Matteo Messina Denaro, alias Andrea Bonafede, alias altro ancora. Sono addirittura cinque le carte di identità contraffatte trovate nel covo di vicolo San Vito, a Campobello di Mazara, in cui l’ultimo Padrino di Cosa Nostra ha trascorso l’ultimo periodo della sua latitanza, mentre attorno a lui c’era una fitta rete di complicità e connivenze che lo rendono invisibile e più semplicemente gli consentivano di fare la “bella vita”, da latitante, da 30 anni.
I documenti individuati dalle Forze dell’Ordine, tutti con la foto tessera del capomafia, sono intestati ad altrettante persone in vita e incensurate. Si tratta di una serie di alias che hanno prestato la loro identità al padrino di Castelvetrano per un periodo lunghissimo: circa 15 anni.
A consentire al boss di restare libero sfruttando le generalità altrui, dunque, non è stato solo Andrea Bonafede, il geometra che ha messo a disposizione di Messina Denaro i suoi documenti consentendogli di usarli nelle strutture sanitarie in cui è stato operato e si è curato. Gli investigatori stanno tentando di accertare se gli altri alias fossero a conoscenza della contraffazione. Erano tutti “inconsapevoli”?