HomeEditorialiCaso Pd è un segnale per De Luca: "cerchio magico" spalle al...

Caso Pd è un segnale per De Luca: “cerchio magico” spalle al muro

L’intricata matassa delle elezioni Europee sta diventando per Cateno De Luca e per Sud chiama Nord la “cartina di sole” di un percorso politico sempre più lastricato di ostacoli, nemici e porte che si chiudono. La strada si fa in salita e il no del Pd all’alleanza per le Europee è l’ennesimo segnale che dovrebbe far riflettere.

Facciamo un passo indietro e ricordiamo la parabola dell’ultimo biennio. Nel 2022 De Luca ha tentato l’assalto alla presidenza della Regione con una campagna elettorale a ritmi sfrenati, che al netto della mancata affermazione, lo ha portato al 25% di consensi con 500 mila preferenze ottenute. Tanta roba e un patrimonio enorme di consensi da gestire. Nella stessa tornata elettorale, alle Politiche, De Luca è riuscito infatti a far eleggere a Roma due parlamentari. La sera stessa dello spoglio per le Regionali, De Luca ha deciso di lanciare l’assalto alla sindacatura di Taormina, dove il 25 e 26 maggio 2023 ha scherzato con la politica locale, l’ha frantumata, umiliata e spazzata via, conquistando Palazzo dei Giurati con un risultato plebiscitario (65%).

Il 2023 si è chiuso con una serie di addii e “tradimenti” a ScN e la parentesi infelice per De Luca delle Suppletive per il Senato a Monza. Le Europee ora rischiano di diventare una trappola per De Luca, specie se deciderà di partecipare. Il Pd, con un sussulto una tantum di logicità, ha detto no alla proposta di ospitare un candidato deluchiano in lista e allora al sindaco di Taormina rimane la carta Calenda, ultimo treno per portare a casa un’alleanza che – numeri alla mano – garantirebbe concrete chance di superare la soglia del 4%. Senza un accordo con Azione, invece, c’è l’Everest nella scalata a Bruxelles. Non a caso De Luca parla di “una battaglia da soli con una lista identitaria” e poi comincia a valutare un’altra opzione: “Le Europee non sono indispensabili, si fanno se ci sono le condizioni”. De Luca sa che fare una lista autonoma sarebbe una mossa banzai e forse tirarsi fuori dalla contesa è la strada migliore da prendere per evitare al suo movimento i riverberi di una brusca frenata e per lavorare con più calma sul suo obiettivo di tornare a lottare per la presidenza della Regione.

A questo punto si va oltre il dilemma dell’esserci o non esserci alle Europee. De Luca ha sempre avuto il fiuto per le scelte giuste, con una indubbia capacità di leggere le situazioni e di avere una visione strategica. Non si discute il modello amministrativo, De Luca i risultati li ha ottenuti e ha affrontato situazioni da oltre il baratro, come Messina, dove nemmeno un matto da manicomio vorrebbe fare il sindaco in quel contesto iper-complicato.

Attorno allo zar di Fiumedinisi, tuttavia, c’è una “corte dei miracoli”, o se preferite il cosiddetto “cerchio magico”, che lo esalta ma non lo aiuta, una pletora di nuovi aspiranti Ambrogio che incensano il capo ma non hanno lo spessore per confrontarsi con lui e per dare un apporto costruttivo. Alcuni il loro mestiere lo fanno anche bene e non mancano bravi collaboratori ma poi ci sono quelli che non contribuiscono ad alzare l’asticella del progetto (semmai l’abbassano) e avallano tutto a capo chino pur di garantirsi la benevolenza del capo. O peggio ancora accompagnano il leader verso scelte sbagliate, lo isolano da una percezione totale delle cose e gli rappresentano un quadro filtrato della realtà. Lo si sta vedendo sulle vicende delle Europee e allo stesso modo a Taormina, dove gli elettori hanno scelto a furore di popolo De Luca ma si ritrovano poi – in sua assenza – una terza linea al timone del palazzo. Uno scenario che non passa inosservato, un tema destinato a diventare centrale da qui ai prossimi mesi.

Si dirà che De Luca polarizza la trama della sua parabola politica sulla sua figura ma forse, al di là della sua vulcanicità, è anche vero l’opposto. In Sud chiama Nord c’è la personalità straripante di De Luca e poi uno strapiombo, dentro il quale pesa l’assenza di un valido contrappeso, interlocutori che sappiano confrontarsi con lui, consigliare il leader per aiutarlo e non adularlo a prescindere per affossarlo. Non a caso è mancato qualcosa e qualcuno in grado di evitare lo scivolone del “corteggiamento” al Pd. Bastava ricordarsi che De Luca ha preso il 25% alle Regionali 2022 da figura anti-sistema e fuori dai due poli, pertanto è corretta la trattativa con Calenda mentre è stata un’idea stralunata l’auspicata “ospitata” nella lista di un partito che ha fatto del culto del poltronificio e del palazzo una ragione di vita politica. Il Pd ha tolto tutti dall’imbarazzo con un sussulto d’orgoglio, tuttavia rimane l’errore di aver sdoganato agli occhi della gente una proposta che non si addice ad un partito autonomista che ha preso in Sicilia 500 mila voti. De Luca ci mette la faccia e annuncia in diretta social, deluso, la telefonata di Barbagallo ma le seconde linee di ScN hanno una corresponsabilità. I successi sono di tutti e allo stesso modo anche gli insuccessi. Al netto dei malpancisti (messinesi in primis) che erano disposti a sdraiarsi nudi sui carboni ardenti pur di non avere De Luca nel Pd, lo schiaffo del Nazareno è anche un autografo con dedica al cerchio magico deluchiano.

Il problema lo si era già visto, d’altronde, nella campagna elettorale a Taormina, quando ad un certo punto De Luca ha dovuto dare una sterzata e muoversi in prima persona per non rischiare di complicare un’elezione già vinta prima che iniziasse. Ha deciso il “passo di lato” di altri attori nella conduzione del percorso perché chi aveva gestito le trattative stava combinando più guai della “guerra in Africa”.

Monza ha fatto suonare il campanello d’allarme sulla necessità di riorganizzare Sud chiama Nord e De Luca si è messo a girare in lungo e largo la Sicilia (e l’Italia), nell’inconfessabile consapevolezza che alle sue spalle c’è un difetto di caratura. E la personalità che serve per incidere in un percorso non la compri al supermercato. E’ una valutazione alla quale andava dato un seguito e che necessitava di contromisure già in quel momento. Non ci si può illudere che i tour cateniani possano sempre bastare a risolvere tutto.

De Luca si sta scontrando con quella fase fisiologica ad ogni percorso politico dove, ad un certo punto, dopo il boom, viene il difficile: puoi alzare l’asticella oppure soffrire la saturazione di un progetto se alle spalle non c’è una struttura forte. Il vero tema è capire se De Luca realizza di dover fare un reset in un movimento nel quale a livello regionale – giusto per fare nomi e cognomi – ci sono figure sicuramente valide, giovani sui quali puntare come Ismaele La Vardera e Alessandro De Leo, ed è stata una mossa di assoluto rilievo quella di ottenere l’adesione di Edy Bandiera, un big della politica siciliana. Ma per il resto il livello complessivo, la caratura politica scende in termini significativi. La sfida di De Luca non è nel forzare la mano su tempi e modi per trovare alleanze fuori dal perimetro di ScN ma nella voglia che avrà (o non avrà) di rivedere la situazione dentro il suo movimento.

Il clima oggi è cambiato e basta guardarsi attorno per averne la percezione. E’ tempo di cominciare a interrogarsi. Prima che sia troppo tardi.

ARTICOLI CORRELATI

POTREBBE INTERESSARTI

SEGUICI SUI NOSTRI SOCIAL

35,880FansMi piace
14,200FollowerSegui
My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.