Il turismo delle radici potrebbe dare una spinta importante alla crescita del movimento turistico a Taormina nel 2025. A livello territoriale, la Sicilia, insieme a Veneto e Campania, è l’area che ha le maggiori chance di ottenere grandi benefici dal turismo delle radici, grazie al loro passato di emigrazioni all’estero. È quanto emerge dal Position Paper presentato a Cernobbio, “La diaspora come ritorno a casa. Massimizzare l’impatto socio-economico per l’Italia e le sue comunità transfrontaliere dal turismo alla ricerca delle proprie origini” illustrato in occasione del Forum “Lo scenario di oggi e di domani per le strategie competitive” a Villa d’Este.
Si parla di un’opportunità economica significativa per l’Italia, con un impatto potenziale di 65 miliardi di euro di spesa diretta e fino a 141 miliardi di euro se si considera il moltiplicatore economico del turismo. Stati Uniti d’America ma anche Brasile e Argentina sono le principali fonti potenziali di turisti delle radici, riflettendo i flussi migratori storici.
E la prospettiva all’orizzonte è quella di numeri importanti soprattutto per la Sicilia, con la sua località turistica principale, Taormina, a guidare questa stagione del turismo delle radici che guarda all’Italia con grande attenzione.
Il Position Paper – come ha riportato La Stampa – ha analizzato l’importanza strategica per l’Italia della rete rappresentata dalle popolazioni di origine italiana nel mondo, con particolare attenzione alle potenzialità del turismo delle radici nei suoi validi e molteplici aspetti socio-economici. Lo studio approfondisce anche le esperienze di successo e le politiche adottate dall’Italia e da altri Paesi, europei ed extraeuropei, che sono intervenuti per rafforzare il legame con le comunità di emigrati all’estero nella direzione di un “ritorno a casa” e di una riconnessione con le aree locali di origine dei propri antenati. Vengono inoltre proposte alcune aree di intervento per l’Italia per valorizzare questa diffusione del “patrimonio” nel mondo, alla luce delle sfide poste dall’evoluzione dello scenario internazionale e dalla trasformazione in atto dell’industria turistica.
“Il turismo della diaspora – ha commentato Mariangela Zappia, ambasciatrice d’Italia negli Stati Uniti d’America – è un’esperienza personale e familiare molto più articolata e profonda di quella dei viaggiatori stranieri che non hanno legami con l’Italia. I cittadini italiani all’estero e i migranti di prima generazione, nati in Italia, tornano nel nostro Paese per riconnettere sé stessi e avvicinare i propri figli al proprio territorio, alla propria storia. I migranti di seconda e terza generazione sono motivati dal desiderio di riscoprire, attraverso le radici italiane della propria famiglia, una parte della propria identità, e di appropriarsi di un senso di italianità di cui sono orgogliosi, insieme al sentimento di appartenenza alla comunità del proprio Paese, come vediamo ogni giorno nella straordinaria comunità degli italo-americani”.
L’Italia è una potenza turistica globale, avendo contato nel 2023 oltre 134 milioni di arrivi e 451 milioni di pernottamenti, con i turisti internazionali (52,4% del totale) che hanno superato i visitatori nazionali. La ricca storia di emigrazione dell’Italia – si legge nel report – ha generato una vasta diaspora, con una stima di 80 milioni di discendenti italiani nel mondo, come effetto di due grandi ondate di emigrazione. La diaspora offre un’opportunità significativa per il “turismo delle radici”, un settore in crescita in cui i discendenti visitano la loro patria di origine. Il turismo delle radici rappresenta circa il 15% delle presenze turistiche totali in Italia, con un mercato potenziale proveniente principalmente da Brasile, Argentina e Stati Uniti. Il 97,3% degli intervistati tra gli oriundi italiani ha espresso il forte desiderio di visitare l’Italia per entrare in contatto con il proprio patrimonio di origine: i turisti delle radici tendono a rimanere più a lungo (in media 9,8 giorni rispetto ai 6,8 giorni dei visitatori internazionali che pernottano), contribuendo alle economie locali, soprattutto nelle regioni meno conosciute.