HomeAttualità e CronacaAlfano riapre la Cardiochirurgia a Palermo, è l'Opa su Taormina?

Alfano riapre la Cardiochirurgia a Palermo, è l’Opa su Taormina?

La Cardiochirurgia pediatrica dopo dodici anni torna a Palermo. Con una gara a evidenza pubblica, l’Arnas ha aggiudicato pochi giorni fa il servizio al Policlinico San Donato di Milano. Il contratto per l’affidamento è stato firmato a Palazzo d’Orleans, alla presenza del nuovo presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, e del vicepresidente del gruppo San Donato e presidente della GKSD Investment Holding, Kamel Ghribi

Alla presidenza del gruppo Policlinico San Donato di Milano, c’è l’ex ministro Angelino Alfano, una carriera politica che ad un certo punto è arrivata al punto di non ritorno quando il “delfino” di Silvio Berlusconi ha deciso di lasciare Forza Italia e ha fondato Il Nuovo Centrodestra, poi sonoramente bocciato alle elezioni. Da quel momento Alfano è scomparso per qualche anno dai “radar” ma è uscito soltanto dalla scena politica. Oggi guida, infatti, il gruppo che s’è aggiudicato il bando triennale dell’Arnas Civico di Palermo (con possibilità di proroga per altri 24 mesi), per garantire il servizio di assistenza medica, infermieristica e consulenza medica specialistica alla nuova UOC di Cardiochirurgia pediatrica che torna all’ospedale Civico. L’importo complessivo dell’appalto è di 8 milioni circa.

Il gruppo San Donato gestisce 19 ospedali (di cui 3 Irccs) e dal 2012 il San Raffaele, ritiene che il rinnovo ha l’obiettivo di “far entrare nella governance aziendale figure altamente qualificate per le sfide future”. San Donato ha chiuso il 2018 con un fatturato di 1,65 miliardi circa. Assiste ogni anni 4,7 milioni di malati e può contare su 5.532 posti letto e 5.361 medici. La governance di questa holding è cambiata lo scorso luglio, quando Paolo Rotelli ha lasciato la carica di presidente della capofila, Policlinico San Donato, rimanendo vice presidente con Kamel Gribi, che mantiene la carica di presidente del gruppo San Donato Middle East. Il nuovo presidente del policlinico San Donato è proprio Angelino Alfano.

Il San Donato, come previsto dal bando siciliano, avrà il compito di fornire a Palermo una propria équipe medico-infermieristica di altissima professionalità, destinata a formare le figure mediche, tecniche e infermieristiche dell’Arnas, che poi dovranno subentrare nel reparto con specifica procedura di selezione.

La Cardiochirurgia targata San Donato apre nuovi scenari. Si dirà che magari (come sarebbe ovviamente auspicabile) ci saranno due reparti di Cardiochirurgia in Sicilia, di cui uno a Palermo e l’altro nella già esistente sede della Sicilia Orientale, a Taormina. Buon senso e ragionevolezza vorrebbero che si vada in questa direzione di complementarità, con una doppia presenza strategica che accontenterebbe (quasi) tutti e senza personalismi e antagonismi che non possono essere ammessi quando si parla di diritto alla salute. A maggior ragione perché qui si parla di bambini da salvare e da curare.

Ma è chiaro che l’arrivo nell’isola del San Donato qualcosa cambia e potrebbe avere riverberi anche sul versante taorminese, dove c’è il centro avviato nell’ottobre 2010 e da allora in poi affidato dalla Regione Siciliana all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Quell’apertura avvenne nelle more della riapertura a Palermo, che sin qui non c’era stata. La proroga in essere della convenzione in atto tra la Regione Siciliana (per il tramite Asp) e il Bambino Gesù scadrà al 31 luglio 2023.

A questo punto l’operazione palermitana apre il conto alla rovescia per il destino del Ccpm Taormina e diventa lo spartiacque finale. Secondo qualcuno la Cardiochirurgia a Palermo sarebbe un’Opa su Taormina. Si vedrà se sarà così. Stavolta sul Ccpm Taormina non ci saranno altre proroghe per rimandare il caso e incombe il dentro o fuori: o si va avanti in termini pluriennali o si chiuderà tra 9 mesi l’esperienza del Ccpm. Il Bambino Gesù ha già fatto sapere di essere disposta a restare in Sicilia e ha indicato di voler continuare con la sede a Taormina. L’ospedale romano si è chiamato fuori dalla prospettiva di andare a Palermo, dove ora ci sarà il San Donato e non è difficile preventivare che la holding milanese vorrà allargare il suo raggio d’azione.

Questa vicenda è la cartina di tornasole di una di quelle storie all’italiana in cui c’è sempre chi va a Levante e chi a Ponente e la programmazione è un’entità marziana. La politica siciliana si è divisa – e non da oggi ma da un decennio – tra chi si è concentrato notte e giorno sulla riapertura del reparto a Palermo e chi, dalle nostre parti, non si è preoccupato più di tanto di muoversi d’anticipo per consolidare la presenza del centro a Taormina. Difficile in questo caso, anche prendersela con la politica taorminese, che da tempo immemore nelle questioni regionali conta come il due briscola e a Palermo viene percepita con la stessa forza propulsiva che può avere un peto nel vento. Nulla si può salvare con qualche volenterosa dichiarazione una tantum e nemmeno con la carta straccia di qualche interrogazione all’Ars o in ambito comunale/consiliare. Serviva altro e servirebbe assai di più. Bisognava programmare una strategia dedita a garantire la permanenza del Ccpm a Taormina ed evitare un ribaltamento della situazione che oggi tale è nei fatti.

Vero altrettanto è che il Ccpm si è dimostrato in questi anni un centro d’eccellenza che ha fatto innumerevoli cose buone attraverso la qualità indiscutibile della sua equipe medica e ha salvato tante vite, fungendo da punto di riferimento per i bambini e per le famiglie siciliane e pure calabresi, ma forse è mancata qualcosa nel perimetro della progettualità e nella saldatura di questa realtà con il territorio. Il San Vincenzo di Taormina, che andava difeso e portato avanti nella sua interezza, è diventato un ospedale a due volti e due marce, che vede da una parte il reparto romano a brillare di luce propria con la sua eccellenza e poi le altre unità operative del presidio, più o meno tutte ad arrancare e soffrire, nel limbo di una lenta agonia fatta di piccoli e grandi depotenziamenti.

In questi anni il Ccpm è andato avanti sotto la stella polare del “poi si vedrà”, navigando a vista con una lunga serie di proroghe di 12 mesi e nell’ultima del luglio scorso la Regione (assessorato alla Salute per intenderci) non si è neanche pronunciata, lasciando che fosse l’Asp Messina a decidere. Il Ccpm è stato salvato un paio di volte dalla chiusura e ad acchiapparlo per i capelli non è mai stata la politica ma la silenziosa incisività dei punti cardinali del territorio. Se però questo concetto di integrazione e interazione strategica lo si perde di vista e tutto si riduce al grido di dolore dei momenti di difficoltà, il destino poi si complica e prende una strada in salita. E adesso il futuro è davvero un rebus.

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