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Gaia Tortora: “L’umanità che mio padre ha visto in carcere non c’è fuori”

La Verità ha intervistato Gaia Tortora, figlia di Enzo. La giornalista ha commentato la situazione delle carceri, identica a quella dei tempi in cui in prigione ci è finito suo padre. E’ un tema di cui si parla poco ma che rappresenta una delle questioni irrisolte del Paese.

«Identica, la situazione è la stessa di allora. Ne visito almeno una al mese. Ultimamente vado negli istituti minorili. Lì non c’è il tema del sovraffollamento. Forse ci sono i ventilatori che allora non c’erano per meglio sopportare il caldo». Gaia Tortora parla così delle possibilità che hanno i detenuti di ripartire. «Pochissime e dipende da dove capiti. L’unica salvezza è quando i carcerati possono uscire a lavorare. Preziosissima la legge Smuraglia che consente uno sgravio per gli imprenditori che fanno lavorare i detenuti. Ovviamente è il magistrato a pronunciarsi sull’idoneità. E c’è un vaglio pure sulle competenze».

La Tortora ha più volte detto che se ci fossero state le intercettazioni, suo padre non sarebbe finito in carcere. «Lì è proprio mancata la volontà di quella procura. Più venivano fuori elementi che provassero come fosse chiara l’innocenza di mio padre e più gli inquirenti non verificavano. Perché verificare avrebbe significato far cadere il castello di un’inchiesta che si basava solo su rivelazioni di quella che fu ribattezzata successivamente la nazionale dei pentiti. Personaggi già in carcere e con condanne di ogni tipo. Personaggi che ricevevano benefici un tanto al chilo. Anzi un tanto a bugia. Per quanto mi riguarda c’è stata proprio la volontà di non accertare. Se no, non te la spieghi una cosa del genere».

Nel nostro Paese, dice la Tortora, si abusa della carcerazione preventiva. «Nel nostro Paese vi è un abuso della carcerazione preventiva. Poco tempo fa c’è stata la relazione del garante dei detenuti. E sinceramente mi ha molto stupito come il giorno dopo non sia stata pubblicata nemmeno una riga su quello che è comunque un evento significativo e molto importante. Alla presentazione non ho visto nessuno se non il sottosegretario alla giustizia Ostellari. Come sai, abbiamo un numero molto alto di suicidi. È stato accertato che il più alto numero avviene durante le prime settimane che ti mettono in cella».

Enzo Tortora cosa raccontava a proposito del carcere? «Mio padre ci raccontava tutto. A parte i colloqui, l’unico mezzo di comunicazione possibile erano le lettere. Molto lunghe. Pagine e pagine di fogli protocollo dove ci raccontava per filo e per segno le sue giornate. L’umanità che mio padre ha trovato in carcere non l’ha trovata fuori. Molti o comunque tanti si sono scatenati nel giochino del “noto e popolare conduttore è finito finalmente nel fango”. Anche perché devi sapere una cosa: se c’è un posto dove immediatamente sanno se sei colpevole o innocente, quello è il carcere. Puoi starne certo. Se entri in quel posto gli altri detenuti non hanno bisogno di carte per capire se sei colpevole o innocente. Loro sanno tutto ed immediatamente. E siccome sapevano che mio padre non c’entrava nulla, ecco che vivevano con un po’ di imbarazzo quella situazione. E cercavano – come potevano – di alleviargli in qualche modo la pena. Facevano ad esempio la gara per rifargli il letto. Fra galeotti in genere non è che ti fai questi scrupoli. Papà in carcere ha veramente incontrato tanta umanità».

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