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Politica fantasma e crociate da tastiera: così la Regione si è presa Taormina

TAORMINA – La Regione Siciliana chiude dopo 13 anni il Ccpm e a Taormina monta l’indignazione sull’infausta fine della Cardiochirurgia Pediatrica che anticipa un analogo destino all’orizzonte per altri reparti dell’ospedale San Vincenzo. Lo stupro della sanità taorminese approda al momento che tutti temevano ma in realtà è una condanna a morte già scritta da tempo. Anche stavolta a Taormina e dintorni si piange il morto dopo che è già nella bara, soprattutto dopo che nulla o quasi è stato fatto in termini incisivi per sbarrare la strada alle “rapine a mano armata” della Regione Siciliana.

Qualche documento politico che vale tant quanto la carta Scottex, la tiritera delle dichiarazioni di rito in carta carbone, e qualche incontro in modalità presa per i fondelli in cui Tizio ha rassicurato Caio che nulla sarebbe accaduto. La difesa della sanità sta tutta qui. Ma davvero si vuole difendere un presidio in questa maniera? Ci sarebbe quasi da ridere se non ci fosse da piangere. Due cose emergono in modo impietoso: la strafottenza di una comunità che si indigna sui social ma poi nemmeno partecipa alle manifestazioni che si fanno a tutela dell’ospedale e la medesima superficialità della classe politica che si è limitata a quelle forme sterili e inutili di difesa del presidio, con il carico ancora peggiore di non sapersi imporre al cospetto di un paio di politicanti palermitani. Non a caso i più anziani ricordano e raccontano quando la buonanima di Nicola Garipoli andava a Palermo e apriva le porte senza nemmeno bussare.

Oggi chi siamo noi taorminesi a Palermo? In sintesi veniamo visto come quei “simpaticoni” che d’estate lasciano le prime file del Teatro Antico ai fancazzisti imbellettati dei palazzi regionali e accolgono una lunga serie di eventi in cui la Città di Taormina non vede un euro, e d’altronde il Comune non vede più un centesimo sui proventi del Teatro ormai da qualche anno. Ogni tanto la Regione ci degna di un pò di attenzione di circostanza, elargisce qualche “caramella”, che si traduce ad esempio nel finanziamento per qualche festival. Niente per niente, nulla però è per caso perché si tratta delle stesse kermesse in cui poi vediamo assessori che vengono a fare i padroni del vapore e si prendono la scena per un pò di supercazzole istituzionali sui palchi, cocktail e cene (che paghiamo noi) negli alberghi, passerelle, ospitate e la pretesa di qualche assunzione qua e là. Una carezza e poi la randellata, un gesto benevolo e poi la mazzata al momento opportuno. Ti seducono e ti illudono e poi ti presentano il conto, con l’intento e l’obiettivo centrato di asservire Taormina, sodomizzarla come fosse feudo dei baronati di turno. Un approccio ad elastico che toglie e dà, a seconda delle circostanza, e che sarebbe chiaro e ben visibile anche ad un cieco di Sorrento. Non alla politica taorminese che prova ad alzare la voce, lo fa anche con un certo stile e con educazione ma poi viene sovrastata. Era stato chiesto (giustamente) dal sindaco di Taormina di allentare la pressione sulla città con gli eventi estivi ad agosto, nel primi 20 giorni di agosto. Detto, fatto, a Palermo hanno rassicurato che la richiesta sarebbe stata recepita per poi fare puntualmente l’esatto opposto. Questo è il rispetto e la considerazione che si ha di Taormina e delle sue Istituzioni.

Ma in definitiva non si può dare sempre e in toto la colpa alla politica, che ha i suoi limiti e sta mostrando a Taormina la propria mediocrità con una campagna elettorale di sconcertante scarsezza e imbarazzanti doppio-triplo giochismi, all’insegna di fatterelli personali, veleni e rancori da triste teatrino di serie C. L’esame di coscienza ora se lo deve fare anche e soprattutto la gente, i taorminesi, come tutti quelli che abitano nel comprensorio, dalla zona ionica a quella della Valle Alcantara. Bisogna prendersi ciascuno le proprie responsabilità: tutti, tutte.

Ci si lamenta ma sino ad oggi l’ospedale lo si è difeso in modalità “armiamoci e partite”, con qualche frase di circostanza sui social che non conta niente. Anche in queste ore. Ci si indigna con la tastiera, a tavola con i familiari e al bar con gli amici. “L’ospedale non funziona”, “è una vergogna”, “siamo stati al Pronto Soccorso e abbiamo aspettato 10 ore”, “hanno mandato il mio parente a Catania, a Messina o a Caltanissetta”. Ma chiediamoci che cosa ha fatto la gente sino a questo momento per contribuire a difendere la Cardiochirurgia Pediatrica e gli altri reparti dell’ospedale di Taormina, smontati nella maniera più vile e vergognosa dalla sanità siciliana, depotenziati e chiusi. Niente. Chiacchiere che il vento se le porta via. I risultati attuali sono una conseguenza della strafottenza di una comunità che non ha lottato come avrebbe potuto e dovuto. La dimostrazione plastica? Le manifestazioni di protesta alle quali partecipano 20 o 30 persone.

Chi (e come) si è schierato davvero al fianco dei genitori ora disperati dei bambini in cura al Ccpm, che lottano da anni per difendere questo reparto? La mobilitazione di massa la si vuole fare con 20 persone e uno striscione? Le altre 15-20 mila persone dell’hinterland dove sono? Tutti impegnatissimi. Lo si vuole difendere così l’ospedale di Taormina? A colpi di anatemi da bar e frustate social col mouse?

Il tempo è scaduto. La retorica del vittimismo paesano ha fallito, l’ospitalità è stata equivocata e sopraffatta, è il momento – repetita iuvant – di andare alla resa dei conti con una prova muscolare che deve caratterizzarsi nelle forme e nelle modalità di tutte le azioni più opportune che la legge consente. Il destino dell’ospedale di Taormina sta per compiersi. L’estrema unzione al Ccpm è già stata data. Gli altri reparti sono agonizzanti, sulla via della morte per asfissia. Il disegno sta per compiersi e l’ospedale San Vincenzo verrà svuotato e ridotto di nuovo a presidio di periferia, per non disturbare altri territori e altri feudi elettorali.

Che si fa? Resistere seriamente, cambiando mentalità e ribaltando l’approccio servile oppure continuare a subire, supini, umiliazioni a tutto campo. Questo è il bivio ed è un crocevia di dignità che interessa tutti perché nessuno potrà dire che non avrà mai bisogno dell’ospedale San Vincenzo. E a quel punto con chi potremo lamentarci? Con noi stessi e con l’incapacità di tirare fuori l’orgoglio per una battaglia collettiva di civiltà, a difesa del diritto alla salute.

Diceva un saggio che la vita è al 10% quello che ti succede, al 90% come reagisci. La scelta è semplice: essere sudditi e pecore o alzare la testa e cominciare a riprendersi tutto quello che la Regione si è presa.

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