HomeAperturaFLOP REFERENDUM: LA SOLITA "FARSA" ALL'ITALIANA

FLOP REFERENDUM: LA SOLITA “FARSA” ALL’ITALIANA

L’esito era ampiamente previsto, il flop era già scritto prima ancora che si aprissero le urne. Il referendum sulla giustizia con cinque quesiti non ha raggiunto il quorum e ha fatto registrare una percentuale di votanti che si consegna alla storia per quanto l’affluenza è stata bassa, anzi irrilevante.

Secondo i dati del Viminale, l’affluenza alla fine supera di poco il 20 per cento: 20,9% mentre la soglia minima da raggiungere per la validità della consultazione è 50 per cento più uno degli aventi diritto. In pratica, è stata la più scarna (o scarsa, se preferite) performance referendaria di tutti i tempi. Con differenze minime ed in sostanza irrilevanti tra un quesito e l’altro.

Quanto ai risultati, su due dei cinque quesiti la vittoria del sì non è schiacciante come si poteva immaginare. Sull’abolizione della legge Severino il no raggiunge quota 45,9 per cento. Sui nuovi limiti alla carcerazione preventiva il 43,7 per cento. Larga, invece, la maggioranza dei sì sugli altri quesiti: 75% di sì alla separazione delle funzioni dei magistrati; 73% sul diritto di voto agli avvocati nella valutazione dei magistrati; 73% anche per l’abolizione delle firme per le candidature al Csm.

Il problema a questo punto è semplice e va oltre gli argomenti specifici di questi o altri futuri referendum. L’istituto del referendum, così concepito, è una presa per i fondelli. Si va a votare sapendo che nella maggior parte dei casi il quorum non verrà raggiunto. Gli italiani si sono rotti le scatole da un pezzo di andare a votare perché l’Italia è il Paese di troppe cose che non vanno e i cittadini non votano persino quando si tratta di eleggere i propri amministratori locali, regionali o per le Nazionali. Figuriamoci se la gente si muove da casa per i referendum. Ma questo a Roma lo si sa benissimo, eppure nulla si fa per rimediare.

Il quorum è il paracadute perfetto per quelli che, di volta in volta, sperano che l’esito del referendum non vada a capovolgere l’assetto di norme già esistenti e in vigore, e soprattutto si tratta di una montagna quasi invalicabile per quelli che, invece, si augurano (e si illudono) di cambiare attraverso i quesiti referendari gli equilibri.

E allora il caso va affrontato con serietà e obiettività, senza continuare a sprecare soldi in questo modo per delle consultazioni referendarie che non sortiscono mai nessun cambiamento e si rivelano, puntualmente, un nulla di fatto. Lo Stato ad oggi spende delle risorse buttandole letteralmente nel cestino per delle votazioni che gli italiani disertano. E nulla cambia neppure se i quesiti vengono accoppiati con la formula dell’election day alle Amministrative o alle Regionali.

Il bivio è uno soltanto, la soluzione è ovvia e anche un bambino se ne accorgerebbe che così non si va più da nessuna parte: se si ha ancora intenzione di proporre dei referendum all’attenzione degli italiani, bisogna togliere il quorum o almeno abbassarlo al 40%. Sennò sarà sempre la solita “farsa” all’italiana. Altro che popolo sovrano, si rischia di continuare ad avere un popolo “bue”.

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