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Stracuzzi come Onida? A Naxos una realtà parallela ma il dado è tratto

GIARDINI NAXOS – Ricordate cosa accadde il 4 aprile 2013 in Italia? Era il periodo in cui l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, si era prodigato nell’ennesima manovra di palazzo e s’inventò allora i “Dieci saggi”, un gruppo di esperti provenienti dal mondo politico e accademico chiamati ad elaborare un programma di riforme istituzionali ed economiche attorno al quale riunire una maggioranza parlamentare che sostenesse un nuovo governo. Era già iniziato due anni prima, con Mario Monti, il decennio dei governi tecnici, mai legittimati dagli italiani e confezionati dal Quirinale a braccetto con Bruxelles.

Così il 4 aprile 2013 “La Zanzara” di Radio 24 fece uno scherzo telefonico a uno di quei saggi, che senza giri di parole ammise: “I saggi? Inutili. E’ un lavoro di copertura. Questa cosa serve a coprire un periodo di stallo. Andremo a votare presto”. A dire queste cose era il giurista Valerio Onida, uno dei “facilitatori” scelti da Napolitano. Chiamato da una finta Margherita Hack, Onida (di recente scomparso, ndr) esternò il suo reale pensiero in modalità Santa Chiara, salvo poi con imbarazzo correre ai ripari: “Sono stato ingenuo”, disse in retromarcia: “Il nostro lavoro non è inutile, resto al mio posto”.

Da un Giorgio all’altro, per certi versi l’Onida dei nostri tempi è il sindaco di Giardini Naxos, Giorgio Stracuzzi, o almeno così vogliamo pensare. Stracuzzi – va detto – non ha ingranato pubblicamente la retromarcia e anzi ha fatto sapere che andrà avanti, sino al 2025. Tuttavia racconta una realtà molto diversa da quella che c’è a Giardini e alla quale assistono i giardinesi. Come Onida bleffava sui saggi e non poteva rivelare (ma poi l’ha fatto..) il suo vero pensiero, Stracuzzi pensa e condivide davvero il contenuto di quel comunicato stampa del 2 novembre scorso?

Stiamo parlando di un comunicato stampa dall’accento buddacio, dove il sindaco ci ha messo la firma e anche la faccia e che pare proprio sia stato invece scritto, confezionato e diffuso da altri. Così la netta impressione è che, al netto delle rassicurazioni formali, Stracuzzi sia finito dentro la bolla del “vorrei ma non posso”. Se potesse lasciare Palazzo dei Naxioti lo farebbe e magari come Verdone con la Buy, nell’ira di Bernardo contro Camilla esclamerebbe quel “Maledetto il giorno che ti (vi) ho incontrato”, ripensando a chi gliel’ha fatto fare a candidarsi e alla doppia faccia di diversi compagni di viaggio dell’aggregazione che aveva guidato al successo nel 2020.

Il 75enne sindaco di Giardini, dopo un’apprezzata carriera di medico e che – al di là delle analisi politiche e a scanso di equivoci gode pure della nostra stima -, tre anni fa è stato catapultato in un altro terreno a lui sconosciuto. Sino a lì non si era affacciato neanche per 5 minuti al palazzo municipale e la sua ambizione di servire la città si è incrociata con la scaltrezza di un pezzo di politica locale, che cercava il “cavallo” vincente, un nome con i numeri giusti da mettere in campo per vincere le elezioni. E giù con gli slanci d’amore, “Giorgio sei il migliore”, “Siamo con te”, “Siamo tutti tuoi figli”, quindi il sipario sul tempo delle mele e il brusco risveglio con gli stessi alleati a tatuarsi in fronte la pretesa di dimissioni. La luna di miele è finita in fretta, il sindaco è andato per la sua strada e dopo la liquefazione della maggioranza in aula, il dottore ha silurato la sua Giunta.

“Ho peccato di ingenuità ma resto al mio posto”, disse Onida. Stracuzzi è stato altrettanto ingenuo quando ai palchi dei comizi esclamò: “Tra 5 anni non mi ricandiderò”. Quella frase, ha indebolito la sua leadership prima ancora di entrare al palazzo. Fatale fu lo slancio di sincerità. Un tempo brandiva con fierezza la forza veritiera del “non campo di politica”, oggi ha deciso di barricarsi nel palazzo municipale come l’ultimo dei giapponesi.

Stracuzzi poteva sciogliere di gran carriera la ciurma e salutare già un anno fa ma ora no. Oggi si è (auto)convinto che non può e lo hanno persuaso a vestire il ruolo dell’“agnello sacrificale”, da immolare sull’altare del disperato tentativo palermitano-messinese di scongiurare la presa di Giardini da parte di Cateno De Luca. Fatto oggetto di attacchi anche pesanti, e stimolato da amici e pezzi di partiti, il sindaco non vuole mollare. Il rimedio, però, a volte è peggio del male, tanto più se la cura somministrata è un infuso peloritano al quale la comunità è allergica. Quali prospettive può avere l’attuale esecutivo che è minoranza in Consiglio? Il primo che ha capito tutto è stato Salvatore Spartà, l’unico che se non altro questo territorio lo conosceva bene e qui ci lavora da tanti anni. Dopo soli 4 mesi, con un gesto di grande onestà e piena percezione della realtà, si è chiamato fuori perché ha realizzato che non ci sono le condizioni per fare bene.

Stracuzzi accetta di raccontare in quel comunicato con enfasi galoppante una realtà parallela che non esiste o di certo non è questa. Non può non avere consapevolezza di aver deluso le aspettative dei cittadini che speravano in una svolta. Ha pagato lo scotto del bravo medico che all’impatto con la politica è andato in confusione e ha perso la bussola. Poteva ancora andare avanti con l’impalpabile ex Giunta? No. Poteva uscire dal pantano anche senza una Giunta presa da Zeta Reticuli e trapiantata sotto il cielo di Giardini con il Ton Ton? Sì, anche per rispetto dei cittadini che in teoria vanno a votare per scegliere loro da chi farsi rappresentare. C’era forse una terza via? Sì. In ogni caso non serviva le illuminazioni divine dei vari Farinetti, Don Mazzi e Licia Colò in salsa paesana e la calata degli E.T. col bollino blu dello Stretto per risolvere i problemi.

Il sindaco non si farà da parte, nemmeno con le bombe a pioggia, perché non vuole darla vinta ai nemici. Ha alzato il muro dell’orgoglio, vuole provare a rimettere insieme i cocci di un vaso che si è fracassato da un pezzo. Va avanti anche se l’unica scelta di buon senso, sarebbe stata e rimarrebbe ancora adesso quella di staccare la spina, far aprire le gabbie dei contendenti elettorali e restituire la parola al popolo. Le dimissioni lo riscatterebbero in parte dagli errori politici, ne accrescerebbero stima e considerazione agli occhi della gente. Tuttavia prevale l’incrollabile convinzione personale – corroborata da chi gli sta attorno – che l’addio verrebbe percepito come un atto di viltà politica.

E allora the show must go on. Il sindaco andrà a scadenza naturale di mandato, con i reduci della prima ora e gli accorrenti figli della Via Lattea. Alla fine della fiera la gente si riprenderà le chiavi della città e tirerà le somme, i marziani se ne torneranno a casa e a Giardini Naxos tutto andrà come tutti sanno che andrà. Ora è il tempo del protettorato marziano-buddacio. Avanti (indietro) tutta, la parola d’ordine è “fino in fondo”. Sperando che, nel frattempo, non sia Giardini Naxos ad affondare.

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