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Flop vaccini, contromossa delle case farmaceutiche

Una larga parte degli italiani non si vogliono più vaccinare contro il Covid, dopo aver detto sì alle prime tre dosi. Il virus continua mutare, arrivano altre varianti e con esse intanto anche la quarta dose ma la gente è stanca e la nuova campagna di vaccinazione va decisamente a rilento. A tracciare lo scenario è un interessante approfondimento di Open, che anticipa anche la contromossa delle case farmaceutiche, che guardano anche oltre il Covid e puntano su altri farmaci in ambiti terapeutici differenti.

“A tre anni dallo scoppio della pandemia, che ha provocato milioni di morti e messo in ginocchio i sistemi sanitari di tutta Europa (e non solo) – evidenzia Ygnazia Cigna su Open -, nel trattamento contro il Covid oggi gioca un ruolo centrale il farmaco antivirale Paxlovid, che anche in Italia i medici di base posso prescrivere. Negli Stati Uniti, riferisce Albert Bourla, Ceo di Pfizer, «mentre continuano ad aumentare i casi di infezione da Coronavirus, ogni settimana vengono somministrati 250mila cicli di Paxlovid». Quanto a quest’ultimo Bourla ammette che in merito alla possibilità di commercializzare il farmaco – attualmente distribuito dal governo – c’è apertura da parte di Pfizer, ma «esiste ancora incertezza» perché la discussione con il governo americano su come effettuare la transizione è in corso. Ma, stando alle parole dell’ad, si tratta di incertezze che hanno vita breve: entro la fine dell’anno dovrebbero essere risolte.

Pfizer ha avviato la transizione dei vaccini anti Covid-19 sul mercato commerciale. Questo significa che i produttori negoziano i prezzi direttamente con assicuratori e acquirenti, e non solo con il governo federale. Bourla si dice fiducioso: «C’è abbastanza prodotto che è già stato ‘fabbricato’ e stiamo continuando a produrlo». Ma, al tempo stesso, ci va cauto: «Ovviamente si tratta delle prime settimane. Cominciamo rifornendo il 10% delle farmacie, poi il 20%, e così via. Il punto interrogativo è quante persone realmente lo richiederanno». Se in patria ora sui vaccini si affronta il rischio commerciale, Pfizer però può contare ancora sugli ordini pubblici dei governi di altri paesi, e in particolare della Ue. «Al di fuori degli Stati Uniti», ha spiegato Bourla, «rimarrà un’importante attività di acquisto da parte del governo. I mercati principali sono l’Europa, il Giappone, il Canada e tutti hanno contratti a lungo termine, in particolare con l’Europa. Abbiamo appena rinegoziato il nostro contratto e ora abbiamo più di 4 anni per coprire le esigenze degli europei con i nostri vaccini. Quindi anche questa incertezza è superata».

Ma non solo vaccini e farmaci contro il Covid. Tra le nuove frontiere di Pfizer c’è la pillola anti obesità, che si sta testando anche per il diabete di tipo 2. Un mercato molto ampio – partecipato da almeno altre due case farmaceutiche in fase avanzata di sperimentazione, Eli Lilly e Novo Nordisk -, che mesi fa era stato valutato sui 90 miliardi di dollari l’anno circa. Ora, afferma Bourla, «le stime sono ben superiori, oltre i 100 miliardi di dollari». E si sta lavorando anche a una versione orale per coloro che temono l’opzione dell’iniezione, ma potrebbe arrivare solo in un secondo momento.

“Altra prospettiva tra le mani di Pfizer – continua Open – è quella dell’oncologia. Lo scorso marzo l’azienda ha annunciato di aver stipulato un accordo di fusione in base al quale Pfizer acquisirà Seagen – società biotecnologica americana che scopre, sviluppa e commercializza farmaci antitumorali innovativi – con un investimento di 43 miliardi di dollari. Le due società, al momento, operano in modo indipendente fino al momento della chiusura, prevista tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024. I mesi scorsi FTC (Federal Trade Commission) – l’agenzia governativa statunitense che promuove la tutela dei consumatori e l’eliminazione di pratiche commerciali anticoncorrenziali – ha chiesto chiarezza sulla fusione delle due società. A cui si aggiunge l’interrogativo ancora aperto delle nostre parti: la pronuncia della Commissione europea che a seguito di un esame preliminare dovrà scegliere se autorizzare l’accordo. In caso di dubbi, potrà avviare un’indagine”.

“Stando a quanto dichiara Bourla alla conferenza – conclude Ygnazia Cigna nel suo articolo su Open -, le autorità antitrust dell’UE si sono date come scadenza ottobre. Il mese scorso Reuters parlava più precisamente del 19 ottobre. La pronuncia non sembra più di tanto spaventare Pfizer che dichiara di essere preparata: «Abbiamo un ottimo team antitrust con avvocati esterni altamente esperti che lavorano giorno e notte. Ci hanno sottoposto numerosi requisiti e interrogativi, ma entro la prima settimana di ottobre invieremo le nostre risposte», sostiene Bourla. «Hanno 30 giorni per dire sì o no. Se sarà un no, andremo in tribunale. Non c’è dubbio. Se, invece, sarà un sì, allora chiudiamo (l’accordo, ndr) entro l’anno». Ora Pfizer si deve concentrare su più fronti, dalla commercializzazione dei farmaci contro il Covid al vaccino per Coronavirus e influenza, e dalla pillola anti obesità a nuovi antitumorali. Gli investitori, nel frattempo, fanno la loro parte. E al momento i principali colossi sembrano avere tutti i titoli in perdita, seppur con differenze: Pfizer – da inizio anno a questo mese – ha perso all’incirca il 34%, Moderna poco più del 40% e BioNTech poco meno del 30%”.

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