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UCRAINA, LA GUERRA NON SI FERMA. PUTIN PROVOCA ANCORA: “L’UCRAINA NON E’ SERIA”

Il governo di Kiev “non è serio nel trovare una soluzione reciprocamente accettabile”. Lo ha detto il presidente russo, Vladimir Putin, nel corso di un colloquio con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, secondo quanto riferito dal Cremlino. La leadership dell’Unione Europea “ha ignorato l’azione criminale e disumana dell’esercito ucraino di ieri: un attacco missilistico contro una zona residenziale nel centro di Donetsk”, nell’Ucraina orientale, ha aggiunto.

A tenere banco in queste ore è il gesto forte di Marina Ovsyanikova, che ha fatto il giro del mondo e ha dimostrato che anche in Russia, nonostante la repressione quotidiana di un regime sempre più dispotico, c’è chi non ha paura di alzare la voce. Marina Ovsyanikova, fino a ieri, era una sconosciuta (per noi) giornalista di Pervyj Kanal, la principale emittente del Paese. Da ieri è l’eroina che ha avuto il coraggio di sollevare un cartello durante la diretta e di denunciare all’opinione pubblica nazionale ciò che sta succedendo in Ucraina e che la stragrande maggioranza delle testate russe si rifiuta di raccontare.
Di Marina, oggi, si erano perse inizialmente le tracce ed il suo avvocato in mattinata aveva prontamente lanciato l’allarme ma in serata fortunatamente è giunta la notizia che la giornalista sarebbe stata multata e rilasciata dopo l’arresto di ieri sera. “Il nostro è un Paese aggressore – ha scritto Ovsyanikova nel cartello apparso sul primo canale – e la responsabilità di questa aggressione è di una sola persona: Vladimir Putin. Ho partecipato anch’io in questi anni alla propaganda per il Cremlino ed ora me ne vergogno. Sta a noi fermare questa follia”. Il gesto coraggioso della giornalista è sempre meno isolato e in questa assurda invasione dell’Ucraina la protesta, silenziosa ma carsica, sta crescendo in tutte le grandi città della Russia: da Mosca a San Pietroburgo ma anche in altre metropoli di questa enorme nazione ogni giorno sono centinaia gli arresti di attivisti che scendono in strada per dire no a questo conflitto. Proprio ieri quattromila fra insegnanti e studenti della gloriosa università Lomonosov della Capitale hanno firmato un appello per fermare le operazioni militari in Ucraina; una cifra enorme, in un Paese poco abituato ad alzare la voce.

Per il presidente Putin, insomma, la situazione è delicata: sul campo sta incontrando più difficoltà del previsto, la resistenza di Kiev è inaspettatamente solida, ed in casa sua l’opinione pubblica è sempre meno compatta e soprattutto fra i giovani, che non si accontentano delle versioni ufficiali del Cremlino, monta l’indignazione per le migliaia di vittime civili in Ucraina. Dopo gli ultimi bombardamenti a tappeto avvenuti anche oggi a Mariupol, a Kharkiv ed a Kiev i bambini uccisi dal 24 febbraio sono quasi 100 ed a questi si aggiungono gli oltre 2 mila morti nella sola città portuale sul Mare d’Azov, cinta d’assedio e nella quale non ci sono più viveri. I russi hanno occupato l’ospedale e costretto i malati, anche quelli ricoverati in terapia intensiva, a rimanere ai propri posti. Da lì hanno iniziato un pesante conflitto a fuoco con la controparte facendosi scudo dei pazienti e del personale sanitario, quasi quattrocento persone in tutto. Comportamenti perseguibili anche penalmente, quando il tribunale internazionale riuscirà ad esprimersi sulle tante nefandezze compiute in questo conflitto.

Notizie scarne e poco incoraggianti, purtroppo, dal fronte diplomatico: dopo una timida apertura registrata ieri, è stato Putin in persona a ribadire che, a suo dire, “Zelensky non vuole trovare una soluzione accettabile per entrambe le parti”. Ma cosa sarebbe disposto a cedere, il leader del Cremlino, per giungere ad un accordo?

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