HomeEditorialiGiù le mani dal Natale: "Festa d'Inverno" è l'ultima bestialità all'italiana

Giù le mani dal Natale: “Festa d’Inverno” è l’ultima bestialità all’italiana

In un momento nel quale bisognerebbe affrontare temi un pò più seri, l’Italia non perde l’occasione di inventarsi pseudo-novità e nuove polemiche di cui faremmo voentieri a meno.

È diventato un caso politico la proposta dell’Istituto Universitario Europeo di Fiesole di cambiare i riferimenti al Natale usando la definizione Festa d’Inverno, per allargarne il significato in modo da non offendere le diverse religioni. Ora, con tutto il rispetto oggi e sempre per le altre religioni, come si può definire un’idea del genere? In un solo modo: semplicemente una bestialità.

Dopo la genialata di chi voleva far togliere il crocefisso dalle scuole, ora la giostra riparte con un’altra proposta che appare ancora più sconclusionata. Anche un bambino di 2 anni capirebbe che non è così che si combattono piaghe odiose come il razzismo e la discriminazione. Eppure la casta delle università vive in un mondo parallelo e si auto-convince della bellezza del proprio intellettualismo, fucina di generazioni incompiute di teorici che non distinguono il cielo dalla strada.

L’Ateneo toscano che si occupa di uguaglianza, diversità e inclusione, anziché preoccuparsi di affrontare da una differente prospettiva le tematiche più stringenti del mondo e tanto più quelle di un contesto universitario che in Italia ormai, sotto vari aspetti, è diventato uno dei più scadenti d’Europa, ha ben pensato di inserire questa definizione tra le linee guida. La spiegazione è che “verrà prestata attenzione garantire che la celebrazione delle festività e degli eventi sia comunicata con un linguaggio inclusivo”, riconoscendo “le diverse religioni e credenze”.

Ancora più interessanti sono state le dichiarazioni della prof.ssa Costanza Hermanin, che fa parte della commissione interna dell’Istituto universitario europeo che ha deciso che la tradizionale festa di Natale cambi denominazione. “Ho fatto parte del gruppo di lavoro per il piano di inclusività e diversità che ha redatto documenti disponibili al pubblico sul nostro sito, che suggeriscono che ‘le diverse osservanze religiose e culturali rappresentate all’Iue saranno riconosciute nel calendario degli eventi e delle attività correlate. Verrà prestata attenzione a garantire che la celebrazione delle festività e degli eventi sia comunicata con un linguaggio inclusivo, riconoscendo le diverse religioni e credenze’. Nel caso della festa che ha scatenato tante polemiche, manterremo i canti di Natale, l’albero e il mercatino che si fanno da sempre, pur adattandola a ciò che fanno tutte le grandi realtà internazionali almeno nel nome”, ha spiegato la docente in una intervista a Il Giorno.

E allora facciamo una riflessione senza troppi giri di parole: le diverse osservanze religiose e culturali possono essere osservate benissimo anche senza cambiare nome al Natale e senza che nessuno si debba sentire in alcun modo offeso o discriminato dalla parola “Natale”. Non ricordiamo, a nostra memoria, Paesi in cui ci siano italiani – e ovviamente gli italiani sono in ogni angolo del pianeta – e per questa loro presenza gli italiani abbiamo mai preteso di far cambiare usi, tradizioni, costumi altrui e/o quanto ancora attiene il Paese straniero in cui si trovano. E invece in Italia si persevera in queste singolari iniziative che sembrano più che altro “figlie” di una lunga stagione in cui le università di casa nostra se la cantano e se la suonano da sole, sono diventate un laboratorio di ideologie politiche e hanno perso completamente di vista il senso della realtà, non comprendono l’esigenza ormai ineludibile di rinnovarsi e stare al passo con l’esterno.

Ma cosa c’entra “la celebrazione delle festività e degli eventi” con “un linguaggio inclusivo”. Le diverse religioni e credenze vanno osservate e rispettate in altro modo, lavorando anche negli atenei contro le discriminazioni comportamentali del mondo reale, i problemi non si risolvono di certo cambiando il nome al Natale e con invenzioni cervellotiche del genere.

Ci rassicurano che “saranno mantenuti i canti di Natale, l’albero e il mercatino”, quasi fosse una gentile concessione. Ma di cosa parliamo?

Però adattandola a ciò che fanno tutte le grandi realtà internazionali almeno nel nome…”. Cara professoressa, caro Istituto Universitario Europeo di Fiesole: ma che ce ne frega delle altre città straniere? Qui siamo in Italia e il Natale non discrimina nessuno, anche perché queste idee che – ribadiamo – sono riconducibili alla sfera delle bestialità non partono da richieste dei ragazzi e delle ragazze. La verità è che si tratta di sgangherate iniziative direttamente pensate e sfornate, motu proprio, da un mondo universitario che dovrebbe spendere il proprio tempo per riflettere e riorganizzarsi.

Poi il gran finale delle dichiarazioni fatte a “Il Giorno” dalla prof.ssa Hermanin: “L’Istituto ha fatto la scelta, largamente condivisa sia dall’amministrazione cittadina sia dagli Stati membri del suo consiglio direttivo, di aprirsi verso il mondo e verso un’Europa non di élite sociali, ma di eccellenze accademiche di qualsiasi provenienza”. Ma di quali “eccellenze accademiche” stiamo parlando? Sono quelle “eccellenze” fatte di un bagaglio di retorico nozionismo disconnesso dalla realtà che caratterizzano il 90% delle università italiane? Sono le stesse “eccellenze” che in ambito internazionale hanno dato vita ad una generazione di diplomatici che si stanno rivelando degli “asini” nella gestione dei rapporti tra gli Stati e nella mediazione che dovrebbe provare a scongiurare guerre come quella tra Ucraina-Russia e Israele-Hamas?

Sulla tolleranza e il rispetto dei diritti, sul rispetto per i valori di tutti e tutte siamo d’accordo e lo saremo all’infinito perché non esiste cosa più becera e vigliacca al mondo del razzismo, in ogni sua forma ed espressione. Ma la lotta alle discriminazioni non si fa con estemporanee stupidate come la Festa dell’Inverno al posto del Natale. Il rispetto totale degli altri si insegna con la cultura del dialogo, non con il finto perbenismo delle Università italiane dove il governo italiano dovrebbe avere il coraggio di prendere atto di questa crisi d’identità e della confusione totale del microcosmo accademico, fare “tabula rasa” e rivedere tutto.

Gli atenei italiani, da troppo tempo a questa parte, predicano bene e fanno l’opposto. E non si possono dare lezioni di alta moralità o farsi promotori di “rivoluzioni” sociali su concetti seri ed importanti come l’uguaglianza se poi i primi a porsi in modo baronale e ad atteggiarsi da “elevati” sono stati sinora proprio quelli del mondo accademico. Delle due l’una. Basta razzismo e basta anche al piedistallo, e stop alle invenzioni all’italiana. Siamo tutti uguali, in tutto e per tutto. Viva il Natale.

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