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Rimarrà solo Corso Umberto…

TAORMINA – Gli accadimenti di inizio 2024, che vanno di pari passo con quelli di tre decenni, delineano a Taormina una prospettiva sempre più chiara ma soprattutto paradossale. La sensazione di molti è che la capitale del turismo siciliano, la città che nel 2023 ha polverizzato il suo record di presenze (1 milione 380 mila pernottamenti) stia restringendo il perimetro della sua esistenza soltanto al Corso Umberto. C’è il salotto, con il lusso e le sue vetrine a trazione stagionale e poi attorno – alberghi, b&b e ristoranti a parte – il deserto dei tartari. I servizi che dovevano crescere, alzarsi di livello e dare un senso alle legittime ambizioni e alle innegabili potenzialità del territorio, invece arrancano o peggio ancora chiudono. E non va meglio per vari immobili comunali che potrebbero rappresentare il valore aggiunto e per i quali le colpe partono da molto lontano e non si possono fare miracoli in un paio di mesi di questa nuova legislatura ma ci si attende, almeno, qualche segnale di discontinuità che al momento tarda a verificarsi.

A Taormina il vecchio ospedale San Vincenzo è in condizioni disastrose, la parte di cui è titolare l’Asp sta chiudendo un servizio dopo l’altro, e stiamo parlando di sanità e non della bancarella del torrone. La parte che invece appartiene al Comune è ridotta alla vergogna totale e forse al palazzo municipale non sanno neppure che esiste. Non se la passa meglio, evidentemente, l’ospedale di contrada Sirina, dove i reparti vengono depotenziati o peggio ancora chiudono, diversi medici scelgono di andarsene perché non ci sono le condizioni per restare. E la politica del territorio che fa? Se ne strafrega e anziché andare nelle sedi opportune e fare ballare l’alligalli a quelli che stanno chiudendo l’ossigeno a questo presidio, pensa (o si illude) che per salvare il San Vincenzo possa bastare un pò di sceneggiata, qualche foto ricordo e un paio di passerelle sulla Cardiochirurgia Pediatrica.

Ma torniamo al centro storico. Ai piedi di Corso Umberto c’è l’ex Circolo del Forestiero, gioiello ridotto a pattumiera abbandonata dalla metà degli Anni Novanta. Anche negli altopiani della Mongolia si renderebbero conto che sotto la piazza IX Aprile c’è un tesoro inutilizzato e rimetterlo in funzione dovrebbe rappresentare una priorità. Tanto più se si intende liberare davvero il sogno della destagionalizzazione dalle maglie dell’inconcludenza taorminese che soffoca questo traguardo. Ad oggi, invece, si galleggia sull’onda imperturbabile del “poi si vedrà”, non c’è nemmeno un’idea compiuta di cosa farlo diventare se mai dovesse essere ristrutturato. E peggio ancora c’è da farsi il segno della croce, se proviamo ad immaginare, forse forse, a chi rischia di essere demandato il compito di partorire un’idea per resuscitare questo bene di straordinario ed incompreso valore.

Si è già detto tutto o quasi su Badia Vecchia, dove a suo tempo Antonella Garipoli aveva dimostrato che ci sono tutte le condizioni per riaprirla e valorizzarla. Invece è lì, ancora chiusa, con il Comune che voleva trasferirla al Parco di Naxos-Taormina e adesso (forse) tira il freno a mano. Intanto perché sino a giugno c’è la Commissione Liquidatoria e la competenza sulle eventuali alienazioni è dell’OSL e (forse) ci si rende pure conto che l’idea di privarsi di questo immobile è una valutazione al confine tra la fesseria e la resa incondizionata. Meglio darsi da fare, almeno provarci. Chi l’ha dura la vince. Tanto più in una stagione in cui il Comune è alle prese con le ultime cicatrici del dissesto ma intanto sta incassando una barca di soldi dal recupero tributi.

Pare poi che il Museo delle Cere stia cominciando, poi, a valutare l’idea di farsi dare in concessione da Taormina due immobili: uno è il Capalc, simbolo regale di disastro e vergogna della politica taorminese che altrove oggi sarebbe una scuola alberghiera a disposizione del turismo e dei giovani, e qui è una latrina consegnata a piene mani all’oblio. Che senso ha lasciarla così? Boh. E poi c’è l’ex piscina comunale, l’incompiuta dell’impiantisca sportiva. E’ chiusa dal 2017, vandalizzata e dimenticata. Forse, chissà quando, si farà un project financing, nel frattempo rimane lì ad ammalorarsi.

A Trappitello, nel 2014 è stato chiuso il Tribunale ma lì va detto che è stata una decisione del governo centrale, che ha tagliato le sedi periferiche dei palazzi di giustizia. Ora invece è ai saluti l’Agenzia delle Entrate. I 15 comuni della zona non hanno trovato (ad oggi) una soluzione e a marzo la città (anzi il comprensorio) perderà un servizio strategico per tanti cittadini. Era giusto ripartirsi le spese, evitando di accollare i costi soltanto a carico della Città di Taormina. Motivazione indiscutibile, che però si sbriciola come un ghiacciolo al sole di fronte al tergiversare di 15 comuni che non si mettono d’accordo, non trovano una valida alternativa e lasciano andare un servizio a cuor leggero. Tanti saluti e da marzo in poi tutto si sposterà a Messina o nella zona ionica. Forse ad Alì, o magari a Santa Teresa di Riva.

Sempre a Trappitello c’è il punto esclamativo sul disastro di vecchia data delle scuole. Immaginate un Comune che ormai da 30 anni paga un canone di affitto per una scuola e con quella somma avrebbe potuto costruire almeno tre nuove scuole pubbliche. Adesso è arrivata la nota lieta della scuola dell’infanzia aperta pochi giorni fa presso la delegazione, ristrutturata, rifunzionalizzata e consegnata ai bambini della frazione. E questa, al netto di alcune perplessità logistiche, è sempre una buona cosa. Tuttavia, i servizi della delegazione, già inadeguati da molto tempo, sono stati ridotti al minimo indispensabile e confinati in una mini-sede. Nel tempo a Trappitello sono aumentati i residenti ed è crollata invece la qualità dei servizi comunali. A volte sembra quasi (o è cosi?) che Trappitello sia un dormitorio di periferia e il messaggio che passa è che, in buona sostanza, per i servizi importanti la gente debba portare pazienza, muovere le chiappe e andare a sbrigarsela a Taormina centro. Carica di significati è parsa quella scena di un Comune che giura sempre amore ai cittadini di Trappitello dai palchi elettorali e poi ha lasciato un solo impiegato a districarsi nei servizi della delegazione. Eppure i 5 mila residenti di Trappitello sono ormai praticamente pari a quelli di Taormina centro, in verità anche di più, tenendo conto che il taorminese è stato sfrattato dal centro, parecchie abitazioni appartengono ormai a residenti stagionali e/o occasionali.

Da una delegazione all’altro si finisce a Mazzeo, dove c’è la madre di tutti i misteri: il Comune paga il canone di locazione per una delegazione fantasma. E’ un immobile che non viene utilizzato da parecchi anni, dove un tempo era rimasto un solo dipendente eroico che tentava di dare qualche servizio al cittadino e adesso non c’è più nemmeno un superstite. Il 27 novembre 2023 sono state impegnate dal Comune le somme per pagare l’affitto dal 15 settembre 2023 al 14 marzo 2024. L’importo, per carità, è modesto, 3 mila 600 euro, ma quei soldi tanto valeva darli ai poveri o in beneficenza, che buttarli via senza alcun utilizzo del bene. Vabbè, aspettando la bandiera blu paga Pantalone.

Infine un bene che non è comunale e che tuttavia poteva e doveva rappresentare un valore aggiunto per tutta la città. E’ la valle dei fantasmi, lì dove le gru dominano l’Alcantara, il cemento si è addormentato in attesa di risveglio, e i piromani danzano liberi ogni estate, nudi al traguardo col cerino tra le mani per raggiungere il loro orgasmo, come una perfetta rappresentazione plastica del riscatto degli impotenti. E’ l’ormai ex golf di contrada Vareggio, una storia dove le lancette dell’orologio si sono fermate all’autunno 2011. Come sono andate le cose lo si sa, il Comune non può acquistare quei terreni privati, eppure forse qualcosa si può fare, anziché lasciare a braccia conserte quell’immensa vallata al degrado e alle scorribande degli apostoli di Nerone. Ma questo è un altro capitolo.

Oltre Corso Umberto c’è vita, eppure non lo si comprende che la vera svolta per Taormina passa dalle periferie. Per adesso il mondo qui comincia a Porta Messina e finisce a Porta Catania. Oltre la prepotente stagione coloniale del lusso che avanza, impera la narrazione impietosa di 30 anni di masochismo paesano ed è un indietro tutta che continua. Per il resto, come direbbe un noto taorminese: “Mancu a ciniri…”. Di questo passo non rimarrà nemmeno la cenere. Riflettere per invertire la rotta.

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