaci di avere un peso nelle determinazioni della Regione. Quante volte abbiamo visto il presidente o l’assessore di turno, che arrivano a Taormina e promettono: “Potenzieremo, state tranquilli, nessun taglio”. Si esulta e ci si gonfia il petto. E l’indomani al “San Vincenzo” chiudono un reparto.

In altri casi – diciamolo con estrema chiarezza – c’è stata anche la commistione di chi ha avuto le “mani legate” perché a Taormina la politica ha sempre avuto parecchi esponenti con il camice bianco, che facendo parte della “grande famiglia” della sanità non possono andare oltre le parole di rito e qualche fregnata di circostanza, perché poi “mamma Regione” ti silenzia e ti stanga. Se sgarri ti tolgono posti, posizioni e/o primariati che riguardano mariti, moglie e figli, e tanti saluti.

E’ inutile fare la gara a chi ce l’ha più lungo, quando al cospetto dei tagli avvenuti all’ospedale di Taormina c’è stata, in realtà, la sfida a chi se l’è fatta addosso prima. Lo stagno politico, permanente e imperturbabile, che c’è attorno all’ospedale di Taormina è un dato di fatto. Palermo comanda, qui si subisce. Taormina e il D32 urlano, Palermo rassicura con annessa pernacchia. Si scrivono documenti, si fanno le marce di protesta, con gli addolorati che nel frattempo conversano allegramente e ridacchiano e si pettinano i capelli per venire bene nelle foto. Ma di che parliamo? Nessuno ha salvato nulla sino ad oggi e, al netto di un chilo di chiacchiere e due di minchiate, o si cambia approccio sul serio o il “San Vincenzo” rimarrà quello che è già tornato ad essere: un ospedale di periferia, come 30 anni fa. Un presidio che ha un grande bacino di utenza ma ridotto all’impotenza, dove hai più possibilità di finire sballottato in qualche altro posto della Sicilia che di restare lì e venire curato. Finiamola con tutta questa retorica paesana nauseante di chi è stato più bravo e chi no, chi ha fatto o non ha fatto: i risultati delle varie crociate sinora sono stati penosi.

Avere un ospedale all’altezza della situazione è un’esigenza reali di tutti, se qualcuno non l’ha compreso. E’ un tema sul quale non possono esserci fazioni ma la soluzione non sono le crociate “farlocche”. Garantire il diritto alla salute ai cittadini è un dovere morale prima ancora che un fatto politico. Bisogna riflettere, fare mea culpa e cambiare approccio. Tutto il resto è cronaca di un’inutile poesia paesana. Mentre la gente aspetta, muore e fa il “grand tour” in giro per la Sicilia.

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