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Vincenzo De Luca asfalta il Pd, Cateno torna a corteggiarlo: “Facciamolo…”

foto Massimo Pica

TAORMINA – Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, arringa la folla a piazza Santi Apostoli a Roma, mette alla frusta il Partito Democratico e umilia i sepolcri imbiancati di un partito alla canna del gas, che soltanto la pazza idea di una sua dissacrante segreteria potrebbe rianimare e traghettare verso una sfida vera al centrodestra.

“Ci manca solo che ci buttino la bomba atomica”. Eccolo, Vincenzo senza lanciafiamme ma con il suo modo colorito e verace di dire che il Mezzogiorno è stato sedotto e abbandonato anche da questo Governo: “L’autonomia non aiuta a recuperare il divario Nord-Sud”, ha detto De Luca e ha ragione.

Insieme a quasi 700 sindaci De Luca ha chiesto lo sblocco dei fondi congelati. Poi un botta e risposta a distanza con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni che nel frattempo era a Gioia Tauro per la firma del Patto di Coesione. “Forse se si lavorasse invece di fare le manifestazioni si potrebbe ottenere qualche risultato in più”, dice la premier, e lui risponde: “Lavora tu… Per lavorare ci servono i soldi. È tollerabile questo atteggiamento con centinaia di sindaci che non hanno i soldi per l’ordinaria amministrazione?”. Infine quel colpo di “stro**a”, che viene subito cavalcato dai cassamortari dell’informazione. Ci sono stati anche momenti di tensione quando De Luca è andato davanti ai cordoni delle forze dell’ordine in piazza Montecitorio cercando di provocare una reazione: “Ci dovete caricare! Ci dovete uccidere!”, ha gridato.

Fiato alle trombe dell’indignazione, a suon di parolacce e comportamenti ritenuti eccessivi, per ridurre De Luca (Vincenzo) al ruolo di impresentabile tarallaro in trasferta, con un linguaggio triviale inconcepibile per quel mondo radical chic che da anni, chissà perché, le prende puntualmente dal centrodestra in tutte le competizioni elettorali e nemmeno si interroga sul perché De Luca in Campania, invece, sia capace di prendere il doppio dei voti della destra, unico o quasi nel panorama della sinistra in Italia.

Da un De Luca all’altro. Vincenzo dà spettacolo a Roma ma, oltre le parolacce, ha portato nella capitale 700 sindaci, numeri importanti e non sono chiacchiere o figurine Panini. E a Taormina rieccolo l’omonimo Cateno, che sente il richiamo della foresta partenope e riparte in pressing. Prove tecniche di Patto delle Due Sicilie. Scateno prepara la sua manifestazione del 22 febbraio proprio a Roma, intanto riaccende il corteggiamento a Vincenzino e recapita il messaggio: “…Vincenzo ma dove lo hai lasciato il lanciafiamme? Forse era quello degli epiteti che ha rivolto alla Meloni. Vincenzo ma che min***a fai? E’ passato il messaggio mediatico degli epiteti, mentre c’erano 700 sindaci in piazza a Roma. Era una protesta per l’autonomia differenziata e siamo d’accordo su questo. Ma quando ci siamo presi il caffè gli ho detto: perché non rompi gli indugi e facciamo un movimento autonomista a trazione meridionalista e facciamo il nostro debutto alle Europee? Noi ci stiamo mettendo tutto per fare la traversata nel deserto. Ma scendere in piazza e rimanere nella protezione, che fa comodo, è una cosa che non funziona. Altrimenti rischiamo di sommarci ai pastorelli nel Paese dei Balocchi. Giusta la reazione, giusta la protesta e la condivido in pieno. Così come condivido quello che ha detto Vincenzo. Il Sud lo stanno lasciando per ultimo per fare magheggi come il Ponte sullo Stretto che viene finanziato a discapito di altre infrastrutture”.

Come dare torto al nostro sindaco? Fa bene anche a provarci di nuovo a stringere un’alleanza con Vincenzo De Luca, immaginatevi che coppia da grandi scintille che ne verrebbe fuori con i due De Luca messi insieme. Il punto è che Vincenzo, almeno sinora non ci sta, mentre Cateno insiste nel voler stringere un patto politico con quel Pd che l’omonimo punta a radere al suolo e demolire alle fondamenta.

“Io sono anti-sistema”, voi da che parte state?”, è il monito di Cateno De Luca, che ha poi aggiunto: “Non ci si vende per una poltrona, per questo non ho accettato di fare il presidente della Regione” (quando il centrodestra gli ha offerto la candidatura, ndr). Ma allora che senso può avere l’intesa in Sicilia, con riverberi extra-regionali, con il Pd, che non soltanto è espressione totale del sistema ma ha governato l’Italia per 10 anni senza mai vincere le elezioni, con governi tecnici “farlocchi” non legittimati dal voto degli italiani? Oppure stiamo parlando del Pd che in Sicilia ha governato in giunta con Lombardo (legislatura 2008-2012) e poi è stato al timone del fallimentare governo Crocetta (2012-2017), l’esecutivo del record mondiale (58) di assessori cambiati? Il piano di Cateno ci può anche stare sul piano dei numeri, punta ad allearsi con il Pd e il M5S, aggregarli, poi sodomizzarli e mandarli a quel paese – se necessario – una volta ottenuto l’obiettivo della presidenza della Regione, governando sul modello-Messina (quando dovette amministrare con il Consiglio comunale contro), senza porsi problemi di maggioranza o non maggioranza all’Ars. Ma parlare di una battaglia autonomista e meridionalista insieme al Pd, che da Roma a cascata ha consumato tutti i divani, le poltrone e gli sgabelli possibili è un paradosso mica da poco. Vincenzo (De Luca) non sarà un barone di Oxford nei modi ma è l’anima combattiva della sinistra che gli italiani vorrebbero vedere, e piace non soltanto a quelli di sinistra.

E allora siamo certi che la strada presa da Cateno, nel torpore totale dei suoi colonnelli (che, senza offesa per nessuno, sono buoni gregari ma non capiscono una mazza di strategia politica), sia questa, oppure è meglio invertire la rotta e magari prendere il treno, tornare da Vincenzino e prendere un altro caffè dalle parti di Ruvo del Monte? Sono in tanti nel pianeta cateniano a pensare che l’asse con il Pd, quello asfaltato da Vincenzo De Luca, sia una sostanziale minc***ta e ancora di più la prospettiva di porsi come leader del centrosinistra in Sicilia. Se il parlamentare di Fiumedinisi vuole coronare l’assalto alla presidenza della Regione e dare scacco matto alla destra gli basterebbe la sola intesa con i Cinque Stelle per avvicinare quel 40% preso da Schifani nel 2022. Prima, però, va confermato quel 25% di voti, dentro il quale ci sono quelli di pancia e di protesta presi da Sud chiama Nord: mezzo milione di consensi che le nozze di corte con il Pd rimetterebbero invece in discussione. Ricordiamoci pure la questione di stretta attualità degli agricoltori, difesi da Cateno De Luca, delusi da una destra pavida e modesta ma stangati di fatto da un’Europa nella quale il Pd è maggioranza ed è rappresentato da Paolo Gentiloni, Commissario europeo per gli affari economici e monetari.

Ecco perché, in direzione inversa, la premiata ditta De Luca & De Luca un senso e una logica almeno li avrebbe e aprirebbe un altro capitolo tutto da seguire. Magari sarebbe un’alleanza che durerebbe dalla sera alla mattina, o forse no. Ve li immaginate in tandem a dare battaglia? Uno col lanciafiamme e l’altro con la Cesoia Amazon, per un patto delle Due Sicilie, alla conquista di Roma. Ci pensate che coppia e che musica? Altro che “I p’ me, tu p’ te” di Geolier.

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