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Palazzo Corvaja: No casinò, No party

TAORMINA – Palazzo Corvaja è ormai vicino alla riapertura dopo i lavori di risanamento conservativo avviati nella scorsa legislatura e proseguiti nei primi mesi di quella in corso. L’ex sede del Parlamento siciliano era stata destinata dalla passata Amministrazione di Taormina a sede del Museo della Città di Taormina mediante apposita convenzione con il Parco archeologico di Naxos-Taormina. Poi la Giunta dell’attuale sindaco Cateno De Luca, poco dopo il proprio insediamento, ha revocato gli atti di quella iniziativa e ha stoppato la prospettiva della destinazione museale.

E adesso che Palazzo Corvaja è pronto e aspetta di essere valorizzato cosa accadrà? “Sarà la sede del casinò di Taormina”, ha già dichiarato a più riprese De Luca. Secondo molti si trattava, evidentemente, di una provocazione, anche perché la vicenda del casinò è una storia arcinota a tutti, ad oggi molto lontana da una svolta. Al momento c’è un muro invalicabile sulla strada che porta all’apertura di nuove case da gioco in Italia. Ma De Luca non demorde e non desiste dall’intento e, a quanto risulta, la volontà è stata ribadita anche di recente al Parco di Naxos-Taormina. “Che intenzioni avete su Palazzo Corvaja?”, è stata in sostanza la domanda posta dai vertici del Parco. Il sindaco ha fatto sapere che non vuole fare passi indietro e ha risposto ribadendo nuovamente che “Palazzo Corvaja sarà sede del Casinò di Taormina”.

“Vogliamo la riapertura del Casinò a Taormina e vogliamo che questa cosa sia chiara a tutti – ha detto De Luca -. C’è un disegno di legge presentato dall’on. Francesco Gallo (Sud chiama Nord). Bisogna restituire alla Città di Taormina e ai taorminesi quello che è stato portato via con il furto, il torto, che la nostra città ha subito. E’ una ferita ancora impressa nell’anima della comunità e Taormina rivuole ciò che le spetta. E’ una battaglia che non riguarda solo Taormina ma la Sicilia e il Meridione, è una battaglia che va fatta. Diranno i soliti benpensanti che i casinò sono tutti in perdita ma è ovvio che una casa da gioco fallisce se lì si assume il figlio, il nipote dì, il consulente di o l’amante di. E’ ovvio che si fallisce, invece il casinò va gestito come un’azienda e ci sono le condizioni per prendersi questa responsabilità. Come avvenuto per la legge sullo sbaraccamento di Messina lavoreremo ai rapporti che sono necessari per questa proposta di legge e cercheremo le sponde per creare le condizioni necessarie per questa proposta di legge. La strategia di destagionalizzazione deve essere di alto respiro e passa anche da qui”. (Cateno De Luca, Taormina, 1 gennaio 2024).

Sulla via impervia che porta al sogno proibito del Casinò c’è un Everest da scalare a mani nude: il premier Giorgia Meloni ha dichiarato guerra alla Ludopatia e non vuole sentire parlare di altri casinò, la Lega fa le barricate dalla notte dei tempi perché vuole difendere il quadrilatero amico dei casinò italiani del nord-est (Venezia, Sanremo, Campione, Saint-Vincent) con tutti gli interessi economici annessi e connessi. E sullo sfondo c’è un altro no che non verrà mai dichiarato pubblicamente ma conta più di tutto arco costituzionale politico messo insieme e moltiplicato per tre: quello del Vaticano.

Sul casino’ i taorminesi, scippati e fregati negli Anni Sessanta da una truffa all’italiana, hanno ormai deposto le armi da un pezzo. Sperare nei miracoli nella vita ci sta sempre, mai mettere limiti alla Provvidenza ma come disse a suo tempo la buonanima del compianto sindaco Aurelio Turiano: “Se non vuole la Chiesa, Messa non se ne canta”. Nel frattempo che si fa? Palazzo Corvaja attenderà i tavoli verdi tra un po’ di rappresentanza istituzionale, qualche mostra una tantum e il contorno di una diretta social? Serve una soluzione ragionevole. Non per forza di alta “ingegneria”.

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