HomeEditorialiDe Luca ascolti l'omonimo: è meglio lasciar perdere il Pd

De Luca ascolti l’omonimo: è meglio lasciar perdere il Pd

Si intensificano le grandi manovre verso le elezioni Europee di giugno e dalle nostre parti tiene banco la strategia a tripla mandata che sta portando avanti il leader di Sud chiama Nord e sindaco di Taormina, Cateno De Luca. Aspetta Calenda, tratta con il Pd e apre ai 5 Stelle. In politica può accadere di tutto. In questo momento De Luca ha l’obiettivo di superare lo sbarramento del 4% che deciderà chi va a Bruxelles e chi resta a casa ed è chiaro che il suo movimento da solo non ha chance di raggiungere quella soglia. Ci può stare l’asse con il “pariolino” Calenda, uno che però è convinto di essere il depositario del Vangelo politico. Il 31 gennaio si avvicina e Calenda non dichiara amore a De Luca, con il serio rischio quindi di prendersi e lasciarsi come avvenne con Renzi. C’è l’ipotesi dei 5 Stelle, che per assurdo sarebbero i più affini al percorso politico di De Luca ma, dopo averne combinate di cotte e crude al governo del paese, proiettati in una inesorabile fase di decadentismo, aggrappati ai soliloqui di Conte a Roma e in cerca di una sponda vivifica a Palermo. E poi c’è anche e soprattutto la trattativa in corso tra De Luca ed il Partito Democratico.

All’interno di Sud chiama Nord probabilmente non ci sarà mai chi deciderà di prendere la “pillola del coraggio” per convincere De Luca a desistere dall’azzardo di questa strada ma un eventuale accordo con il Pd è la scelta potenzialmente più sbagliata che si possa fare.

E’ chiaro che De Luca non può andare con il centrodestra e fa bene ad escludere questo scenario prima di tutto. Ma “sposare” il Partito Democratico, al netto del fatto che possa trattarsi di un “matrimonio di interessi” o una “fuitina belga” o nozze a lungo termine, è come decidere di mettersi un visore per godersi in 3D lo spettacolo della “notte (politica) degli zombie”. Cateno dovrebbe ascoltare l’altro De Luca, Vincenzo, il governatore della Campania che il Pd lo ha sepolto da un pezzo e lo ha ben connotato anche nelle scorse ore: “Il Partito democratico deve essere un partito serio, rispettato e avere un programma politico tale da persuadere la maggioranza del popolo italiano. Se invece l’obiettivo è dare vita a un partito che è una via di mezzo fra Lotta Continua e lo Zecchino d’oro, allora va bene così. Il Pd ha espresso nel corso degli anni il peggio del Pci e della Dc: il centralismo burocratico del partito comunista e il correntismo democristiano”.

L’opportunità di fare un seggio e portare un europarlamentare a Bruxelles è una legittima ambizione ma poi bisogna capire come ci si vuole arrivare e che riflessi può avere questa manovra sul futuro. Cateno De Luca, l’antisistema che in Sicilia ha preso il 25% perché si è differenziato dai due poli, rischia di consegnarsi al bollino rosso di un partito che in tutto questo tempo è stato espressione del governismo a tutti i costi, un simbolo di poltronificio a vari livelli. Il Pd ha governato dal 2011 al 2022 il Paese confezionando governi non legittimati dal consenso degli italiani. E a Palermo il Pd ha governato con Raffaele Lombardo e poi con Rosario Crocetta: i risultati li conosciamo e li sa anche De Luca. Le Europee vengono viste da De Luca come il momento in cui sdoganare la sua sfida ma soprattutto agganciare quelle minoranze politiche siciliane che alle ultime Regionali non erano con lui e che alle prossime potrebbero consentirgli di scavalcare il centrodestra. Il ragionamento alla fine questo è. Tutto il resto è contorno.

Ma quel 25% De Luca lo ha conquistato girando come un forsennato la Sicilia da figura di protesta, alternativo alla destra e alla sinistra. E in quel 25%, se De Luca si fosse presentato con il santino del Pd, c’è chi avrebbe preferito emulare Muzio Scevola piuttosto che votare un candidato del Pd. Poi vai a spiegare all’elettore che però quel candidato che è nella lista del Pd in realtà non fa parte del Pd. I travasi non sono mai stati matematici in politica, tanto più quando si ha a che fare con l’umoralità degli elettori, che hanno spedito Renzi da 40% al 4% e Salvini dal 34% all’8%. Senza contare che c’è un clima di gran fermento all’interno del Pd stesso sull’ipotesi di alleanza con De Luca ed è un partito dove puoi fare oggi un accordo con Elly Schlein che però domani mattina rischia di non essere più lei la segretaria perché Gentiloni sta tornando da Bruxelles per prendersi le chiavi del Nazareno.

La destra vince oggi in Italia per assenza di un’alternativa seria e la maggioranza degli elettori vota da quella parte pur di non vedere al governo questa sinistra. Meloni ha una corte dei miracoli attorno che c’è da mettersi le mani tra i capelli, ma domina la scena e danza sulle ceneri berlusconiane non perché sia uno statista: è assai più scaltra di “mister slogan” Salvini e dell’altro alleato Tajani, che fa quasi tenerezza perché la sua consistenza elettorale è un mistero come l’Area 51. Non serve Nostradamus per predire che Lega e FI saranno asfaltate da Fratelli d’Italia alle Europee e che la sinistra incasserà un’altra sconfitta.

Il Pd, considerato da De Luca (Cateno) trampolino di lancio verso altri orizzonti, rischia di diventare la sua “zavorra”. Il Pd è sempre stato aperto al mondo del civismo, ed è vero ma non perché quella vocazione sia stata riempita degli ideali di un gigante come Berlinguer o dello spirito di Maria Teresa di Calcutta. Hanno imbarcato chiunque e persino Di Maio pur di raccattare voti perché al Nazareno anziché resettare tutto pensano al quoziente numerico e si illudono che possa bastare professare in eterno il verbo dell’anti-destra. Perdono a ripetizione perché non costruiscono qualcosa e l’attuale classe dirigente dei dem non è in grado di farlo. Non a caso le migliori figure di quel partito vengono tenute ai margini (Vincenzo De Luca e Michele Emiliano) o peggio epurate (Marco Minniti) in nome del correntismo, del moralismo e del poltronismo.

E allora Cateno De Luca ci pensi bene, prima di dare una brusca sterzata al suo percorso. Per un posto nella lista del Pd vale la pena imbarcarsi in un casino? Molto probabilmente no. La presenza a tutti i costi del suo movimento a Bruxelles, non gliel’ha prescritta il “medico” e forse, a queste condizioni e in questo quadro politico cristallizzato, non esserci alle Europee e aspettare senza esporsi potrebbe convenirgli di più. Meglio lasciar perdere il flirt con il Pd, non perda tempo con gli appelli ai “malpancisti” di periferia del Pd e tutto al più vada alla stretta finale del dentro o fuori con Calenda. La storia insegna che c’è sempre vita oltre la vita: ma il Pd è una di quelle cose destinate all’oblio. De Luca è troppo intelligente per non sapere che legarsi al Pd rischia di “impiccare” il suo progetto. Sulla via politica che porta a Palermo ora è meglio dedicarsi alla sindacatura di Taormina.

ARTICOLI CORRELATI

POTREBBE INTERESSARTI

SEGUICI SUI NOSTRI SOCIAL

35,880FansMi piace
14,200FollowerSegui
My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.