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De Luca abbatte il muro del Piave e fa la storia: a Taormina si è chiusa un’era

Finisce l’era Bolognari e inizia l’era De Luca. Taormina volta pagina e lo fa con un risultato che non lascia margini ad interpretazioni. Gli oltre 4 mila voti dati dagli elettori taorminesi al nuovo sindaco sono un mandato a larghissima maggioranza popolare, di proporzioni senza precedenti nella storia recente della città. Ci si aspettava un testa a testa con il sindaco uscente Mario Bolognari o perlomeno un confronto più aperto. Così la pensavano in tanti e in questa direzione andava anche la tradizionale imprevedibilità del taorminese, da sempre capace di fare tutto e il contrario di tutto e che anche in passato aveva dragato il perimetro dell’insoddisfazione e del lamento, sa collettivo poi rimandare al mittente altre soluzioni alternative.

Invece le elezioni 2023 a Taormina vanno in archivio con una sfida in cui non c’è mai stata storia. Lo scrutinio è iniziato lunedì alle ore 15 ma già pochi minuti dopo è parsa chiara e nitida la prospettiva di quella che sarebbe diventata la giornata trionfale di De Luca.

Ci sono cose che la politica sa raccontare meglio di qualsiasi altro ragionamento e probabilmente mai come stavolta da queste parti è stato così. L’affermazione di De Luca è arrivata a conclusione di una lunghissima campagna elettorale senza precedenti. Un anno intero in cui la politica locale si è suicidata da sola e poi è stata silurata e affondata dal verdetto finale delle urne. Tutto era iniziato con la solita sequenza sterile di riunioni e tentativi velleitari di prime intese a ridosso dell’estate 2022, poi (il 26 settembre) dopo le Regionali si è materializzato sulla scena lo spettro destabilizzante di De Luca. Poi lo stesso De Luca sembrava destinato al ritiro dopo il malore del 25 ottobre. Il 6 gennaio è arrivato l’annuncio della discesa in campo del parlamentare, poco dopo c’era stata la fuga di massa dalla coalizione di Bolognari e infine il 15 aprile c’era stata la “notte dei lunghi coltelli” con l’accordo in extremis tra Bolognari e gli ex deluchiani.

Da quel momento è andato in scena un duello di una spigolosità estrema tra Bolognari e De Luca, uno scontro senza tregua in cui nessuno ha risparmiato nulla all’avversario tra veleni e accuse, bordate a tutto campo e reciproci colpi bassi a ripetizione. Bolognari ha tentato invano di riequilibrare la contesa. Ha tentato il tutto per tutto, con gli innesti delle ultime settimane ma non è bastata neanche questa mossa. A conti fatti, addirittura, senza i numeri delle alleanze last minute il professore sarebbe andato incontro ad una slavina senza precedenti, rischiando di finire terzo, alle spalle di Antonio D’Aveni.

De Luca ha ripetuto la stessa strategia che lo aveva già portato alla vittoria a Messina: ha provocato Bolognari e lo ha spinto esattamente lì dove aveva portato a suo tempo Placido (Dino) Bramanti. Da un professore all’altro, De Luca prima a Messina e poi a Taormina ha fatto commettere ai propri quotati avversari l’errore fatale di scendere entrambi sul piano inclinato dello scontro totale a lui congeniale. Dentro l’arena dove De Luca impone ritmi infernali e insostenibili alla campagna elettorale. Si votava a Taormina eppure ad un certo punto si parlava delle vicende di Messina, altro errore pagato a caro prezzo dal fronte avverso a De Luca, perché alla fine della fiera agli elettori è parso una forzatura, un modo per deviare il confronto dall’epicentro ineludibile dei fatti, che doveva continuare ad essere Taormina.

De Luca ha costruito il suo trionfo capitalizzando al massimo attorno all’alternatività della propria candidatura quel sentimento popolare di malcontento dilagante per tutto quello che la politica taorminese è riuscita a sbagliare negli ultimi 30 anni. Quello che non ha fatto o che ha fatto male. Tutta questa campagna elettorale è stata la sintesi impietosa e la fotografia perfetta di tante legislature che si sono arenate e infrante sugli scogli dell’eterna divisività della politica locale. De Luca è riuscito a conquistare il consenso dei taorminesi interpretando il loro desiderio di cambiamento. La gente aveva già dato fiducia per tre volte al sindaco uscente ma stavolta ha deciso di aprire un nuovo capitolo, conferendo un mandato popolare plebiscitario a De Luca.

Il nuovo sindaco di Taormina è andato incontro al rischio di non farcela a Taormina e se così fossero andate le cose, avrebbe visto pure crollare i suoi futuri sogni e l’obiettivo dichiarato di prendersi la presidenza della Regione. L’avversario più duro da piegare era l’atavica insofferenza di una larga parte della città a certi eccessi e tanto più all’idea di delocalizzare i posti di comando. Non a caso, proprio sull’ultimo frame della campagna elettorale si è consumato l’ultimo tentativo del fronte anti-De Luca di provare ad imprimere uno scossone emotivo per neutralizzare l’avanzata dell’invasore di Fiumedinisi. Ma stavolta il dado era ormai tratto.

Il paradosso (politico) del muro invalicabile della Taormina che (in una città che vive per dna di ospitalità a stranieri e turisti) inneggiava al Piave e da sempre era sempre restia a varianti sul tema, è crollato sotto i colpi del parlamentare di Fiumedinisi e della voglia collettiva di dare una sterzata. Gli elettori hanno deciso di scrollarsi di dosso schemi già sperimentati e luoghi comuni. De Luca varca il cancello della Chiesa di San Pancrazio, va dal Santo Patrono con la folla ad acclamare lo straniero ed è proprio quella l’immagine simbolo di una storia che si è ribaltata.

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