HomeAperturaDe Luca seppellisce il Pd: "Per l'80% anime morte"

De Luca seppellisce il Pd: “Per l’80% anime morte”

foto Massimo Pica

“Nel Pd si è affermato ormai, come spiego bene nel libro, il metodo della selezione in negativo: più perdi voti, più vai avanti. I risultati prodotti non contano nulla, conta l’occupazione delle caselle correntizie. Dunque, una vita interna asfittica, la totale lontananza dai territori e vuoti programmatici clamorosi, che rendono impossibile per il Pd una prospettiva di governo”. Parole e musica di Vincenzo De Luca, governatore della Campania e probabile futuro candidato alla segretaria del Partito Democratico. Così De Luca fa una fotografia impietosa del lungo (interminabile?) momento di crisi del Pd, che cambia i segretari ma rimane lontano dal centrodestra e si conferma incapace di costruire un’alternativa di governo anche quando gli altri si trovano alla guida del Paese e stanno facendo poco e certamente molto meno delle promesse fatte agli italiani.

“Per l’80% sono anime morte, il PD è distaccato da se stesso e non da De Luca”, è il siluro di De Luca, che si è reso autore di un libro diventato un caso politico-editoriale, “Nonostante il Pd”, e sembra soprattutto il ritratto perfetto di un partito, i dem, che dopo un decennio di governi di palazzo non riesce ad organizzarsi per fare opposizione e resta nel limbo dei soliti temi ideologici, lontani dalle esigenze reali della gente. Un indietro tutta nell’alveo di una spocchia salottiera che non risolve i problemi degli italiani e non li invoglia a dare fiducia a questa sinistra anche a dispetto della delusione per gli spergiuri della destra.

“Ritengo indispensabile fare un’operazione verità sulla vita interna del Pd: occorre cancellare la montagna di ipocrisia, di doppiezza e di finzioni che da anni segna la vita del Pd”, ha dichiarato il presidente della Regione Campania, in un’intervista a QN. “Non intendo tollerare un minuto di più che qualcuno parli di partito-comunità, quando la realtà concreta presenta un partito che è ormai un’aggregazione di correnti, di tribù, che calpestano meriti e militanza, e introducono sempre più nei rapporti interni un tasso insopportabile di maleducazione e di supponenza”.

Poi un siluro (l’ennesimo) a Elly Schlein. “Con l’attuale leadership non è cambiato assolutamente nulla. Nel libro pongo la domanda fondamentale: chi ha portato al disastro elettorale il Pd? Dove sono finiti i membri della segreteria, i membri del governo, quelli che per un decennio hanno governato il partito e deciso le sue scelte? La cosa incredibile è che nessuno ha voluto porre questa domanda, che doveva essere il punto di partenza di un rinnovamento sostanziale. E invece, tutti i responsabili di questo decennio, li vedo di nuovo imperversare: sembrano tanti turisti svedesi capitati qui per caso. E il 90 per cento di costoro sono i grandi sostenitori di Elena Schlein, la cui credibilità rispetto a un programma di rinnovamento è pari a zero. Sono tutte in piedi le tribù di sempre”.

Ma il Pd è ancora il partito di De Luca o sta pensando ad altro? “Di tutto c’è bisogno in Italia meno che di alimentare la balcanizzazione della politica e dei partiti. Un grande partito nazionale è essenziale per una democrazia viva e per poter governare una società segnata da fratture profonde, sul piano territoriale e sociale. Ma per questo occorre darsi un programma in grado di parlare alla maggioranza del popolo italiano e di presentarsi come alternativa credibile a questo governo di pellegrini, il cui dilettantismo è francamente sconcertante”.

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