TAORMINA – Ad un anno esatto ormai dal ritorno alle urne, a Taormina si prospetta sempre di più una tornata di voto all’insegna del nulla di nuovo: stesso canovaccio, stessi interpreti e soprattutto la trama di prevedibili matrimoni d’annata che saranno poi accompagnati dalle medesime fesserie di circostanza da proferire poi sui palchi. Si va verso l’ennesima riedizione del fritto misto in salsa taorminese, con qualcuno che prima o poi si sposterà da una parte all’altra e dirà la fatica frase: “Si è costituita una nuova aggregazione”. La lotta di posizionamento è già partita e le riunioni si intensificano, a suon di promesse più o meno attendibili, impegni spesso da spergiuro, con il condimento di qualche sana minchiata paesana che da sempre è il sale di ogni campagna elettorale.
Non c’è nulla di più scontato di quel che sta avvenendo a Taormina. E lo scriviamo senza dimenticare che il mood stesso di Taormina città naviga sull’onda perenne del malumore (quasi) unanime, che poi subirà una divaricazione temporanea delle posizioni per due o tre mesi, con l’incombere del voto, e che poi vedrà la gente ricompattarsi di nuovo, all’insegna del coro social dei lamentosi, una volta finita la “luna di miele” della nuova Amministrazione.
La campagna elettorale che a Taormina di fatto è già iniziata è una solfa già vista e rivista di una città che non trova la via per dare la sterzata e rinnovarsi e che ha un bisogno estremo di guardarsi indietro per sfuggire alla paura del domani.
A Taormina il cambiamento è un appuntamento che quasi certamente slitterà di almeno altri 5 anni. E allora occorre avere l’onestà intellettuale di pensare e di dire che ad oggi le cose stanno così, non per suonare la sinfonia della Cassandra ma per estremo realismo e per la conclamata pochezza degli attori in campo, che fuori dalla politica hanno fatto bene nelle proprie attività e sono anche professionisti ineccepibili, ma in politica – chi più, chi meno – hanno dimostrato di non essere all’altezza del compito, s sono rivelati inadeguati alla gestione della Città di Taormina e non hanno la caratura necessaria per affrontare la sfida del grande rilancio di una città che ha tanti problemi ma è stata ulteriormente zavorrata da una classe politica che anziché risolverli si è concentrata sullo scaricabarile e delle giustificazioni.
Taormina ha dei problemi come li ha il mondo intero, ma altrove le criticità si affrontano con una forte determinazione e con unità d’intenti, qui si fa l’essenziale (a volte neanche quello) e si dà priorità al non far fare gli altri, perché il vicino di casa non viene visto come uno insieme al quale lottare per lo stesso fine collettivo ma è percepito come una minaccia, è un nemico al quale fregare un tavolino con i clienti del ristorante, è uno sul quale scrivere una lettera anonima per segnalare che forse si è allargato 10 cm in più durante i lavori di ristrutturazione di casa.
Taormina avrebbe anche e soprattutto straordinarie potenzialità per fare cose importanti e invece vivacchia ormai da 20-30 anni, si è fermata all’amarcord, si è aggrappata al passato e non investe sul futuro, fa andare via i i suoi giovani e si accontenta di offrire i concerti estivi al Teatro Antico, si accende a luglio e agosto e poi tanti saluti a tutti. Peccato che il Covid, la guerra e gli aumenti, nel frattempo, abbiano cambiato e stravolto tutto e – per chi non l’avesse capito, non consentiranno più questa piacevole abitudine all’oblio d’inverno.
Non si può neanche fare di tutta l’erba un fascio e va detto che qualcuno in città vorrebbe anche provare a fare qualcosa di diverso per dare un’altra prospettiva al territorio ma il sistema al momento non lo consente, è arroccato sul perimetro dei soliti attori e sulle solite dinamiche, in un quadro non semplice da scardinare e che forse deve andare avanti e deve anche cuocersi sino in fondo.
Ecco perché, a meno di cataclismi e salvatori della patria che non si intravedono all’orizzonte, Taormina va verso una prospetta netta e chiarissima: le elezioni del 2023 saranno probabilmente un altro palliativo, con il solito infervorarsi paesano per un candidato piuttosto che per un altro, ma in concreto non sono maturi i tempi e le condizioni per un cambiamento che al 99,1% non ci sarà. Lo 0.1% lo regaliamo ai profeti del nulla che magari diranno “non è vero, faremo meraviglie” ma che in cuor loro lo sapranno di aver detto sciocchezze di pura circostanza.
Il cambiamento – quello dei fatti e non delle belle parole – a Taormina ha i suoi tempi e si fa attendere. Arriverà con calma, un pò come un Giubileo. Il resto, per adesso, è piatto e relativo. Si scrive Taormina 2023, si legge Scene da un matrimonio già visto. Roba da telenovela di serie C.