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La Giara e Badia Vecchia: l’1 marzo è arrivato il “timbro” di Tafazzi

TAORMINA – E’ storia ormai nota la volontà palesata nel 2023 dall’Amministrazione in carica di procedere alla dismissione dell’ex night La Giara e di Badia Vecchia, con relativo trasferimento al Parco archeologico di Naxos-Taormina. Una volontà che era stata espressa a più riprese dal sindaco Cateno De Luca e che poi, almeno sin qui, non si è compiuta.

L’iniziativa non ha trovato sponda nella Commissione Liquidatoria incaricata per il dissesto, che ha rimarcato la non sussistenza della necessità di dismettere dei beni comunali nell’ambito delle procedure di risanamento dell’ente. Il Comune di Taormina uscirà molto probabilmente a maggio o giugno dal dissesto e allora si vedrà e magari l’idea potrebbe tornare d’attualità, anche perché a quel punto non ci saranno più i vincoli di una situazione attuale in cui le decisioni e l’ultima parola sui beni dell’ente spettano all’OSL incaricato dal Quirinale. La “palla” tornerà a tutti gli effetti alla Giunta e al sindaco e verranno prese al palazzo municipale le relative decisioni del caso.

Nel frattempo l’aggiornamento dell’inventario dei beni immobili di proprietà comunale al 31 dicembre 2023, deliberato dalla Giunta di Taormina in data 1 marzo 2024 dice una cosa importante e che è fuori discussione.

Al netto della questione strettamente legata all’opportunità o inopportunità di trasferire al Parco sia La Giara che Badia Vecchia, la delibera approvata dall’esecutivo l’1 marzo certifica, nei numeri, che una min**iata sul piano delle valutazioni economiche sicuramente stava per essere commessa. Su questo non ci piove.

Si conferma, infatti, ciò che non c’era neanche bisogno di verificare. Il palazzo comunale di Corso Umberto. n.146 e Vico La Floresta n.1, “locale a piano terra e primo piano uffici comunali; locale a piano seminterrato 1 seminterrato 2 denominato “La Giara”, hanno “un valore capitale approssimativo” di 11 milioni di euro. Per intendersi, si parla dell’ex La Giara e dell’ufficio tributi di Corso Umberto. Palazzo Badia Vecchia, in Via Circonvallazione, “Palazzo trecentesco in stile gotico, con annesso giardino, costituito da tre ambienti”, ha a sua volta un “valore capitale approssimativo” di 6 milioni.

Se la matematica non è un’opinione 11 milioni più altri 7 fanno 17 milioni di euro, valore che il Comune di Taormina – non altri – attribuisce ai suoi beni.

C’è di più. Come avevamo già riportato l’1 settembre 2023, nella delibera numero 277 di Giunta comunale, del 28/08/2023 nell’allegato B “Elenco beni comunali da alienare” si effettuava un aggiornamento sullo stato dei beni e in questo ambito figurano, infatti, sempre il locale ex La Giara, ed uffici comunali per un valore di mercato determinato dall’Ufficio Lavori pubblici in 11 milioni di euro. E Badia Vecchia – anche in questo caso – veniva valutata dallo stesso ufficio 6 milioni.

Morale della favola, il Comune di Taormina si era (o si è) incamminato verso il trasferimento de La Giara e di Badia Vecchia al Parco archeologico di Naxos per 6 milioni o 8 milioni, ad una cifra di gran lunga inferiore al valore di mercato dei due beni. I numero non necessitano di troppi commenti e non si prestano ad interpretazioni. L’idea – come detto – verrà scongelata quando sarà finito il dissesto, ma a quelle cifre sarebbe stata (o rappresenterebbe) un sostanziale regalo all’ente regionale. L’inventario deliberato il 1 marzo scorso al palazzo municipale mette il timbro a una valutazione “tafazziana”, da accantonare in via definitiva.

Anche perché poi c’è un controsenso, un paradosso che non passa inosservato. A Taormina da un lato si redige e si approva in Consiglio un regolamento di affitto dei palazzi storici, che prevede un tariffario bello tosto, una stangata a suon di ipervalutazioni da Cardicor per i privati, dall’altra parte si svalutano altri gioielli come La Giara e Badia Vecchia. Delle due l’una. O no?

Chissà cosa ne pensano i “baroni” taorminesi, che si accontentano di conservare i gioielli nello scrigno pur se inagibili, anziché condividere l’idea di fare qualche dismissione del patrimonio storico alla metà o ad un terzo del valore di mercato. Ma sì, è un passaggio ad un ente pubblico, se ne prenderà cura la Regione: la stessa Regione che (nel caso di TaoArte) nel frattempo viene portata in tribunale per la mancata restituzione delle chiavi dell’ex pretura. Vabbè tutto è coerente e lineare. Abbiate fede criticoni dell’ingrato iperuranio “polpettista“: le partecipate in salsa messinese salveranno il mondo. Resta solo da vedere se con il sugo o senza.

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