HomeAttualità e CronacaTra Taormina e un grande 2023 c'è il solito tafazzismo dei "chiusuristi"

Tra Taormina e un grande 2023 c’è il solito tafazzismo dei “chiusuristi”

TAORMINA – I numeri non mentono mai e il 2022 ha ormai certificato il forte rilancio in atto, tangibile e più rapido del previsto, dell’economia e del turismo a Taormina. Adesso all’orizzonte c’è un 2023 che potrebbe riservare identiche soddisfazioni agli operatori economici della capitale del turismo siciliano e c’è la concreta prospettiva che l’anno alle porte possa rivelarsi persino migliore.

Tra i sogni di gloria del pianeta Taormina e un grande 2023 c’è di mezzo un unico problema: la Città di Taormina e il suo ambiente, autolesionista per Dna. E’ un Everest che rappresenta una scalata mille volte più ardua del dopo-Covid. Se guardassimo il mondo esclusivamente dal punto di vista privilegiato della bellezza eccezionale del posto ci sentiremmo di dormire decisamente tranquilli. Eppure l’infernale macchina del masochismo tauromenita è indomita, non l’ha sconfitta nemmeno il biennio infernale e ora si è già rimessa in moto. Ogni volta che arrivano i momenti cruciali, quel vizio dell’autolesionismo diventa un fattore dominante, implacabile. E’ una massa informe, gelatinosa, di stoltezza cromosomica che tutto fagocita. L’esempio lampante? La stagione turistica è stata semplicemente perfetta e non c’è nessuno che possa lamentarsi e tirare fuori supercazzole di alcun genere, si è lavorato per tutta questa fase di autunno, a pieno ritmo e con una città stracolma di gente dalla mattina alla sera che ha fatto la fortuna di attività alberghiere, commercio, ristorazione, etc. Ancora adesso il maltempo (menomale) non si è praticamente quasi mai visto, non ci sarà più il flusso di qualche settimana fa ed è normale ma non si può neanche sostenere che non ci siano più turisti per le strade.

Lo si è detto che a Taormina non è semplice fronteggiare l’ondata di autolesionismo e di retorica e così accade che al 31 ottobre è scattata la “ghigliottina” delle chiusure. Fuori tutti, qui si chiude sino a Pasqua, e allora ecco che sul Corso Umberto c’è chi dà appuntamento alla primavera del prossimo anno, e come al solito parte il giochetto paesano delle ristrutturazioni farlocche che durano mesi e scatta soprattutto la danza del rimpallo tra albergatori e commercianti, uno chiude e l’altro pure e poi si danno la colpa a vicenda, per la serie “ha chiuso lui, io cosa ci resto a fare aperto”. Con tanti saluti agli avventori della zona che arrivano e poi trovano un mortorio in giro. Storia nota, narrazione vecchia che ci ha fatto due palle come una mongolfiera solo a parlarne. Eppure in un’annata come questa sarebbe stata cosa buona e giusta che tutti rimanessero aperti sino al 31 dicembre, con un piccolo sforzo e un pò di buon senso. E qualcuno – ad onore del vero – lo sta facendo.

In tutto questo, il Comune dorme e non si preoccupa, ante e non post, di fare la cosa più elementare e più semplice: convocare chi ha deciso di chiudere da ora e per 4-5 mesi, dire grazie e dare un bacio in fronte a tutti gli invitati, non prima di aver comunicato loro che le licenze annuali, se l’andazzo è questo, da adesso in poi diventeranno stagionali. Con tutti gli annessi e connessi del caso per indurre a differenti valutazioni i furbacchioni che contribuiscono a cuor leggero a rendere la bella Taormina d’inverno un deserto siculo dei tartari.

È già cominciato il pianto rituale dell’inverno, che a Taormina è una specialità della casa. A Taormina non ci si rende conto sino in fondo del potenziale straordinario di questo territorio e ci si limita al compitino del concentrare tutto sulla stagione estiva, ci si limita a dire che “in inverno non c’è gente” ma nessuno trova (anzi nessuno vuole trovare) il modo per invertire la rotta e rendere vivo il paese per 9-10 mesi l’anno. Non serve una laurea in psicologia per comprendere che il problema non è insormontabile, il vulnus è sempre il solito: la mentalità che – lo abbiamo detto alla noia – in questa città non va e andrebbe rasa al suolo.

Taormina è uno di questi posti che dovrebbero prepararsi per tempo e con un ragionamento condiviso tra tutti gli attori in campo ad un 2023 in cui provare a polverizzare tutti i record di presenze turistiche, se dovesse esserci (come pare probabile) un’altra annata come questa. Bisognerebbe dare continuità alla ripresa, programmarne i prossimi passi e rafforzarla, tuttavia in queste condizioni centrare un obiettivo può diventare un’impresa omerica. C’è chi fa il suo compito bene e senza risparmiarsi, c’è chi gioca per se stesso e con il bilancino.

Non si fa mai un passo avanti, la pandemia non ha insegnato niente, ognuno va per conto proprio, tra piccoli interessi di bottega e tra egoismi, livori e invidie e ci si accontenta di sparare un pò di fregnate in libertà. E’ un ambiente che si riempie la cassa toracica del nulla cosmico dei luoghi comuni, anziché attrezzarsi per fare della stagione appena trascorsa il punto di svolta di un rilancio. Qui ci si accontenta e non si va oltre: il mondo lo si vive sottosopra e si è pure orgogliosi di questo.

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