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De Luca, schiaffi a Conte e M5S: cambia il piano da Taormina a Palermo?

TAORMINA – A tre mesi dalle Europee, Cateno De Luca guarda all’appuntamento elettorale dell’8 e 9 giugno che vale il pass per Bruxelles ma il vero grande obiettivo del sindaco di Taormina era e resta quello di spianarsi la strada per il nuovo assalto alla presidenza della Regione.

De Luca sta spingendo e caricando di significato il voto delle Europee. Vuole sdoganare il suo movimento in tutta Italia e incunearsi nello spazio lasciato libero dalle macerie dell’ormai defunto Terzo Polo e la sfida alla destra e alla sinistra ha come epicentro la Sicilia. Ma nel mirino, assai più di Bruxelles c’è la sua aspettativa di confermare proprio in Sicilia il 26% ottenuto nel 2022 alle Regionali, che valse (con le concomitanti Politiche) l’1% al Nazionale (ed in quel caso i due seggi a Roma). Al netto delle dinamiche concernenti la soglia di sbarramento per Bruxelles, De Luca conta di poter legittimare in casa propria la ricandidatura alla presidenza della Regione e di accompagnare sulla via della sottomissione politica la sinistra, alla quale da tempo De Luca ha offerto la possibilità di un’alleanza. L’idea è quella di mettere la sinistra spalle al muro, con due opzioni semplici tra le quali scegliere: sostenere “De Luca presidente” o andare da soli e riperdere anche le prossime elezioni Regionali. I gruppi parlamentari regionali di 5 Stelle e del Partito Democratico sono molto tentati da questa prospettiva dell’alleanza a guida deluchiana, ma sin qui manca la “benedizione romana” e, non a caso, le segreterie nazionali dei due partiti nei mesi scorsi non hanno dato il via libera all’ipotesi che era partita da Palermo di ospitare nelle proprie liste per le Europee candidati del movimento di De Luca.

Ed è chiaro che De Luca non ha gradito. E allora adesso il sindaco di Taormina carica e parte all’attacco del capo politico dei 5 Stelle, Giuseppe Conte: “Nel 2022 – ha detto De Luca a Omnibus su La7 – ci furono le primarie tra Pd e 5 Stelle, vinse il candidato Pd, poi ci furono le elezioni Politiche anticipate e Conte decise di rompere con il Pd. Ciò dimostra che Conte è un campione di opportunismo e sa bene, e il caso siciliano è chiaro con le primarie allora perse, si rese conto che era meglio andare da solo per massimizzare anche in Sicilia il risultato nazionale. A Conte non interessa il territorio. Il 5 Stelle e soprattutto Conte ha una visione romanocentrica e centralista del partito”.

Quindi lo schiaffo finale: “5 Stelle e Conte stanno continuando ad applicare il principio della Coca Cola. Il marchio è in mano ad un proprietario, utilizza i rivenditori e poi li cambia. Questo è il concetto di base. Così non crescerà mai una vera classe dirigente. E’ un concetto che funziona in modo centralista, e non fa crescere il territorio. Oltre ad essere onesti bisogna essere bravi e generosi in politica e tutte queste caratteristiche non si trovano con facilità. E non mi sembra che i 5 Stelle sinora abbiano avuto questo interesse”.

Dunque De Luca cannoneggia Conte, lo bolla come “opportunista”, “romanocentrico”, “centralista”, randella i grillini e ripensa allo schema che dovrebbe accompagnarlo nella rincorsa al governo della Sicilia.

L’intenzione dichiarata a De Luca, sin qui, era quella di portare (al guinzaglio) Pd e 5 Stelle ad elezioni primarie in Sicilia, per scegliere lì il candidato di coalizione per le future elezioni Regionali. Primarie dall’esito scontato con De Luca pronto a centrifugare gli alleati e a cannibalizzarli con il peso dei suoi numeri per farsi “incoronare”. Il 7 febbraio scorso De Luca, d’altronde, aveva dichiarato: “Ho già in mente un percorso: primarie di coalizione, ampie, da fare non all’ultimo momento ma qualche anno prima, 1 o 2 anni prima. Poi, in base a quel risultato, si farà il progetto, senza arrivare a 6 mesi dalle elezioni che siamo un’accozzaglia”. A questo punto, però, De Luca non si fida di Conte e De Luca sa che Conte non si fida di lui. Dopo i siluri recapitati dal leader di Sud chiama Nord all’ex premier e al movimento, i grillini siciliani – che a Palermo si erano già incamminati verso l’altare con De Luca e avevano manifestato insieme a lui alla protesta degli agricoltori – come reagiranno?

Nello schema a tre che De Luca vorrebbe (o voleva?) costruire per le future Regionali, i grillini diventano un rebus. Ecco perché De Luca non vuole restare con il cerino in mano, punta a massimizzare quanto più possibile i risultati delle Europee, considera invece meno tortuosa la strada che può condurlo ad un’intesa con il Pd, e dispensa parole al “miele” per Schlein, augurandosi che dopo il 9 giugno rimanga ancora Elly al Nazareno e che non venga defenestrata dal rientrante Paolo Gentiloni.

Si va, insomma, verso un complicato e rocambolesco percorso, fatto di incroci e incastri, e in questa giostra tramonta, intanto, un passaggio dell’iniziale piano deluchiano: le ipotizzate primarie siciliane del centrosinistra, destinate a non vedere la luce perché i 5 Stelle sono sempre stati allergici a questo rito politico piddino, a maggior ragione di questi tempi (vedi Puglia e trambusti giudiziari di casa Pd) e sul fronte della Trinacria non c’è feeling tra il Conte Giuseppe e l'”Imperatore” Cateno delle Due Sicilie. Poi tra De Luca e il Pd si vedrà, con i democratici che – in astinenza cronica dai palazzi – potrebbero consegnarsi “prigionieri” a Fiumedinisi, nudi alla meta per provare a defenestrare tutti insieme appassionatamente il centrodestra.

Ad oggi tanti saluti alle primarie di sinistra in Sicilia e fine della corrispondenza d’amorosi sensi tra Cateno e i grillini. Aspettando la poltrona di Schifani, De Luca continuerà l’allenamento a Taormina, dove la sindacatura, nel frattempo, per sua stessa ammissione dovrebbe durare ancora – più o meno – altri due anni. O magari anche meno, perché sotto il cielo di Roma, nel frattempo, incombe la resa dei conti Lega-Forza Italia, c’è aria di “divorzio” Meloni-Salvini e lady Giorgia accarezza il pensiero inconfessabile del voto anticipato. Dall’amore nelle vele all’amaro come il fiele, tutto cambia (per non cambiare) in politica. Ma questa è un’altra storia: ora è il tempo degli Apostoli. Tutti ai posti di manovra, forza alla banda e via verso la spedizione siculo-fiamminga.

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