HomeAperturaLa cacciata di Giletti: una prece all'informazione in Italia

La cacciata di Giletti: una prece all’informazione in Italia

Urbano Cairo chiude “Non è l’Arena”, cala il sipario sul programma di Massimo Giletti a La7 e il pensiero collettivo, il sospetto di “massa”, sul perché di questa decisione va inevitabilmente alle coraggiose inchieste del giornalista e conduttore sulle vicende di mafia, l’arresto di Matteo Messina Denaro, e i rapporti tra Stato e Cosa Nostra, a partire dalle stragi del 1992.

Lo abbiamo detto e scritto da tempo che l’informazione in Italia è ad uno stato agonizzante, per non dire che sia praticamente in coma irreversibile, c’è una pletora di giullari travestiti da divulgatori che vanno in tv o fanno i fenomeni sulla carta stampata e sui social, ma il vero giornalismo si è fermato ai primi Anni del Duemila. I giornalisti degni di essere considerati tali, in Italia, si contano sulle dita di una mano. Quella di oggi è una tragicomica rappresentazione corporativa di cassamortari mediatici all’arrembaggio, che si autocelebrano nella loro mediocrità ma evidentemente distinti e distanti dai crismi di chi dovrebbe fare vera informazione. E il caso Giletti è la cartina di tornasole, di un sistema della “non informazione”. Un sistema che non vuole essere “disturbato”.

Un interessante approfondimento sul caso Giletti è stato proposto da “Open”, il giornale online di Enrico Mentana, che com’è noto lavora nella stessa emittente di Massimo Giletti.

“Massimo Giletti – si legge su Open – non accetta la chiusura di Non è l’Arena. E ai giornalisti nell’ultima riunione di redazione lo dice chiaro e tondo: «Chiediamoci perché ci hanno chiuso. Stavamo preparando tre puntate importanti, delicatissime. Deflagranti. E siamo stati fermati». Le tre puntate riguardavano la strage di via d’Amelio, Marcello dell’Utri e l’ex sottosegretario di Forza Italia D’Alì condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. La Stampa racconta l’ultima riunione a La7 e dice anche che sfuma il ritorno del conduttore in Rai. Proprio a causa del defenestramento da parte di Urbano Cairo: «E dopo tutto questo, col cavolo che ce lo riprendiamo». L’editore di La7 però smentisce censure. Mentre i dirigenti di viale Mazzini dicono che non ci sono stati incontri e abboccamenti”.

“Lo sfogo del conduttore arriva mentre diventa pubblica la sua testimonianza davanti ai pubblici ministeri Turco e Tescaroli che indagano sulle stragi del 1993. Giletti ha detto ai giudici che Salvatore Baiardo gli ha mostrato una foto che ritraeva Silvio Berlusconi insieme a Giuseppe Graviano e al generale dei carabinieri Francesco Delfino. Ma a confermare che la chiusura della trasmissione sia dipesa dalla linea editoriale è anche la collaboratrice di Giletti e giornalista del Fatto Sandra Amurri. «Mi chiedo: c’è davvero qualcuno disposto a credere che la ragione di una tale decisione della rete possa essere dipesa dal pagamento di Baiardo per le sue partecipazioni al programma? E non sia, invece, scaturita dalle inchieste in cantiere su altre verità nascoste sui cosiddetti “intoccabili?”», dice. A confermare di aver ricevuto pagamenti per andare in trasmissione è stato lo stesso Baiardo”.

“Ma l’amico dei fratelli Graviano ha invece smentito davanti ai pm l’esistenza di una foto che ritrae Berlusconi con Madre Natura. Mentre non ci sarebbe un’indagine sui pagamenti (per un totale che va dai 30 ai 48 mila euro) della produzione della trasmissione allo stesso Baiardo. Giletti è stato interrogato come “persona informata sui fatti” (cioè testimone, senza l’ausilio di un legale) il 19 dicembre e il 23 febbraio a Firenze. E c’è anche una storia che lo riguarda raccontata oggi dal quotidiano. Quando la Dia gli piomba in casa dopo l’arresto dei Graviano nel 1994 con il capo dell’Antimafia toscana dell’epoca Nicola Zito l’ex gelataio ammette la conoscenza con i boss di Brancaccio. Ma parla anche di telefonate tra i fratelli e Dell’Utri. E di un incontro tra i padrini di Palermo e il braccio destro di Berlusconi. Al momento di firmare i verbali fa però dietrofront. E così diventa un pentito mancato”.

ARTICOLI CORRELATI

POTREBBE INTERESSARTI

SEGUICI SUI NOSTRI SOCIAL

35,880FansMi piace
14,200FollowerSegui
My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.