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In carcere 33 anni da innocente e poi non vogliono la riforma della giustizia

Beniamino Zuncheddu è un nome che si consacra di diritto tra le pagine di vergogna della storia italiana degli ultimi 30 anni. Tanti, infatti, (33 per esattezza) ne ha trascorsi in carcere questo ex allevatore assolto e tornato libero dopo una condanna all’ergastolo e una vita trascorsa dietro le sbarre per un reato mai commesso.

Zuncheddu è stato assolto nel processo di revisione dai giudici della Corte di Appello di Roma dall’accusa di essere l’autore della strage di Sinnai (Cagliari) dell’8 gennaio del 1991 in cui furono uccisi tre pastori. Ora torna libero ma è difficile immaginare con quale spirito dopo un’intera esistenza rovinata dalla giustizia italiana. “E’ la fine di un incubo”, ha detto dopo l’assoluzione “per non aver commesso il fatto”. All’udienza dello scorso 14 novembre il superstite della strage ha ammesso che il poliziotto che allora conduceva le indagini gli mostrò la foto di Zuncheddu indicandolo come il colpevole. Una roba da brividi, come se la giustizia fosse un telecomando dove scegliere il canale e in questo caso il colpevole, un nome da accendere e da spedire al fresco. La fortuna di Zuncheddu è stata quella di aver trovato un avvocato, Mauro Trogu, e dei consulenti che hanno creduto nella sua innocenza e lo hanno tirato fuori dal carcere.

“Beniamino è una persona incredibile che non meritava quello che ha subìto”, dice l’avvocato Mauro Trogu, difensore di Zuncheddu. “Abbiamo studiato tanto con i consulenti che mi hanno supportato, ci siamo convinti nell’intimo dell’innocenza di Beniamino: le carte parlavano di prove a carico assolutamente contraddittorie – spiega il penalista – e le indagini difensive hanno dimostrato la falsità di quelle prove a carico: rimanevano solo quelle a discarico. E poi perché abbiamo conosciuto Beniamino. Io auguro a chi abbia anche solo un minimo dubbio di berci un caffè insieme e questo dubbio verrà cancellato”.

Questa sconcertante vicenda riapre la questione sull’esigenza di fare una riforma della giustizia ed è una legge che va portata in Parlamento e approvata non domani o dopodomani ma ieri, immediatamente. E se poi a qualcuno non piacerà, amen. Ma così non si va più da nessuna parte. Non esiste da nessuna parte al mondo che ogni qualvolta un governo faccia sapere di voler mettere mano al sistema giudiziario con una riforma poi scatta 10 secondi dopo la gazzara, si apre un putiferio per bloccare tutto e lasciare tutto così come adesso.

La politica abbia il coraggio e l’onestà intellettuale di fare una riforma, che evidentemente deve essere giusta e corretta, possibilmente da adottare con il più ampio consenso di maggioranza e opposizioni, ma che non può più essere rimandata. L’ingiustizia reale e totale è quella subita per 33 anni da Beniamino Zuncheddu, non quella di chi abbaia puntualmente alla luna ogni volta che viene fuori il tema della giustizia. Non possono esserci cittadini di Serie A e Serie B e chi sbaglia deve assumersene la responsabilità, vale in termini identici per tutti, per chi viene giudicato e allo stesso modo per chi è chiamato a giudicare. Chi restituirà a Zuncheddu i 33 anni che gli sono stati portati via? E allora è tempo di mettere mano al problema per una giustizia più giusta, senza se e senza ma.

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