TAORMINA – E’ stata presentata nelle scorse ore a Roma la nuova stagione della Fondazione Taormina Arte Sicilia. Da quest’anno l’ente culturale torna a produrre degli spettacoli e si impegna a dare spazio alle varie espressioni artistiche, dal cinema all’opera lirica, con la prima linea della Fondazione tutta al femminile, guidata dalla direttrice artistica Beatrice Venezi e dalla Sovrintendente Ester Bonafede. C’è poi un direttore esecutivo individuato nella persona di Barrett Wissman. Il programma è stato anticipato presso il Ministero della Cultura a Roma, con il patrocinio del Presidente della Commissione Cultura alla Camera Federico Mollicone, e del Sottosegretario al Ministero della Cultura Gianmarco Mazzi.
Nello scenario capitolino, dunque, la Fondazione Taormina Arte Sicilia prova ad alzare l’asticella puntando su eventi di qualità. Eppure qualcosa non passa inosservato. La foto ricordo della conferenza stampa di ieri è il manifesto di una Taormina comprimaria nella Fondazione Taormina Arte a trazione “palermoromanocentrica”. Taormina è presente nella straordinaria spendibilità della sua storia e nella forza del nome, nelle gentili concessioni dello statuto, ma relegata ai margini delle dinamiche decisionali che contano.
In quella immagine romana ci sono, infatti, due belle e brave signore, la sovrintendente e la direttrice artistica, mentre si nota l’assenza totale di una rappresentanza taorminese. A Roma non c’era il sindaco Mario Bolognari, probabilmente per concomitanti impegni istituzionali, e che al netto delle imminenti elezioni Amministrative, sino all’ultimo giorno di questa legislatura rimane a pieno titolo il presidente della Fondazione, la massima carica di TaoArte.
Le iniziative annunciate sono piuttosto interessanti, anche se si potrebbe fare di più. C’è la Turandot di Puccini con la regia di Giancarlo Del Monaco che sarà la prima “produzione autoctona”, cui seguiranno i Cavalieri e pagliacci con l’Opera di stato di Budapest e il Trittico sempre da Puccini con l’Opera Theatre di Metz. “Il tutto costellato di nomi della lirica che a Toarmina non si sono mai visti, da Marcelo Alvarez a Massimo Cavalletti, Marcelo Puente, Placido Domingo, Vittorio Grigolo”, aggiunge Venezi. Per la prosa, Giorgio Pasotti andrà ad omaggiare il 160/o di Gabriele d’Annunzio. Per il cinema si punta a far venire Johnny Deep insieme al suo film Jeanne du Barry e a richiamare i giovani con una serie di corti firmati da star (anche) dei social come Bella Thorne, Nina Dobrev, Khaby Lame e Jacqueline Fernandez con un suo dietro le quinte dal Festival di Cannes. Qualche apprensione sul cinema è lecita, augurandoci non vadano in replica promesse e spergiuri dello scorso anno, quando non era TaoArte ad organizzare il festival ma l’allora gestore (Videobank) si è ritrovato a doverci mettere in extremis una pezza per fare arrivare a proprie spese alcune star a Taormina che la Regione aveva annunciato in “pompa magna”. Ospiti d’eccezione sui quali – un attimo dopo – venne detto al general contractor che nelle casse regionali non c’erano le risorse economiche per coprire i costi.
La morale della favola è che al momento l’asse Palermo-Romaa comanda e si prende la scena. Taormina va al traino, ci mette il contenitore brandizzato e si accontenta delle briciole di contorno per la politica locale. Si parla di cambiamento ma sin qui sembra prevalere la continuità. E’ un leitmotiv in linea con le dinamiche di una città diventata ospite in casa propria, con la politica taorminese e la classe dirigente del territorio in un’acquiescente condizione di passività. Non da oggi, ma da un ventennio. Tutti i vari attori indigeni sono stati risucchiati, uno dopo l’altro, nel vortice di una sudditanza imperturbabile soprattutto verso la Regione Siciliana. Perché “altrimenti ci tolgono i finanziamenti”. In verità, a ben vedere i decreti della Regione (che avremo modo di pubblicare), i soldi per i festival a Taormina stanno arrivando eccome. Ma questa è un’altra storia.
“Mamma” Regione fa il bello e cattivo tempo, vale su Taormina Arte come in tutti gli altri contesti nei quali a Taormina è stato messo il “cappello”. Potremmo ricordare anche la vicenda dei quasi 3 milioni di euro del Teatro Antico sui quali la Commissione Liquidatoria ha dato incarico legale di procedere: soldi che il Comune di Taormina non si è premurato di recuperare, vicenda che è emersa pubblicamente grazie all’operato dei tre Commissari e del nostro giornale, TN24, che ne ha dato in anteprima la notizia. La Regione ha spogliato pure la sanità del territorio, decidendo ora di portare l’estrema unzione al Centro di Cardiochirurgia Pediatrica. Con tanti saluti al diritto alla salute dei bambini e alla disperazione delle famiglie.
“Taormina ai taorminesi” ci si affanna, paradossalmente, a gridare proprio di questi tempi con una sorta di furore a clessidra. E’ un’eccitazione orgasmica che si palesa, si accende e si spegne ogni cinque anni, sull’altare pre-elettorale dei riti ancestrali di turno della modesta politica paesana. La stessa che si è sempre fatta piegare i polsi e trattare dalla Regione alla stregua dei venditori della bancarella del torrone.
Così, al di là di questi triti stereotipi, che stridono con la realtà (“Dopu ca c’arrubaru a Sant’Ajata, ci ficiru i porti ‘i ferru”), la questione è un pò più seria. A Taormina bisogna decidere se si può collaborare nell’interesse collettivo, ma resettando e ribaltando i ruoli attuali, o se il rapporto con la Regione deve continuare ad essere questo. Renatino (& company) non vorrà mica lasciare Taormina a “pane e vino“? Finora è stato consentito di tutto e di più e i primi ad averlo permesso sono quei figli di Taormina che ora si battono la mano sul petto. Equilibri e rapporti di forza hanno sempre una trama da scrivere. Resta da capire se sta cominciando un “nuovo corso” o se magari “la stagione del cambiamento” comincerà più avanti.