HomeTurismo & LifestyleOvertourism Taormina, Costa: "Strategie ad hoc per gestire il fenomeno"

Overtourism Taormina, Costa: “Strategie ad hoc per gestire il fenomeno”

TAORMINA – La questione dell’overtourism è sempre più d’attualità a Taormina. La Perla dello Ionio si avvia verso una stagione turistica che sarà caratterizzata in maniera significativa dall’assalto “mordi e fuggi” e dal sovraffollamento antropico in zona. Da una parte, dunque, ci saranno (e già ci sono) tanti vacanzieri che pernottano in città, dall’altra – nello stesso momento – le ondate di avventori che raggiungono questo territorio per qualche ora. Così si fa sempre più stringente l’esigenza di soluzioni per affrontare il problema e rendere più vivibile Taormina sia ai turisti che ai residenti. Ecco un’ampia ed interessante disamina della situazione per TN24 da parte della presidente di Taoxenia, Paola Costa.

“Si avvicina l’estate e anche quest’anno 2023 ritorna a Taormina la parola “Overtourism” – spiega Costa -. Dopo due anni di pandemia non ci aspettavamo questa esplosione di turisti che ha invaso le nostre graziose stradine, i nostri splendidi monumenti e dobbiamo confessare che ci ha presi alla sprovvista, anche se eravamo stati ampiamente avvisati. Ma facciamo un passo indietro torniamo al 2016 quando Rafat Ali, Ceo e fondatore di Skift – società di analisi del settore viaggi – inventò la parola “Overtourism” e la usò nel 2018 nella prefazione di un articolo dedicato all’impatto del turismo di massa in Islanda, lanciando l’allarme sui pericoli di sostenibilità delle politiche di ricezione. E subito dopo in un articolo pubblicato sul “Telegraph”, Greg Dickinson ne diede la definizione che venne poi inclusa nei dizionari ufficiali: “il fenomeno secondo cui una destinazione popolare o un particolare scorcio vengono invasi dai turisti in modo insostenibile. L’Overtourism è stato definito dalla World Tourism Organization come “l’impatto negativo che il turismo, all’interno di una destinazione o in parte di essa, ha sulla qualità di vita percepita dei residenti e/o sull’esperienza del visitatore”.

“Da questa definizione è facilmente deducibile come l’Overtourism condizioni non solo la quotidianità dei residenti ma anche l’esperienza dei visitatori stessi che si ritrovano a condividere con più persone del dovuto delle risorse limitate, in primis lo spazio. In effetti troviamo la parola Overtourism nell’agosto 2012 come hastag su twitter, e il termine aveva già in sé, tra le numerose definizioni, quella del fenomeno per cui la qualità della vita o dell’esperienza turistica di un luogo, è fortemente deteriorata dalla presenza di una quantità eccessiva di visitatori che, non educati al turismo sostenibile, hanno un forte impatto culturale, sociale, economico e ambientale”.

“Le realtà caratterizzanti tipiche della vita di quartiere si deteriorano, le attività commerciali si riconvertono, il valore degli immobili sale. Queste, ed una serie di altre conseguenze, causano una invivibilità strutturale della località, una perdita di valore dell’identità e dell’essenza della città e la inevitabile fuga degli abitanti locali. Nelle città nascono così zone cosiddette “disneyficate”, private cioè di tutti quei presupposti fondamentali per cui una zona possa essere definita quartiere: chiudono tutte quelle attività artigianali che vengono utilizzate dai residenti p.e. il calzolaio, la sartoria, la ferramenta e così via. Per dare spazio ad attività sempre più legate al divertimento del turista, creando quindi zone completamente turistiche. E fin qui le definizioni di un tema assai attuale, affrontato in articoli, ricerche, conferenze in tutto il mondo e si, perché non colpisce solo noi; questo numero altissimo di persone che si concentra su poche destinazioni turistiche, ricordiamo Venezia, Le Cinque terre, Capri in Italia ma altri esempi famosi nel mondo sono Barcellona in Spagna – che ha avuto una crescita esponenziale di turisti dopo avere accolto i giochi della XXV Olimpiade nel 1992 – l’Isola di Boracay nelle Filippine – un paradiso tropicale trasformato in un disastro ambientale e chiuso al turismo per permettere la demolizione di centinaia di strutture ricettive abusive e creare un sistema fognario adeguato – la bellissima spiaggia di Maya Bay – perla thailandese resa celebre in tutto il mondo dal film “The Beach” con Leonardo Di Caprio, la pittoresca baia sull’Isola di Phi Phi Leh è stata resa off limits per quattro mesi l’anno per dare respiro alla barriera corallina e consentire alla fauna marina di rigenerarsi dall’assalto dei turisti – e potremmo continuare ancora ma non dimentichiamo che è proprio Venezia la capitale mondiale del sovraffollamento turistico, ovvero la città che più di Barcellona, Amsterdam e Bangkok – le altre regine del turismo mondiale- soffre di questa situazione in un rapporto impressionante di 73.8 turisti per abitante fra centro storico e terraferma. (Fonte Healthy Travel and Healthy Destination – rapporto commissionato da Airbnb)”.

“Ricordiamo che secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo le persone che si muovono nel mondo sono più di 1,4 miliardi ogni anno (dati del 2018), e dopo la dichiarazione della fine della pandemia stanno crescendo a ritmi esponenziali, prevedendo che nel 2030 il flusso internazionale di turisti supererà i 2 miliardi.
Ma quali sono le cause? Una delle cause è la nascita del cosiddetto “Turismo di massa”, che senza andare troppo lontano nel tempo, è un fenomeno legato anche alla diminuzione dei prezzi dei biglietti aerei e delle navi soprattutto da crociera, che ha reso i grandi spostamenti accessibili a larghe fasce della popolazione. Fino agli anni 90, la vacanza era programmata, di lunga durata e stagionale, mentre il fenomeno che si sta diffondendo negli ultimi anni sono i viaggi di pochi giorni e diffusi durante l’anno cosiddetti “low cost”. Anche i fenomeni delle cosiddette “city-break” e delle gite fuori porta, ossia la visita di una città d’arte spesso concentrata in un fine settimana o persino in giornata, conseguente alla preferenza dei turisti di più viaggi corti rispetto alla tradizionale vacanza lunga e l’escursionismo, ossia il cosiddetto turismo “mordi e fuggi” sono tendenze che più contribuiscono all’accrescere delle problematiche legate all’Overtourism: i benefici economici derivanti dall’escursionismo spesso non bilanciano gli effetti negativi della pressione turistica sul territorio e i suoi residenti.
Altre cause sono sicuramente l’economicità dei viaggi; la standardizzazione del prodotto turistico all’interno della fetta di mercato che preferisce una certa tipologia di vacanza con l’ausilio dei Tour Operator; la possibilità di viaggiare in maniera individuale, grazie alla nascita e alla concorrenza di svariate piattaforme digitali, fanno diventare il viaggio accessibile a tutte le classi sociali e questi fattori sono strettamente correlati alla qualità dei turisti, oltre che la quantità”.

“Alcuni dei disagi causati da flussi turistici sono dovuti al comportamento scorretto dei turisti che non sono adeguatamente educati al rispetto degli usi locali, delle norme locali del viaggio sostenibile e consapevole, interferendo in maniera pesante con ripercussioni sia immediate nella vivibilità della località turistica circa l’inquinamento acustico e delle strade con conseguenze di lunga durata nella struttura sociale della città. Se nel 2012 l’Overtourism era solo un hastag, nel 2017, l’incremento del fenomeno ha reso necessario definire il termine, dargli dei confini e trovarne delle soluzioni, sono molte le destinazioni nel mondo che stanno testando nuovi approcci per creare un turismo davvero sostenibile da ogni punto di vista. E quello della sostenibilità è infatti un tema che, in particolare negli ultimi anni, ha preso piede in tutti i settori economici e di conseguenza anche in quello turistico, e potrebbe essere una prima soluzione”.

“Non si tratta solo di vacanze all’aria aperta, magari un po’ isolati dagli altri insomma alla ricerca di un’esperienza turistica più sostenibile, autentica, orientata verso aree naturali – quindi i cammini, turismo lento, le riserve naturali, complice la pandemia abbiamo visto che un numero sempre più elevato di turisti è alla ricerca di un tipo di vacanza in cui l’afflusso di altri visitatori è minimo – ma una vera e propria strategia da affiancare ad altre per esempio il Gated Tourism e la destagionalizzazione – strategie già adottate in aree come il Komodo National Park in Indonesia e la sacra montagna Uluru in Australia. Vista la forte richiesta e la crescita dell’offerta e della domanda del turismo sostenibile, sarebbe interessante ideare iniziative di destagionalizzazione in un contesto di distribuzione dei flussi turistici sia in periodi diversi che in periodi più estesi. Quindi che fare? Si potrebbe proporre lo stesso prodotto ad un target diverso, o puntare su nicchie di turismo più specifico per esempio turismo enogastronomico – cresciuto in Italia del 70% in 4 anni- turismo sportivo, oppure quello del benessere fisico o quello dei borghi”.

“Il Gated tourism è già un pò più complicato perché si tratta di un sistema di chiusura che delimiterebbe le entrate in un determinato luogo o in un determinato periodo e si può attuare sia con un sistema integrato di prenotazioni a pagamento, oppure con la possibilità di visitare un luogo soltanto in certi momenti dell’anno.
Già si intravede una soluzione del genere da parte del Comune di Taormina con l’introduzione di un ticket che consente l’accesso dall’Isolabella, la nostra spiaggia più bella e più delicata. L’adozione del ticket sicuramente porterà a limitare l’afflusso ma secondo noi allo stesso tempo riuscirebbe ad attrarre turisti veramente interessati a visitare la nostra Isolabella in maniera slow e autentica, preservandone la sua integrità ed evitando lo scempio che si compie ogni estate. Altri aspetti su cui puntare potrebbero essere quelli di attirare i turisti con una capacità di spesa più alta, quello di puntare sui visitatori che scelgono di pernottare nelle strutture ricettive anziché sugli escursionisti. È indubbio come ad una maggiore durata del soggiorno o ALS (Average Length of Stay) corrisponda una maggiore spesa totale complessiva e una migliore distribuzione temporale dei turisti”.

“Anche la fascia di età di appartenenza risulta legata all’intenzione di scoprire una località durante la bassa stagione: la Commissione Europea ha individuato gli over 55 e i giovani tra i 15 e i 29 anni come le categorie ai quali rivolgere l’attenzione per sviluppare il cosiddetto “low season tourism”. Per raggiungere quindi l’obiettivo di distribuire in maniera più ottimale i flussi turistici durante l’anno si possono perseguire strategie che vanno dalla creazione di campagne di promozione mirate a rendere consapevoli i turisti dei vantaggi relativi al turismo di bassa stagione, a strategie di “pricing” che incentivino i visitatori a sfruttare i prezzi inferiori rispetto a quelli dei periodi più frequentati”.

“È comunque indubbio come tutto ciò possa non bastare per evitare il fenomeno dell’Overtourism ma siamo convinti che il problema non sia la crescita di per sé, ma come viene gestito il fenomeno da tutti gli stakeholder coinvolti – compagnie aeree e di navigazione, enti locali, strutture ricettive, ristoranti, commercianti. Risulta quindi necessario coinvolgere tutti i portatori di interesse affinché le misure prese per contrastare l’Overtourism vengano conosciute e condivise e i loro risultati siano positivamente percepiti dai soggetti coinvolti. Chiediamo agli enti locali di approfittare dei flussi turistici per migliorare la qualità delle infrastrutture e in generale dei servizi prendendo in considerazione che il loro utilizzo avviene da parte di residenti e turisti. Inoltre noi riteniamo che investire risorse sulla comunicazione indirizzata ai visitatori e ai residenti sia una scelta saggia per attenuare le conseguenze negative dell’Overtourism. I turisti vanno infatti resi consapevoli delle problematiche relative ad uno sviluppo incontrollato del turismo di massa sperando così che adottino comportamenti e abitudini più sostenibili, mentre la comunicazione riservata ai soggetti coinvolti e ai residenti, alla quale va affiancata la possibilità di partecipare al dibattito sulla gestione del turismo, genera nella società una crescita del supporto al turismo”.

“La crescita del supporto al turismo – conclude la presidente di Taoxenia – si rileva quando il riconoscimento, da parte dei turisti, del valore della destinazione e delle sue caratteristiche provoca nei residenti sensazioni di orgoglio e autostima. Uno degli effetti benefici del turismo è infatti quello di rendere fiera la popolazione locale non solo delle attrazioni turistiche ma anche della propria cultura, la cui condivisione con gli ospiti è gradita”.

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