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Maestra fa recitare l’Ave Maria in classe e viene sospesa: una vergogna italiana

Una maestra è stata sospesa per 20 giorni dall’insegnamento, con riduzione dello stipendio, per aver fatto realizzare agli alunni un piccolo rosario con 10 perline a forma di braccialetto e per aver recitato insieme a loro in classe un’Ave Maria e il Padre Nostro, durante la sostituzione di un suo collega in una terza elementare. Verrebbe da non crederci se questa non fosse, invece, assolutamente vero e la malcapitata protagonista della vicenda ha un nome e cognome e si chiama Marisa Francescangeli, 58 anni, maestra di Nuoro che insegna nella scuola primaria di San Vero Milis, in provincia di Oristano, dove segue tre classi, una quarta e due terze.

La scuola italiana ormai da diversi anni è diventata una barzelletta, l’istruzione e la formazione degli studenti ha lasciato spazio ad un inutile approccio retorico e mnemonico alle materie, con programmi disarticolati ed attività che non insegnano praticamente nulla agli alunni. Ma qui si va oltre.

Per un’Ave Maria è scattato un provvedimento di sospensione di 20 giorni dall’insegnamento e la decurtazione dello stipendio. Un provvedimento che si può definire a metà tra l’idiozia e la bestialità. “Per me è stato uno shock – ha detto l’insegnante. – Nella mia carriera non ho mai avuto problemi. Mi sento vittima di un’ingiustizia”. E ha ragione questa insegnante. Perché in un Paese con un minimo di logica e di buon senso, se lei è stata sospesa per 20 giorni, il dirigente che ha fatto un tale provvedimento andrebbe a sua volta rimosso dall’incarico e mandato a casa.

Comprensibile e condivisibile l’ira delle famiglie che hanno definito assurda ma soprattutto inaccettabile la sospensione di questa maestra. A quanto pare, il provvedimento di sospensione ha avuto corso quando la maestra è rientrata dopo un periodo di malattia. E non è stato revocato neanche dopo che lo ha chiesto il sindacato, che riteneva non corretta una procedura che non aveva consentito all’insegnante di motivare il suo comportamento né di presentare controdeduzioni. “Mi sono dovuta rivolgere a un avvocato, abbiamo chiesto l’accesso agli atti, ricorreremo in tribunale”, ha reso noto questa malcapitata insegnante.

Non posso dire niente» è stata la risposta del preside ai cronisti. Ed in certi casi il silenzio è d’oro. All’indirizzo di questo dirigente, dalle famiglie, una sola parola: vergogna. Un pensiero calzante al quale ci uniamo anche noi.

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