HomeAttualità e CronacaInferno a Ischia: Dio ce la mandi buona a Taormina e dintorni

Inferno a Ischia: Dio ce la mandi buona a Taormina e dintorni

TAORMINA – Le drammatiche immagini di Ischia travolta dal fango, con una donna di 31 anni morta, 11 dispersi (tra i quali due bambini) e 164 sfollati riportano le lancette del tempo lì dove puntualmente l’Italia torna ogni volta che arrivano le piogge. Dissesto idrogeologico, frane, persone che rischiano la vita e altre che, purtroppo, la perdona. E’ una spirale di paura che non finisce mai e trova puntualmente nuova linfa nel maltempo che infierisce sulla follia umana che ha devastato i luoghi, ha costruito e cementificato ovunque, fregandosene della Natura, sbancando montagne e occludendo il corso dei torrenti. E’ stato fatto di tutto e di più. A tutte le latitudini. E’ successo a Ischia e temiamo che accadrà ancora altrove perché la fragilità dei luoghi è la stessa in tante altre località.

Dalle nostre parti, a Taormina e dintorni, sin qui è andata di lusso ma continuiamo a pensare che la buona sorte ci aiuterà sempre, senza preoccuparci più di tanto di situazioni potenzialmente esplosive. “In qualche modo la sfangheremo” è il pensiero comune, perché tanto tocca sempre agli altri.

La frana di contrada Lappio è lì dal 2003, parliamo di un disastro che sta per compiere 20 anni e incredibilmente non si comprende ancora quando partiranno gli interventi. Basterebbe ripetere 20 volte la parola vergogna e non aggiungere altro. Per chi non l’avesse capito urge la messa in sicurezza di un costone il cui fronte di frana, tra l’altro, pende sulla testa pure dell’autostrada e ancora la burocrazia si perde in una selva infinita di carte, anziché procedere subito. Praticamente è un’apoteosi dell’incoscienza, una vicenda dove nessuno potrebbe azzardarsi a trovare giustificazioni, perché dentro c’è la superficialità della Regione che tergiversa e il flop totale del Comune di Taormina, con 5 amministrazioni che si sono avvicendate senza risolvere questa emergenza.

Poi ci sono le contrade, dove i residenti dovrebbero prendere le tessere elettorali, posizionarle nei servizi igienici e azionare lo sciacquone, perché da 20 anni chiedono, invano, interventi veri di messa in sicurezza del territorio ma ci si è limitati a un paio di lavoretti e rattoppi che non servono a niente. Ogni estate i piromani si divertono incontrastati a bruciare i terreni tra Taormina, Castelmola e Giardini e d’inverno quelle stesse aree diventano colate di fango, con la gente costretta a chiudersi in casa e a pregare che non finisca come a Ischia. Gli abitanti delle contrade vengono considerati alla stregua di visionari forse quando si rendono conto, in realtà, che quelle zone rischiano grosso e per questo invocano da tempo immemore (inascoltati) delle opere urgenti. Hanno anche scritto alle autorità delle lettere che rappresentano in termini inequivocabili lo stato dei luoghi. Le piogge rischiano di affondare la lama nel burro di aree come Mastrissa. Si continua a scherzare con il fuoco, sino a quando ci scapperà il morto anche qui e poi verseremo le solite inutili lacrime di coccodrillo del giorno dopo.

E ovviamente ci sono i torrenti, un tormentone che è come quello delle aperture e chiusure, altro piatto forte del cazzeggio dialettico di ogni inverno. Lì c’è lo scaricabarile tra commercianti e albergatori, qui invece c’è quello tra i comuni e la Regione, perché l’ente preposto adesso è l’Autorità di Bacino, che non sappiamo neanche in quale galassia abbia sede. La situazione anche in questo caso è cristallizzata: c’è il Sirina dove nel tempo si è consentito di fare di tutto e di più, costruire accanto al torrente e quei tecnici e amministratori che hanno permesso tale scempio andavano presi e spediti in una suite al fresco, buttando via la chiave. Ricordate le immagini di auto e jeep travolte e trascinate dal Sirina in mare aperto sino a Giardini? Occorre aggiunge altro?

Identico discorso vale per il torrente Santa Venera, dove nel versante di Trappitello si può vedere una “Savana” che ostruisce il corso delle acque e c’è da farsi il segno della croce. A Giardini Naxos c’è poi il torrente San Giovanni dove si stanno facendo dei lavori che vanno avanti da due anni e si erano pure bloccati, le perplessità non mancano e le esondazioni del 2015 e 2016 dovrebbero aver insegnato invece che bisogna sbrigarsi, evitare le chiacchiere e fare le cose bene, non ad muzzum ad minchiam.

L’uomo si arroga il diritto di fare i suoi comodi, la Natura fa finta di assecondarlo ma poi presenta il conto e si riprende tutto quello che le è stato tolto.

Il pensiero va alla tragedia di Ischia. Nella nostra terra ora bisogna accendere il cervello e avere paura sul serio, perché a volte la paura ci sveglia e ci toglie di dosso la strafottenza di illuderci che è tutto sotto controllo. E’ arrivato il momento di darsi da fare con la consapevolezza che qui non siamo messi meglio di Casamicciola. Siamo dentro un altro inverno in cui avremo il sedere sui carboni ardenti. Nessuno ha la bacchetta magica ma da qualche parte bisogna pur cominciare per mitigare i rischi ambientali.

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