HomeEditorialiInnocenti alla sbarra e colpevoli a spasso: se potesse parlare Betti

Innocenti alla sbarra e colpevoli a spasso: se potesse parlare Betti

La condanna a 17 anni di Mario Roggero lascia senza parole l’Italia e nei fatti segna forse il punto di non ritorno di un sistema giudiziario che lascia attoniti gli italiani. Si parla da tempo immemore di una giustizia da riformare ma la realtà sembra diversa e l’impressione è che il sistema non sia da modificare ma da resettare.

Un uomo che viene assaltato nella sua gioielleria viene condannato con una pena assai più pesante di quella che sempre più spesso ormai nel nostro Paese viene inflitta a chi delinque. Si può sindacare evidentemente sull’eccesso di questo gioielliere che ha inseguito i rapinatori e li ha freddati ma come si fa a non mettersi nei panni di un uomo già rapinato (per 200 mila euro) e picchiato a sangue nel 2015, che viene fatto oggetto nuovamente di un’altra rapina e che a quel punto prova a rispondere in un contesto nel quale l’istinto di difesa si il livello di reazione.

Le sentenze non si commentano, si rispettano, si dice sempre. Ma, forse, a destare ancora più sconcerto di questo verdetto è una frase pronunciata successivamente dal gioielliere, nel suo sfogo, con riferimento alla condanna maggiore degli uomini che lo rapinarono nel 2015: “Hanno beccato due-tre anni, con la condizionale. E io massacrato, mi ruppero costole e setto nasale, e mi rubarono 200mila euro”. 

E allora che Paese siamo diventati se un gioielliere rapinato viene condannato a 17 anni di carcere e può anche aver sbagliato e, in tal caso, è giusto che anche lui debba pagare: ma allo stesso tempo cosa si può e si deve dire se chi commette una rapina prende invece 2 o 3 anni di condanna? C’è uno squilibrio enorme, imbarazzante, avvilente, che mortifica la dignità dei cittadina e mina alle fondamenta la credibilità del sistema giuridico italiano. E fa una certa impressione che poi ogni qualvolta un governo voglia mettere mano ad una riforma della giustizia, si alza un muro, vengano puntualmente alzate le barricate e la si butta in caciara per far naufragare sul nascere quel tentativo di rivedere le cose che non vanno.

Il pensiero degli italiani è chiaro e non c’è molto da intrepretare: la giustizia italiana dovrebbe avere quella stessa inflessibilità che ha avuto con Roggero in tanti altri contesti. Lo abbiamo detto e lo ripeteremo alla noia, all’infinito che bisogna essere duri, durissimi con quelli che picchiano, violentano e uccidono le donne. E lo stesso vale per altri odiosi reati come la pedofilia ed evidentemente per chi va a mettere in pericolo l’incolumità dei cittadini tutti, uomini e donne, nelle loro case o per strada o nei luoghi di lavoro. Non ci possono essere due pesi e due misure. Non è pensabile che il Roggero di turno prenda 17 anni di carcere e non è pensabile che il femminicidio venga punito con pochi anni di reclusione, con il carnefice che in una decina d’anni addirittura torna in libertà.

Ai violenti, ai ladri, agli stupratori e agli assassini si concedono attenuanti, benefici e sconti di pena, e la responsabilità di condotte gravissime si annacqua lentamente, passando per il “giochino” della perizia psichiatrica e della non imputabilità, sino a ridurre la questione all’accertare la capacità di intendere e volere e la premeditazione.

Bisognerebbe chiedersi – ed è un interrogativo che si fa sempre più inquietante – se i cattivi abbiano davvero anche la minima paura oggi di commettere certi reati sconvolgenti o se invece li commettono sapendo che poi non ci sarà una mano pesante nei loro confronti.

E allora è evidente che così non va e proviamo a fare una riflessione. Ci chiediamo cosa direbbe, idealmente, se oggi fosse ancora tra noi il Commissario Betti, l’indimenticato personaggio degli Anni 70-80 interpretato da Maurizio Merli, attore che ci ha lasciati nel 1990 ma ancora adesso è ricordato e persino amato da generazioni di giovani che nell’epoca del cosiddetto “poliziottesco” non erano neanche nati. Per quei pochi che non lo sapessero il Commissario Betti è un personaggio che ha portato al cinema il sentimento della gente, incarnando la figura perfetta del servitore dello Stato che si scontra con le storture quotidiane della legge, un tema calzante di ieri e di adesso. Oggi come allora le forze dell’ordine arrestavano i delinquenti ma in tanti casi finivano (e finiscono) poco dopo in libertà o se la cavavano (e se la cavano) con delle pene non commisurate alla gravità dei reati commessi. Il protagonista in origine doveva apparire iconograficamente simile a Franco Nero, che aveva ottenuto un grande successo proprio con una pellicola dal titolo eloquente: “La Polizia incrimina, la legge assolve”. Ma Merli, anzi Betti, è diventato in fretta molto di più: un simbolo popolare di giustizia intransigente, icona del volto duro della legge che non fa sconti ai delinquenti e che rappresentava per il cittadino quasi un “ponte” tra la cinematografia e la realtà, volto e strumento del desiderio collettivo di come dovrebbero davvero andare le cose. Merli interpretava il personaggio di un poliziotto duro, in rivolta contro l’ingiustizia e l’indulgenza della legge e di chi è chiamato a giudicare. Era una stagione che ha non poche analogie con quella attuale, in cui passavano due messaggi di assoluta importanza su tutti: il primo è che le forze dell’ordine meritano rispetto e non possono essere mortificati da una giustizia ingiusta e ridotti al mero ruolo di quelli che arrestano soggetti che poi subito dopo vengono rimessi in libertà. E il secondo messaggio è che i cattivi, per intenderci gli autori di reati efferati come uno stupro, una rapina o un delitto, non possono essere trattati con i “guanti” e non possono esserci giustificazioni in grado di alleviare le responsabilità pesantissime di tali condotte criminose. E nell’Italia che non sa distinguere i buoni dai cattivi, e che non trova il coraggio di introdurre il carcere a vita, il buon Betti sapeva come fronteggiare il crimine e la violenza. Non si faceva imbrigliare ed era lui a far paura al crimine. Non occorre aggiungere altro.

ARTICOLI CORRELATI

POTREBBE INTERESSARTI

SEGUICI SUI NOSTRI SOCIAL

35,880FansMi piace
14,200FollowerSegui
My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.