HomeEditorialiAlta velocità contro immobilismo: la sfida del Sud parte da Taormina

Alta velocità contro immobilismo: la sfida del Sud parte da Taormina

Taormina avvolge il nastro e il “battesimo” dei lavori per l’alta velocità riporta idealmente la città indietro a quell’atmosfera delle grandi occasioni, che da queste parti mancava dal G7 del 2017. Al cantiere di Trappitello questa mattina non c’erano i potenti del pianeta, eppure la capitale del turismo siciliano ha vissuto oggi uno di quei momenti caratterizzati da un’atmosfera speciale che i presenti hanno vissuto e respirato. E’ una di quelle giornate che, volente o nolente, sono destinate a rimanere scolpite nella storia di un territorio e nella narrazione di una comunità. Al netto dell’atavico sentimento di profonda antipatia dei siciliani per Matteo Salvini, l’avvio delle opere per la galleria Taormina ha rappresentato un’opportunità di proiettarsi nel futuro, in un avvenire migliore. Una prospettiva di fronte alla quale non ci si può fermare al solito campionario di bestialità e valutazioni idiote in salsa social.

E’ partito un cantiere da 2.25 miliardi che potrà dare qualcosa in più alla città e a quest’isola. Per una volta è il tempo dell’essere orgogliosi, non quello del confermarsi livorosi.

Oltre la palude dei soliti luoghi comuni astiosi di chi critica a prescindere, Taormina si è ripresa la scena nazionale con un forte segnale che viene lanciato al Paese e va nella direzione del voler cominciare a colmare il gap infrastrutturale, strategico, economico e sociale che ha sempre diviso l’Italia in due. Sull’onda dei provincialismi e dei paesanismi si diranno le solite cose: “E’ stata solo una parata”, “tanto non si farà mai”. E invece i soldi per realizzare sul serio la nuova linea ferroviaria ci sono e stiamo parlando di un progetto che la copertura finanziaria, con i vari attori – a partire da Ferrovie dello Stato e WeBuild – che hanno l’intenzione di andare fino in fondo. Nella galleria inaugurata poche ore fa verranno scavati 15 metri al giorno, 6 km che collegheranno in modalità sotterranea Trappitello con Taormina, sino ai piedi della Madonnina, da una stazione all’altra della città e si tratterà delle due nuove stazioni previste da questo maxi-progetto. La tratta in oggetto prevede complessivamente 43 km di cui 36 in galleria e la riduzione dei tempi di percorrenza della Messina-Catania a 45 minuti, cioè 30 in meno rispetto al collegamento attuale.

Serviranno tempo e anni, se non ci saranno ritardi e contrattempi il cantiere verrà ultimato nel 2029 e l’opera sarà poi inaugurata nel 2030. La vedranno i nostri figli, magari i nostri nipoti. Ma è importante non fermarsi al qualunquismo dell’Italia dei “no”. Da qualcosa si comincia e stavolta la stazione di partenza per un Sud all’avanguardia è Taormina.

Non si può prescindere dall’alta velocità e nemmeno dal Ponte sullo Stretto, che sin qui è rimasto sempre utopia per la propensione di un Paese a non fare quello che è stato fatto in tutto il mondo. I ponti ci sono ovunque ed è la pura normalità, all’estero li percorriamo e li fotografiamo, qui invece la previsione della stessa opera sullo Stretto è al centro di polemiche che si fondano sui piloni dialettici del masochismo italico.

Soltanto in Italia, d’altronde, ci si divide da decenni sotto la bandiera del “no a priori”, sventolando il vessillo di comodo del “non far fare niente”, in nome di visioni di comodo, speculazioni e un ambientalismo di facciata che non tiene conto dei vantaggi innumerevoli che opere come il Ponte potrebbero finalmente determinare in favore della Sicilia.

La lunga fase dei cantieri per l’alta velocità- come quella poi del Ponte – imporrà disagi, richiederà sacrifici e susciterà polemiche e malumori ma alla fine, a conti fatti, ci accorgeremo che ne sarà valsa la pena. Alle future generazioni sinora stiamo lasciando soltanto chiacchiere e arretratezza. Vogliamo continuare così? Vogliamo una Sicilia e un Sud al pari con il resto dell’Italia o sempre indietro e al traino, con i giovani costretti ad emigrare per realizzarsi e costruirsi una vita dignitosa?

Il 17 marzo scorso, nell’indifferenza pressoché totale, è trascorsa la “Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione e della Bandiera”. Una celebrazione istituita nel 2012 con l’obiettivo di “riaffermare e consolidare l’identità nazionale attraverso il ricordo e la memoria civica”. E però, ormai da dieci anni, ogni 17 marzo quella festa scorre senza alcun tipo di coinvolgimento e sentimento popolare, a testimonianza del fatto che l’italiano unico non esiste e che, “fatta l’Italia, non si fanno gli italiani”, come disse Massimo d’Azeglio nel 1861.

Ora bisogna fare il Meridione e uno dei mattoni incoraggianti nella costruzione di un Sud che deve mettersi a correre, parte anche da Taormina. E’ questa la grande sfida da vincere, che deve unire e non dividere, perché ci riguarda tutti. Serve uno scatto d’orgoglio e una stagione di progresso per non restare prigionieri di una perenne precarietà. Il progresso non è di destra o di sinistra: è patrimonio della collettività e in Sicilia deve tradursi in un sentimento identitario di riscatto che va condiviso e portato avanti. Con rispetto per la natura ma senza più piegarsi alle deleterie logiche dell’immobilismo.

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