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Ignoranza ad oltranza: Brambilla, ma di che Sud parli? L’autonomia leghista è una truffa

Non c’è niente da fare. Mentre i “cassamortari” del mainstream insistono sul caso Cospito (di cui agli italiani non importa un fico secco), l’Italia torna indietro di 162 anni e il governo Meloni a trazione Lega spacca il Paese in 20 Stati con il Ddl truffa sull’Autonomia differenziata. Una riforma anti-costituzionale che “promette” di condannare il Sud all’eterna arretratezza mentre gli estensori di quel Ddl fingono e millantano di dare al Paese “l’occasione per crescere tutti”.

Il 2 febbraio 2023 è la data che rischia di passare alla storia per l’estrema unzione che il governo italiano ha previsto in un Paese che sinora era unito almeno sui libri di storia ma si avvia a non esserlo più neanche sulla cartina geografica. Arrivederci e tanti saluti all’articolo 3 della Costituzione dove si legge testualmente: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Un esempio tragicomico di quello che si sta compiendo è arrivato nelle scorse ore a “L’Aria che Tira”, con ospite in studio tale Gianluca Brambilla, borioso imprenditore del Nord che vive in Brianza ma forse ha la residenza sulla Luna. Da una parte Brambilla, che glorifica il disegno di legge dell’Autonomia differenziata firmato Lega. Dall’altra parte in collegamento c’era Cateno De Luca, leader di Sud chiama Nord.

“Ogni anno diamo 54 miliardi al resto del Paese. Se non arrivano in Sicilia andate a Roma a prenderveli. Al Sud avete 252 miliardi in cassa e non li spendete”. Eccolo il delirio del Brambilla, che gonfia la giugulare e arringa con un civilissimo: “Non venite a rompere le palle a noi”. De Luca replica: “Vi abbiamo civilizzato noi e tolto dalla palude, avete rotto con queste storie. Finitela con i balletti dell’incitazione del Vesuvio e dell’Etna. Non avete altri argomenti”.

E a quel punto Brambilla si supera: “La qualità della vita al Sud è migliore, è superiore, rispetto al Nord. Noi dobbiamo pagare il riscaldamento per 6 mesi; noi per andare al mare dobbiamo fare centinaia di km e voi avete tutto vicino casa. Voi del Sud vivete nel paradiso terrestre”. “Ma io per andare a Roma vorrei impiegare lo stesso tempo che impiegate voi da Milano a Roma”, spiega De Luca all’illuminato padano Brambilla.

Brambilla si era già superato qualche settimana fa con un “Non fare il meridionale, non fare il terrone con me” recapitato nello stesso programma all’indirizzo di Luca Bianchi, direttore generale dello Svimez ed esperto in economia e politiche di sviluppo territoriale.

Farebbero quasi sorridere le parole di Brambilla se non ci fosse da arrossire di vergogna di fronte a uno sproloquio fatto di inesattezza e infarcito di fesserie che sintetizzano il pensiero che appartiene anche ad altri suoi conterranei. Per fortuna il Nord è fatto anche di tante persone intelligenti e brillanti, civili e con la mente libera da questo ossessionante stereotipo di una superiorità nordista che non c’è e non è mai esistita.

E’ inutile, ad ogni modo, buttarla in caciara, peggio ancora per chi vuole sfogare una certa protervia marcatamente razzista. Il disegno della Lega altro non è che una truffa politica, economica e sociale per trattenere più risorse nelle regioni settentrionali. I governatori di Lombardia e Veneto, soprattutto, spingono per l’attuazione dell’autonomia differenziata affinché sui loro territori restino circa 2,7 miliardi miliardi di euro di attuali trasferimenti statali, in modo da prendersi una rivincita sul Pnrr, che destinava al Mezzogiorno maggiori risorse per ridurre le disuguaglianze e realizzare le infrastrutture necessarie.

Brambilla farebbe bene a leggersi, intanto, dati dei conti pubblici territoriali pubblicati dall’Agenzia per la Coesione Territoriale, che raccontano un’altra verità ed evidenziano disparità solari: CLICCA E LEGGI QUI

Il Sud che rapina il Nord ed il Nord “mammella” di tutto il Sud è roba da giornalacci e da trasmissionacce nazionali che nascondono o non sanno individuare la verità di un Centro-Nord che beneficia di una spesa pubblica superiore a quella destinata al Sud e che, sottoforma di beni e servizi, ottiene dal Sud più di quello che gli “elargisce”. Torniamo indietro di qualche anno, prima della pandemia. Dal 2000 al 2017 le otto regioni meridionali occupano i posti più bassi della classifica per distribuzione della spesa pubblica. Per contro, tutte le Regioni del Nord Italia si vedono irrorate dallo Stato di un quantitativo di spesa annua nettamente superiore alla media nazionale. Se della spesa pubblica totale, si considera la fetta che ogni anno il Sud avrebbe dovuto ricevere in percentuale alla sua popolazione, emerge che, complessivamente, dal 2000 al 2017, la somma corrispondente sottrattagli ammonta a più di 840 miliardi di euro netti (in media, circa 46,7 miliardi di euro l’anno). Di cosa stiamo parlando?

Il Rapporto n.32 di Eurispes (l’Istituto di Studi Politici Economici e Sociali) ha chiarito come stanno le cose: “Il Prodotto interno lordo al Nord Italia dipende molto poco dalle esportazioni all’estero e per grossissima parte invece dalla vendita dei prodotti al Sud, il quale a sua volta nei confronti dello scambio di prodotti con il Nord Italia mostra valori in perdita di diversa gravità. La situazione di import-export tra Nord e Sud Italia, tutta a vantaggio del Settentrione è resa possibile, paradossalmente, proprio da quei tanto discussi trasferimenti giungenti da Nord a Sud, come frutto delle tasse pagate dal Settentrione. Se questi ultimi infatti fossero oggi annullati o semplicemente ridotti, il primo a farne le spese sarebbe proprio il Nord, subendone le conseguenze peggiori. A conti fatti, a fronte dei 45 miliardi di euro di trasferimenti che ogni anno si sono spostati da Nord a Sud, ve ne sono stati altri 70,5 pervenuti al Nord compiendo il percorso inverso”.

Nel 2023 il Pil meridionale si potrebbe contrarre fino a -0,4%, mentre il dato medio italiano dovrebbe attestarsi intorno a +0,5%. Sono le conseguenze della guerra in Ucraina e dell’inflazione che interrompono la crescita economica del 2021 diffusa sul territorio nazionale. Si rischia così di ampliare il divario fra il Nord e il Sud del Paese. È quanto emerge dal Rapporto Svimez 2022, realizzato dall’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (Svimez) e presentato il 28 novembre alla Camera dei deputati.

A causa dell’aumento dei prezzi dell’energia, il Rapporto stima che oltre 760mila nuove persone saranno a rischio povertà assoluta nel 2023, di cui 500mila solo nel Mezzogiorno. Sono quindi necessarie misure a sostegno delle persone più vulnerabili per mitigare l’impatto del caro energia. Occorre inoltre considerare i working poor, cioè le persone che, pur lavorando, si trovano in condizione di povertà: a livello nazionale sono il 13% delle persone occupate, percentuale che sale al 20% nel Sud Italia. È da notare come le retribuzioni lorde unitarie siano cresciute di poco meno del 9% tra il 2008 e il 2021, rispetto a una media del 27% nell’Unione europea.

Nonostante nel 2022 l’Italia sia tornata ai livelli occupazionali pre-pandemia, sussistono ancora significativi divari generazionali e di genere, in particolare nelle Regioni del Sud. Nel 2021, a livello nazionale, il tasso di occupazione giovanile si è attestato attorno al 41%, con 15 punti in meno della media europea, mentre nel Mezzogiorno è stato del 29,8%. Sono circa tre milioni i giovani under 35 Neet (Not in education, employment or training) che non lavorano né studiano, di cui 1,7 milioni sono donne e 1,6 milioni sono meridionali. Le donne, inoltre, sono spesso costrette a dimettersi per l’impossibilità di conciliare il lavoro con le attività di cura, situazione complicata dalla carenza di servizi nel Sud, sottolinea il Rapporto.

Bruxelles ha stanziato 200 miliardi per sanare il gap tra Nord e Sud ed il 70% di quei fondi sarebbero dovuti andare al Sud, invece ne vanno 40 e anche meno e non ci saranno poi neanche i tempi e la capacità di spenderli.

Il problema, in fondo, non è quello che pensano o dicono i vari Brambilla ma ciò che avviene in Parlamento. Altrove, in Europa, si cerca la via per la coesione, l’Italia insegue la divisione. La romana della Garbatella Giorgia Meloni dovrà spiegare ai suoi elettori del Sud, al di là della propria legittima aspirazione a restare quanto più tempo possibile a Palazzo Chigi, perché abbia avallato la “porcata” dell’Autonomia differenziata. Ma come lei dovranno dare conto ai cittadini del Sud tutti i parlamentari meridionali di Fratelli d’Italia, Forza Italia e della Lega.

I parlamentari meridionali della maggioranza di governo hanno ancora una dignità? Conoscono la Questione meridionale? Si direbbe di no. In tal caso c’è una sola cosa da fare per tutti loro: dovrebbero mettersi davanti allo specchio e fare di conseguenza.

Al Brambilla, che qualche tempo fa ha anche dispensato un’altra perla asserendo che “Antropologicamente il meridionale – e nello specifico il napoletano – deve avere servizi fatiscenti”…. diamo appuntamento in Sicilia. Nel suo duello televisivo con De Luca ha già promesso che verrà qui. Lo accoglieremo con un cannolo siciliano e gli faremo gentile omaggio di un limone a nome dei napoletani prossimi campioni d’Italia.

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