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A Taormina l’opposizione ce la sta mettendo tutta per non vincere le elezioni

TAORMINA – Al netto delle rassicurazioni di un’opposizione che secondo gli inguaribili ottimisti “troverà la quadra” e “conquisterà il trono dei giurati”, il fronte politico avverso all’attuale maggioranza a Taormina resta imbrigliato nella rete di tanti problemi irrisolti. L’impressione è che l’opposizione le stia tentando tutte per non vincere neanche le prossime elezioni e per fare harakiri come nel 2018. Ce la sta mettendo tutta davvero e ci sono buone probabilità che l’obiettivo possa essere centrato.

Di solito quando tramonta una legislatura e finisce un’Amministrazione che non ha brillato, l’abc della Clementoni applicato alla politica dice che basterebbe fare il minimo indispensabile per venire incontro al malumore popolare, cavalcare la spia dell’insoddisfazione diffusa in paese e da qui proporre un’alternativa valida all’elettorato, fare poche cose ma credibili e sostenibili. Invece l’opposizione ha ricominciato dalla stessa identica trama del 2018, senza fare tesoro degli errori. Rieccoli, pochi a decidere per tanti, gli stessi protagonisti ai comandi del vaporetto, anche capaci se volessero applicarsi ma troppo spesso soggetti ad andare in confusione. Di nuovo con il retro-pensiero tipicamente taorminese delle medesime simpatie e antipatie di quartiere ad orientare la trama dell’aggregazione e la bussola delle alleanze, i solito veti incrociati e un modus operandi senza un metodo e una premessa basilare davanti a tutto: stare insieme e fare delle proposte per la città. Il resto è una storia già nota: Tizio che non si fida di Caio e Caio che non stravede per Caio, Sempronio è scaltro, Gesualdino invece è fesso. Si dovrebbe e basterebbe andare oltre questa sterile logica paesana dei personalismi ma sinora non è così. Manca il candidato sindaco ma manca soprattutto una leadership e quella – ai di là di chi si pensa imperatore nel giardino di casa propria – se non ce l’hai non la compri al supermercato.

Dimostrazione lampante ne è il fatto che in questa fase l’opposizione taorminese stia corteggiando due big dell’attuale maggioranza (Mario D’Agostino e Mauro Passalacqua), giocando su due tavoli due partite differenti. Strategie che poi non è neppure detto che non si incontrino, perché non bisogna mai mettere limiti alla Provvidenza ma attenzione che alla fine tutto questo gioco non finisca per produrre il risultato inverso: ricompattare il fronte di governo, e ancora attorno al sindaco in carica.

Bolognari, alla resa dei conti, non ha centrato l’obiettivo di rilanciare la città e le cose non sono andate come nelle promesse di quattro anni fa, diversi suoi alleati lo sanno ma (tranne poche eccezioni) hanno un certo timore reverenziale a palesare queste conclusioni più o meno esplicitamente e allora il sindaco è lì che aspetta sornione l’esito dei giri di giostra con la netta consapevolezza di poter piazzare la “zampata” vincente mettendo in campo una dote che ad altri manca e nella quale potrebbe fare scuola e doposcuola a tanti altri politici del nostro tempo: l’innata capacità di affabulare i propri interlocutori, persuaderli e portarli sulle sue posizioni. Per la serie: siamo al dissesto ma è una fortuna, il Comune ha 305 creditori dietro la porta ma può capitare, qui da 20 anni a questa parte le tasse le hanno pagate solo i fessi, ma chi se ne frega: suonate le campane, Taormina è salva.

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