HomePrimo pianoA Taormina invasione di turisti stranieri ma dove sono gli italiani?

A Taormina invasione di turisti stranieri ma dove sono gli italiani?

TAORMINA – La stagione turistica a Taormina prosegue e, a dispetto del tormentone di quest’anno che stavolta non è la pandemia ma il caro-energia, le attività continuano a lavorare a ritmi piuttosto sostenuti e c’è un movimento confortante. Al tramonto di un’estate da record e alle porte di un autunno che pare promettere buone cose, qualche dato comunque dovrebbe fare riflettere e uno più di tutti: il 90% (o quasi) delle prenotazioni nel settore alberghiero al momento riguarda cittadini stranieri. Ma gli italiani esistono? Taormina, si dirà, è sempre vissuta di turisti stranieri e non è un caso che il biennio del Covid – che avrebbe ammazzato ovunque anche un toro – ha svuotato la città di qualsiasi movimento.

E’ chiaro, tuttavia, che se a Taormina l’85% del movimento è fatto di turisti che arrivano dall’estero e se analoga percentuale è quella che caratterizza poi la stagione autunnale, qualcosa vorrà pur dire e una riflessione andrebbe fatta. D’estate il dato sugli italiani, in qualche modo, si “camuffa” ma anche in questi mesi non si registrano percentuali di grande rilievo.

I turisti italiani, insomma, scelgono altre destinazioni e bisogna avere il coraggio di dirselo e capire i motivi e trovare soluzioni e proposte per intervenire sulle dinamiche di un trend che si può e si deve invertire.

A Taormina si sparano i fuochi d’artificio al raggiungimento di quota Un milione di pernottamenti a fine anno, con l’85% di queste presenze che arrivano dall’estero. Ci si accontenta anziché inseguire quel 15-20% (almeno) di italiani in più, che determinerebbero un grande salto in avanti per l’economia della città.

E’ il paradosso perfetto di una località che potrebbe essere una macchina da guerra del turismo se ci fosse un minimo di strategia gestionale, ma viene vissuta e interpretata come la bancarella del torrone con una mentalità che – lo abbiamo detto alla noia – andrebbe rasa al suolo rispetto al paesanismo conservativo e ai punti di vista di troppi pseudo-esperti che infestano l’aria di Taormina con la loro ignoranza e con un inutile cretinismo.

Da una parte, insomma, ci si accontenta, dall’altra si vorrebbe di più ma non si fa niente in questa direzione. Anzi si dà luogo a qualche sterile polemica su cose futili e inutili, con una mentalità da popolino che ci ha massacrato gli zebedei da anni con la destagionalizzazione senza mai dare alcun apporto per arrivare sul serio a questa prospettiva.

All’orizzonte c’è un 2023 che – speculazioni sull’energia permettendo – promette numeri ancora più importanti per il turismo e per l’economia del territorio ma la sensazione netta è che si potrebbe alzare l’asticella e puntare a qualcosa di più, allungare sul serio la stagione sino al 31 dicembre, senza fare cose dell’altro mondo. Basterebbe poco, qualche idea ragionevole e la volontà collettiva di “mangiarsi” la concorrenza con tutto quello che Taormina offre (o non offre ma potrebbe farlo): cercare di remare nella medesima direzione con quell’intensità propositiva che manca a Taormina o che forse affiora soltanto a difesa di un pezzo di suolo pubblico piuttosto che sul sacchettino di spazzatura abbandonato in strada.

Per fare bene e meglio, in buona sostanza, potrebbe anche bastare intanto la capacità di superare i soliti luoghi comuni, scrollarsi di dosso il dna dello sconfittismo invernale e spedire in soffitta gli alibi (falsi) che portano a chiudere bottega al 31 ottobre e a non tenere viva per almeno altri due mesi Taormina.

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