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Caso Cospito, il funerale dell’informazione italiana

Le parole informazione e giornalismo in Italia sono ormai diventate un optional già da qualche anno. Un’altra impietosa conferma arriva dal caso Cospito, la vicenda dell’anarchico in sciopero della fame contro il 41-bis. Da giorni assistiamo ad una sequenza quotidiana tambureggiante di notizie lanciate, commentate e riprese a ripetizione, nei tg nazionali sulla vicenda di Alfredo Cospito.

Sino a qualche settimana pochi italiani conoscevano la storia di Cospito. Poi, svanito l’eco delle notizie sulla cattura di Matteo Messina Denaro, il pianeta acefalo dell’informazione italiana necessitava di coprire quel vuoto con un caso nazionale da buttare in pasto alla gente anche per sviare l’attenzione da altri problemi e per creare un pò di polemica.

Ecco il caso Cospito. Il racconto tratteggiato dai vari media è quello di un militante anarchico ristretto al 41 bis che sarebbe vittima di un’ingiustizia. Lo si definisce “un condannato per una strage mai avvenuta” e allora magari può venire – a chi non conosce i trascorsi di Cospito – il sospetto che magari ci sia stato uno scambio di persona e che dietro le sbarre sia finito un innocente. La narrazione pseudo-giornalistica tende alla “martirizzazione” di un detenuto che ha messo qualche bomba ma che “però non ha fatto dei morti”, ha fatto un attentato con due ordigni ad una scuola allievi Carabinieri ma “poi non è morto nessuno”, come se la gravità dei reati si basasse insomma sul numero di vittime prodotte da un’azione sino anche se la stessa sia stata di matrice terroristica o sovversiva. Un pò come dire che se un terrorista mette una bomba davanti a una scuola ma poi per fortuna non si registrano delle vittime, allora non è successo nulla. Per la stampa italiana non è un fatto grave, anzi è perdonabile perché il criterio su cui basarsi è il “quanti morti”. Ci rendiamo conto di cosa stiamo parlando?

Poi arriva uno di questi “fenomeni” dell’informazione a ricordarci che il carcere duro può riguardare soltanto i mafiosi e non altri reati come quelli contestati a Cospito: peccato che al momento dei 750 detenuti posti al 41-bis nelle carceri italiane, soltanto il 10% è stato condannato per mafia e si tratta nella stragrande parte di tutti gli altri detenuti di soggetti per i quali è stata riconosciuta comunque l’esigenza di quel provvedimento.

L’ignoranza e la malafede di una larga parte dei giornalisti italiani – che per la gran parte fanno parte pro-forma di una categoria pur non conoscendo l’abc della professione – rasenta il tragicomico, qualcosa a metà tra la tristezza e l’imbarazzo. I “cassamortari” da salotto soffiano sul fuoco della tensione sociale, trattando con una frequenza quotidiana la vicenda, la gonfiano e la esasperano sino a parlarne con aggiornamenti minuto per minuto: “Attenzione, mi dicono che è sceso il potassio”.

Sia chiaro che il rispetto dei diritti umani impone per tutti, senza distinzioni, che una persona venga curata e salvaguardata e su questo non ci piove e c’è da auspicare che possa terminare al più presto lo sciopero di Cospito e che si riprenda in piena salute. Ma come si è ridotta l’informazione italiana? Si parla di Cospito per tirarlo fuori davvero dal 41bis o piuttosto è solo uno strumento mediatico da cavalcare in questo momento? O peggio ancora è il “Cavallo di Troia” di altri pezzi di criminalità che lo esortano ad andare avanti per abbattere il muro del 41bis?

Oggi si inneggia nelle cronache di questa scadente informazione al pericolo che il governo magari sia intenzionato a togliere il 41bis ai boss della Mafia, e si inneggia contro uno Stato che vuole allentare la presa sulla criminalità, poi domani invece si lancia la crociata sulle stessi emittenti e con gli stessi personaggi sostenendo che il caso Cospito dovrebbe portare ad una riflessione sul 41bis e che “per alcuni reati non è necessario”. Tutto e il contrario di tutto pur di alimentare il circo della notizia emozionale, pur di creare una polemica senza comprendere che tutta questa enfasi finisce per determinare una sola ed inquietante conseguenza: incita alla protesta e forse ad azioni imprevedibili la galassia degli anarchici.

I primi risultati di questa brillante campagna mediatica? Alcune auto della Polizia locale bruciate a Milano e una troupe del Tg2 aggredita davanti al Carcere di Opera.

E allora non servono troppi commenti di fronte ad un’informazione becera, ottusa e irresponsabile che fa ridere o piangere, a seconda dei casi, e che di certo fa arrossire i pochi giornalisti vero che il mestiere ancora lo fanno (lo facciamo) con serietà e una palestra professionale e umana alle spalle.

Sul caso Cospito, per farsi un’idea occorre ripassare la biografia di questo anarchico.

Alfredo Cospito è un terrorista e anarchico italiano. Militante anarchico insurrezionalista, è stato condannato a 10 anni e 8 mesi nel 2014 per la gambizzazione di Roberto Adinolfi, dirigente della Ansaldo Nucleare. Successivamente ha ricevuto un’ulteriore condanna all’ergastolo ostativo per l’attentato del 2006 contro la scuola allievi carabinieri di Fossano (CN). Il 7 maggio 2012 Cospito e il suo complice, Nicola Gai, si recarono in motocicletta di fronte alla casa di Roberto Adinolfi, dirigente dell’azienda energetica italiana Ansaldo Nucleare. I due spararono tre volte ad Adinolfi alle gambe, fratturandogli il ginocchio, una tattica usata in precedenza in Italia dalle Brigate Rosse. Una lettera inviata al Corriere della Sera rivendicò l’attentato per conto del Nucleo Olga della Federazione anarchica informale.

Nelle prime ore del mattino del 14 settembre 2012 Cospito fu arrestato con Gai a Torino, i due apparentemente si preparavano a lasciare il Paese. Cospito all’udienza preliminare del rito abbreviato si rifiuta, verbalmente e di fatto, di alzarsi all’ingresso della corte e immediatamente dopo cerca di leggere in aula un documento autografo nel cui testo, poi messo agli atti, rivendica l’attentato a Roberto Adinolfi, racconta nei dettagli l’organizzazione dell’attentato e motiva tale azione attraverso un’analisi economico-politica che mette al centro la “società tecnologica”, spiegando che sparare ad Adinolfi è stata una “gioia”, un “godimento”. Su richiesta del giudice viene interrotto e allontanato dall’aula dalla polizia penitenziaria è stato condannato a dieci anni e otto mesi. Nicola Gai ha finito di scontare la sua pena nel 2020.

Mentre scontava la pena, Cospito è stato accusato insieme alla compagna Anna Beniamino dell’attentato del 2006 alla scuola allievi carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo. L’attentato fu condotto con una tecnica «a trappola»: due ordigni esplosivi, uno minore come richiamo, e il secondo ad alto potenziale, temporizzato, per fare vittime. Solo per casualità non vi furono morti o feriti.

La Corte di cassazione ha riqualificato il reato in base all’art. 285 del Codice Penale come atto terroristico “diretto ad attentare alla sicurezza dello Stato”, di conseguenza a Cospito è stata irrogata la condanna all’ergastolo ostativo. Il 5 maggio 2022, l’anarchico, in quanto «capo e organizzatore di un’associazione con finalità terroristiche», è stato ritenuto dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria un rischio per la sicurezza e posto in regime di reclusione 41-bis nel carcere di massima sicurezza di Bancali in Sardegna.

Il 20 ottobre 2022 Cospito ha iniziato uno sciopero della fame contro le condizioni del regime 41-bis, dimagrendo di 35 kg alla fine dell’anno. Diversi gruppi anarchici hanno manifestato in suo sostegno, mentre alcuni intellettuali italiani hanno chiesto al Ministero della giustizia la revoca della misura. Gli avvocati di Cospito hanno fatto ricorso contro la misura detentiva del 41-bis; il 19 dicembre il tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato la richiesta. La Cassazione deciderà sul ricorso il 7 marzo 2023. Il 30 gennaio 2023 il detenuto è stato trasferito nel carcere di Opera.

«In una splendida mattina di maggio ho agito ed in quelle poche ore ho goduto a pieno della vita. Per una volta mi sono lasciato alle spalle paura e autogiustificazioni e ho sfidato l’ignoto. In un’Europa costellata di centrali nucleari, uno dei maggiori responsabili del disastro nucleare che verrà è caduto ai miei piedi.» (Dichiarazione di Cospito al processo per la gambizzazione del dirigente di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi).

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