HomePrimo pianoDebito choc: a Taormina i creditori vogliono 63 mln

Debito choc: a Taormina i creditori vogliono 63 mln

TAORMINA – Lo avevano quasi dipinto come un “toccasana” per la città, un momento mistico nel quale annacquare la parola fallimento e colorarla di miracoloso. Ma il dissesto finanziario, ovunque e comunque, non sarà mai una cosa positiva e poco importa che le tasse da queste parti fossero già al massimo delle aliquote già da anni con un dissesto “mascherato”. Fatto sta che il dissesto andava evitato e soprattutto non bisognava accumulare – a monte di tutto – un’esposizione che già faceva paura sino a pochi giorni fa e adesso assomiglia ad un Everest da scalare per il Comune di Taormina e per la città stessa.

La Commissione Straordinaria di Liquidazione ha pubblicato una prima relazione sull’attività svolta e sulle istanze di ammissione alla massa passiva pervenute al Comune, le richieste insomma di pagamento da parte dei creditori dell’ente. E il debito da pagare – se verrà poi confermato dagli accertamenti degli uffici – ad oggi ha un numero che non si presta ad interpretazioni: 63 milioni di euro. Altro che i 18 milioni del piano di riequilibrio bocciato dalla Corte dei Conti.

“A seguito della scadenza dell’avviso a presentare istanza per l’ammissione alla massa passiva sono pervenute alla Commissione n. 305 istanze per un ammontare complessivo di € 63.199.813,85 a fronte di un importo della massa passiva originariamente quantificata dall’Ente Locale nel piano di riequilibrio pluriennale in € 18.429.873,75 (rispetto alla quale la Corte dei Conti aveva rilevato un incremento a fine esercizio 2018 – per effetto di un considerevole disavanzo di amministrazione – pari ad € 6.122.993,43 e di maggiori debiti fuori bilancio per € 2.457.661,40 al 31 dicembre 2018, e di ulteriori passività all’epoca non ancora contabilizzate)”.

Basta e avanza questa comunicazione della Commissione di Liquidazione per zittire in modo impietoso la politica taorminese che divaga sul tema del dissesto, va avanti senza realizzare la gravita del punto in cui si è arrivati e – soprattutto – ancora non trova il coraggio di chiedere scusa ai cittadini per anni e anni di gestione inadeguata della cosa pubblica. Non c’è colpa di un singolo, non siamo di fronte alla responsabilità di Tizio piuttosto che di Caio, è il sistema nella sua interezza che ha fallito, è una classe politica nella sua totalità che deve prendere atto di aver creato un buco bestiale. Ed appare ingrato ed offensivo verso la memoria di chi non c’è più, aggrapparsi alla scusa di scaricare le colpe di oggi sulle stagioni amministrative di un lontanissimo passato, generalizzando l’origine del debito addirittura sino al punto di dire che “è colpa di quelli che c’erano al governo della città negli Anni Ottanta”.

Ci sono 63 milioni di debiti da pagare e siamo certi che un modo lo si troverà per soddisfare le pretese dei creditori, anche perché il Comune di Taormina che ha dichiarato il dissesto è in realtà uno dei più ricchi in Sicilia, ancora in questi mesi è riuscito ad avere 15 milioni di liquidità di cassa (nonostante la crisi e la pandemia) e ha un patrimonio che vale 289 milioni di euro. Ma ricordiamoci che il disastro ha pure un’altra faccia identicamente imbarazzante ed è quella dei 30 milioni di tributi non riscossi, maturati nell’arco di un ventennio a corredo di un lungo periodo in cui i soliti contribuenti (fessi) dediti al dovere pagavano per se stessi e per gli altri, mentre una caterva di furbi se ne sbattevano altamente di onorare le proprie spettanze in materia di bollette dell’acqua, della spazzatura, Imu, imposta di soggiorno, etc.

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