HomeAttualità e CronacaRispetto per Beatrice Venezi: basta col tiro al bersaglio

Rispetto per Beatrice Venezi: basta col tiro al bersaglio

Polemiche feroci e attacchi altrettanto discutibili, ormai puntuali come un orologio svizzero, nei confronti di Beatrice Venezi. La direttrice d’orchestra (anzi direttore, come preferisce farsi chiamare) è ormai diventata oggetto di un tiro al bersaglio. L’artista toscana però non si lascia impressionare. Replica per le rime e, con carattere, passa al contrattacco. “Scusate se sono di moda. Quando qualcuno ha successo si attira le ire di invidiosi e frustrati”, è la bordata recapitata all’indirizzo dei contestatori. Venezi, ricordiamo, è anche direttore artistico della Fondazione Taormina Arte.

Intanto, l’onda lunga delle polemiche sulla conduzione dell’Orchestra Sinfonica Siciliana da parte di Beatrice Venezi nello scorso fine settimana si è abbattuta anche sui professori dell’Orchestra. Le prime parti dell’Orchestra Sinfonica Siciliana, infatti “prendono le distanze dalle affermazioni rese a titolo personale dai colleghi e riportate dal quotidiano La Repubblica, perché non corrispondenti alla realtà dei fatti”, si legge in una dichiarazione redatta dopo una riunione. Al centro delle polemiche i due concerti, che hanno fatto registrare il record di biglietti venduti nella replica del sabato pomeriggio al teatro Politeama Garibaldi di Palermo, che ha avuto alcune critiche da parte di tre professori dell’orchestra. “La politica non c’entra – spiegano i professori -, non sa proprio dirigere”. Dura, ieri sera, la replica del sovrintendente Andrea Peria Giaconia: “In merito alle dichiarazioni rese da soli tre professori della Orchestra Sinfonica siciliana su un organico di oltre settanta elementi, non posso che dissociarmi drasticamente dal tono e dai contenuti di tali dichiarazioni e rinnovo la mia massima stima e solidarietà al direttore Beatrice Venezi. Resto sorpreso, al tempo stesso, dal singolare contrasto tra le opinioni dei professori d’orchestra e quelle dei loro colleghi e degli oltre duemila spettatori che hanno acclamato la Venezi nei suoi concerti dello scorso week end al Politeama Garibaldi”.

Al netto delle vicende specifiche che hanno riguardato gli eventi palermitani, facciamo una riflessione che esula da quei concerti e va oltre. Il problema sembra decisamente più ampio e va avanti da tempo. Ricordiamo anche quanto era successo in precedenza in altre parti d’Italia, e nell’eclatante episodio della contestazione di Capodanno a Nizza. L’impressione è che si stia verificando una sorta di “caccia alle streghe” nei confronti di una professionista che merita rispetto. Su quello non si può prescindere ed è da questa premessa che bisogna partire, senza preconcetti e senza pregiudizi. Sulla Venezi si stanno abbattendo critiche che per lo più appaiono strumentali e che mortificano una ragazza, ormai etichettata come “donna di destra” e che sarebbe “colpevole” di essere amica del premier Giorgia Meloni. E’ stata nominata consulente del Ministero della Cultura e si sprecano anche su questi commenti, battute e valutazioni al veleno. Come se quelli prima di lei fossero marziani scesi da un altro sistema solare, che non avevano amicizie e catapultati al Ministero tutti per nomina superpartes da parte dello Spirito Santo. Venezi è stata soprattutto contestata ferocemente e marchiata con il bollino della “fascista” perché il padre era stato un esponente di Forza Nuova, come se geneticamente le fosse stata trapiantato il cromosoma di quella realtà e tramandata da Madre Natura l’appartenenza a quel movimento. Anche qui non si comprende nemmeno che il fascismo è morto, è finito, è trapassato remoto e non tornerà mai più. Siamo in democrazia e in un tempo di libertà totale e invece ancora, a distanza di quasi un secolo, si perde tempo su questo tema, evocando i fantasmi, anziché pensare ad altri problemi di stretta attualità. La sinistra ha finito con l’ossessione trentennale di Berlusconi e ha iniziato con la Meloni e quelli che le stanno attorno. Con il risultato di aver accompagnato la leader di Fratelli d’Italia al 30% di consensi e che i suoi oppositori rimedieranno un’altra sconfitta alle Europee.

L’impressione è che Beatrice Venezi venga anche e soprattutto accerchiata perché si tratta di una donna giovane ai massimi livelli, una che a 34 anni è arrivata al successo lì dove tanti uomini al doppio della sua età non sono mai approdati nemmeno in cartolina o con uno sguardo nel binocolo.

La Venezi, in un’intervista al Giornale, ha risposto a tono alle critiche: “Sono stata la prima donna a dirigere in Armenia, in Georgia, in Azerbajan. Ho condotto oltre 200 concerti e più di 70 recite d’opera. Ma se non sei dalla parte giusta…”. Venezi dice che “il mondo della musica, come quello della cultura in generale, è stato dominato dalla sinistra”. Si può dire che non siano veritiere le sue affermazioni? No.

Non le si può dare torto nemmeno quando afferma: “Alla testa delle istituzioni musicali tricolori vedo sempre le stesse facce di prima. Non mi sembra siano di destra”. E sull’episodio di Nizza: “Sì, tre o quattro spettatori, fra i mille presenti e gli oltre undicimila che mi avevano applaudito nei giorni precedenti, hanno esibito uno striscione con la scritta: “Via i fascisti”. Il teatro li ha fischiati”. Ha rimarcato, una volta di più, di non avere simpatie per il fascismo, per poi aggiungere il “peccato originale” che le sta calamitando addosso buona parte delle critiche. “Non sono allineata con la cultura dominante e allora ogni occasione è buona per farmi l’esame del sangue”. “Mi spiace dirlo, c’è una tendenza a sminuirmi, a offendermi, a personalizzare le critiche. Gli artisti di sinistra invece fanno quello che gli pare: firmano appelli, manifesti, lenzuolate contro quel ministro, quella legge, quella nomina. Guardi cosa sta accadendo al Teatro di Roma”.

Le critiche, in definitiva, fanno parte della vita e della civiltà umana (ahinoi) e possono riguardare Venezi come chiunque altro, talvolta sono anche stimolanti, e quando sono costruttive vanno accettate. Ma poi c’è sempre un limite, esiste un perimetro e una linea di confine. E qui si rischia di andare oltre. Anche perché a suon di attaccare a chilometro zero Beatrice Venezi, tra uno striscione, una contestazione e l’etichetta a tamburo battente della “fascista”, nell’Italia del cretinismo social dilagante si rischia di innescare un effetto domino nel quale poi subentra pure l’elemento peggiore: l’emulazione che rimbalza nel “tribunale” dei social. Sulla Rete molto spesso, scatta “l’effetto pappagallo” e per uno che ti critica, magari anche in buona fede, poi spuntano fuori altri cento odiatori o fancazzisti che non sanno nemmeno di quale vicenda si parla ma si scatenano e ti vanno contro, a prescindere da tutto.

E allora è necessario riflettere, serve buon senso, misurare parole e valutazioni, rasserenare gli animi e come dicono gli inglesi: respect. Non tralasciando che Beatrice Venezi non ha nessuna intenzione di farsi travolgere né di mettersi da parte. Sta tirando fuori l’orgoglio, non rimane passiva a subire e a farsi centrifugare. E fa bene. Venezi non si faccia condizionare e vada avanti. Tutto il resto rischia di diventare meschino chiacchiericcio all’italiana.

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