HomeAttualità e Cronaca"A patedda" e "a truniata": la lezione di Camilleri a Taormina

“A patedda” e “a truniata”: la lezione di Camilleri a Taormina

TAORMINA – Sono trascorsi tre anni dalla scomparsa di Andrea Camilleri, il grande scrittore siciliano passato a miglior vita il 17 luglio 2019 lasciando un grande vuoto nella letteratura del nostro tempo. Il pubblico ha imparato a conoscere Camilleri non solo attraverso i suoi libri ma anche e soprattutto grazie alla fiction tv Il commissario Montalbano, che lo ha reso famoso. Figura eclettica, creativa e dalla spiccata intelligenza, quest’autore siciliano ha ambientato una serie dei suoi libri a Vigata, in una cittadina immaginaria della Sicilia.

Eppure parole e pensieri di Camilleri sono ancora oggi calzanti, eccome, anche per altre realtà come Taormina, la capitale del turismo siciliano, la località più conosciuta della Sicilia nel mondo. Un lembo di paradiso che, al crepuscolo di una pandemia che ha messo in ginocchio tutti e nessuno escluso in Italia e nel mondo, sta ripartendo con la sua grande bellezza e sta cercando la via del rilancio. Ma Taormina, oltre alla bellezza che ne ha fatto da sempre la fortuna, ha anche potenzialità inespresse e tante contraddizioni mai risolte e neppure affrontate, piccoli grandi problemi che non necessiterebbero di chissà chi o chissà cosa per essere risolti. Eppure spesso tutto si infrange in una mentalità che è il grande paradosso di questo territorio: un posto che accoglie turisti da ogni parte del pianeta, ma che si è arroccata in una mentalità di paese e non ha voglia di costruire il futuro. Taormina si limita al compitino di andare al voto ogni cinque anni, sceglie Tizio o Caio. E la visione della Taormina del domani? L’idea di ciò che sarà e di come lo si vuole affrontare? Non pervenuta. Qui si naviga a vista all’insegna di una strenua difesa dell’amarcord e delle piccole conquiste personali, come un pezzo di suolo pubblico piuttosto che un giro di giostra nei parcheggi.

Diceva Camilleri: “In un popolo costretto all’ossessiva conservazione della memoria di sé per trovare le ragioni dell’essere nell’essere stati, si perpetua perfino il ricordo e la data di un temporale eccezionale o della nascita di sei gemelli”. Ed è così a Taormina, dove però non c’è “costrizione” alla conservazione, quanto piuttosto l’attitudine popolare al non cambiare, uno stato di cose che non trova un contrappeso in una politica che questo schema conservativo nel tempo l’ha condiviso anziché accantonarlo.

Il problema è che proprio il post-pandemia sta accelerando tutto, c’è una gran fretta di ripartire e lasciarsi alle spalle quei due anni da incubo e la concorrenza si sta attrezzando come anche noi dovremo fare, volente o nolente, il più in fretta in possibile. E bisognerà sbrigarsi, attrezzarsi alle sfide del futuro e provare ad anticipare gli altri. Troppo spesso ci siamo trovati ad aspettare “a truniata”, il tuono che arriva a scuoterci e svegliarci, costretti ad “assicutare”, rincorrere insomma, competitori che non hanno niente di più rispetto a Taormina, se non la scaltrezza di sapersi muovere per valorizzare il poco di cui dispongono.

“Arriva un momento nel quale t’adduni, t’accorgi che la tua vita è cangiata. Fatti impercettibili si sono accumulati fino a determinare la svolta. O macari fatti ben visibili, di cui però non hai calcolato la portata, le conseguenze”.

Insomma, il Camilleri-pensiero non si sbaglia: “Il tempo è una giostra sempre in funzione. Tu sali su un cavalluccio o un’automobilina, fai un bel po’ di giri, poi con le buone o con le cattive ti fanno scendere”.

E qui qualcosa dovrà cambiarla anche la politica in un tempo che non può più essere quello di una questione per pochi. Serve un cambio di passo provando ad allargare il campo anche alla comunità nell’approccio alle scelte strategiche.

La politica talvolta – per dirla alla Camilleri – “difficilmente si accorge di aver esaurito il suo corso e rimane attaccata al posto di potere come la patella allo scoglio”. La politica taorminese deve rinnovarsi, nelle idee ancor prima degli uomini, e accompagnare quel processo ineludibile di cambiamento del modo collettivo di essere e di pensare, di programmare e agire: deve accompagnare questa stagione ancora indecifrabile del dopo-pandemia e rendersi conto che, alla fine della fiera, a fare la differenza – nel bene o nel male – sarà ciò che lasceremo alle future generazioni. I giovani ci giudicheranno dai risultati e cosa vogliamo consegnargli: un altro pò di amarcord, qualche altra speculazione edilizia e una montagna di bollette non pagate?

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