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Femminicidio, quattro gatti in aula per il sì all’inutile ddl Roccella

Femminicidio emergenza nazionale, il Paese si indigna per l’ondata di violenza efferata contro le donne ma poi la politica si conferma, una volta di più, incapace di affrontare il problema e persino palesemente disinteressata a dedicare una parvenza di attenzione al dramma di vite innocenti stroncate dai mostri.

Il Senato approva all’unanimità il ddl Roccella, un’altra inutile normativa che non risolve nulla. Ma c’è di peggio, perché la discussione è avvenuta davanti ad un’aula di Palazzo Madama praticamente vuota. Va in scena una discussione per pochi intimi, gli altri senatori di maggioranza e opposizioni risultano non pervenuti. Gli scranni deserti sono l’immagine più impietosa della solita politica cialtrona all’italiana, che in tv e sui social si batte il petto e poi è indaffarata in altre cose, neanche interessata a dibattere per cercare soluzioni credibili ed efficaci contro gli atti di barbarie che distruggono sempre più spesso l’esistenza delle donne.

Il ddl Roccella, che ha già passato l’esame della Camera il 26 ottobre, con i 157 sì del Senato diventa quindi legge. Non cambierà la storia come non l’ha cambiata il Codice Rosso. Si va avanti a piccoli e timidi passi che non ribaltano l’inerzia di questa battaglia. L’approvazione di questa legge è stata salutata con un applauso dall’emiciclo ma non si comprende cosa ci sia da applaudire in un Parlamento che se la canta e se la suona da solo, con l’ipocrisia di celebrare un ddl che basta ad arrestare o frenare la lunga scia di sangue e di ignobili violenze nei confronti delle donne. L’iter del disegno di legge che è stato accelerato anche a causa del femminicidio di Giulia Cecchettin altro non è che ulteriore palliativo. Non viene dato il segnale drastico che si auspicava da più parti. Abbiamo sperato che la tragica storia di una ragazza di 22 anni rapita, massacrata a coltellate e poi buttata in un canalone fosse abbastanza per dire basta. Doveva rappresentare il punto di non ritorno per infliggere una lezione senza pietà ai violenti e sbatterli in galera buttando la chiave. Invece no.

Tra le misure previste nel testo dei ministri Roccella, Nordio e Piantedosi, arresto in “flagranza differita”, ristori, e sul piano della prevenzione, rafforzamento dell’istituto dell’ammonimento sui reati spia e dell’utilizzo del braccialetto elettronico, con il carcere in caso di manomissione; infine la distanza non inferiore a 500 metri dai luoghi frequentati dalla vittima. Tra gli altri punti, è stato dato dalla maggioranza parere favorevole a un odg dell’opposizione che chiede di mettere risorse sulla formazione: già nel passaggio in commissione alla Camera era stato accolto un emendamento dell’opposizione con le linee guida sulla formazione del personale, forze dell’ordine e magistratura.

Nel ddl Roccella manca solo una cosa: la previsione del carcere a vita. Senza quello, tutto il resto è fuffa. Il Parlamento italiano non ha avuto, ancora una volta, il coraggio e l’onestà intellettuale di portare in discussione ed approvare l’unica misura fondamentale ed efficace che serviva per dare un segnale forte.

Siamo di fronte all’ennesimo nulla di fatto che mortifica le aspettative di un Paese che non ne può più della lucida follia di vigliacchi che picchiano, violentano e uccidono le donne e che poi la fanno franca, sfruttano le perizie psichiatriche e tutto al più se la cavano con pochi anni di reclusione. Ora c’è il braccialetto elettronico, che non serve a niente, non sposta di una virgola e non alza di un centimetro i livelli di tutela dell’incolumità delle donne minacciate dalle bestie di turno.

Repetita iuvant: è così che si vuole risolvere l’emergenza femminicidio? E’ tutto qui lo sforzo per fermare i violenti? Se la risposta della politica è questa, i vari esponenti del governo e delle opposizioni si facciano un serio esame di coscienza o più semplicemente si mettano davanti ad uno specchio, si guardino in faccia e agiscano di conseguenza.

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