HomeAperturaMoralisti sul RdC e finti tonti sull'abbuffata del Ponte?

Moralisti sul RdC e finti tonti sull’abbuffata del Ponte?

Prosegue il dibattito infinito sul Ponte sullo Stretto e, per forza di cose, non è passato inosservato il possibile stop al tetto di 240mila euro per i manager pubblici della società che gestisce il Ponte sullo stretto, contenuto nell’ultima bozza del decreto Asset e investimenti atteso lunedì in consiglio dei ministri.

Il governo Meloni-Salvini con una mano toglie il reddito di cittadinanza ai poveri e con l’altra mano si fa venire in mente di ingrassare le tasche di altri quasi indigenti, in stile Fassino, ma stavolta non si parla di importi da 4.718 euro. Si parla di molto ma molto di più. Non si può sostenere la battaglia sul reddito per poi 10 minuti dopo svestirsi di quel principio di rigorismo e moralismo, andando a consentire che per la realizzazione di un’opera pubblica possano circolare in futuro stipendi da grande abbuffata, da destinare a chi non ne ha bisogno ed è già ricco. Non ci siamo e qui nessuno è un allocco. Il metro deve essere lo stesso.

Amministratori, titolari e componenti degli organi di controllo, dirigenti e dipendenti pubblici della società incaricata della realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina verrebbero esonerati dal limite sullo stipendio. A definirlo è l’articolo 15 del decreto, sotto il titolo «Disposizioni urgenti per garantire l’operatività della società concessionaria di cui all’articolo 1 della legge 17 dicembre 1971, n.1158», che prevede la non applicazione delle disposizioni di alcuni commi del decreto legislativo del 2016. Ovvero quelli che impongono il limite di 240mila euro nei compensi massimi per i manager.

Una possibilità, uno scenario, che ha provocato le reazioni di tutte le opposizioni, a poche ore dall’ultimo consiglio dei ministri prima della pausa estiva. “Indecenti”, interviene la segretaria del Pd Elly Schlein, “dicono che i salari non si fanno per legge. Eppure fanno leggi per togliere il tetto massimo ai salari sopra i 240mila euro mentre affossano il tetto minimo che chiediamo per non scendere sotto i 9 euro all’ora”. Come darle torto?

Ma anche il Movimento 5 stelle alza la voce. “La volontà di Meloni e Salvini di concedere una deroga al tetto degli stipendi per i vertici della società “Stretto di Messina Spa” è scandalosa. Lo scenario è il seguente: reddito di cittadinanza no, aiuti alle famiglie contro il caro-vita no, sostegni contro il caro-mutui nemmeno, interventi per attenuare il costo della benzina neanche a parlarne”, ha dichiarato il vicecapogruppo M5s alla Camera Agostino Santillo, coordinatore del comitato Infrastrutture dei 5 Stelle, “questa destra gli unici favori li fa ai soliti noti e a chi ha già. Uno scempio, messo in piedi sulla pelle dei cittadini e con i loro soldi”. La deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi rivendica la scelta di Renzi, quand’era a Palazzo Chigi, di fissare il tetto, che ora potrebbe saltare per il cda della società dello Stretto, mentre la deputata di Azione Daniela Ruffino fa un paragone con il salario minimo, la cui discussione è stata rinviata all’autunno: “La presidente Meloni si è imposta due mesi di riflessione per discutere la proposta di salario minimo a 9 euro, ma sono bastati pochi minuti e un emendamento della Lega per rompere il tetto dello stipendio dei manager pubblici. Non basta la lunga astinenza dal potere a spiegare una qual certa protervia nel modo di ricreare disuguaglianze sociali o di crearne di nuove. Misure come quella adottata per i manager del Ponte sono fatte per alimentare fratture e risentimento sociale. Se c’è qualcuno che soffia sul fuoco del malcontento sociale bisogna cercarlo nella maggioranza e nel governo”.

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