Faraone: “Ad Agrigento c’è un solo acceleratore per i trattamenti di radioterapia”

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“Ad Agrigento, nel 2025, chi si ammala di cancro deve sperare che una macchina non si guasti. Sì, perché nella provincia che conta oltre 430 mila abitanti, esiste un solo acceleratore lineare per i trattamenti di radioterapia. Uno solo. Installato nel 2016, aggiornato nel 2024, ma vecchio, fragile, sottoposto a doppi turni e a continui guasti”. Lo afferma il parlamentare di Italia Viva, Davide Faraone.

“Ogni volta che si ferma questo acceleratore, si interrompono le cure. E chi combatte contro un tumore resta appeso a un calendario, a un disservizio, a una scelta politica sbagliata. E così si allungano le attese e tanti decidono di andare fuori a curarsi. Non possono aspettare, è in gioco la vita. Non si tratta di una fatalità. È il risultato diretto di anni di incuria, omissioni e menzogne politiche. Gli standard fissati dallo stesso sistema sanitario prevedono almeno quattro acceleratori ogni mezzo milione di abitanti. Ad Agrigento ce n’è uno, per giunta obsoleto. Gli altri? Mai comprati. Eppure i fondi c’erano. I soldi del PNRR, del Fondo di coesione, i finanziamenti europei destinati proprio all’ammodernamento tecnologico della sanità. Tutto fermo, tutto dirottato altrove”.

“Ho deciso di presentare un esposto alla Procura della Repubblica di Agrigento. Quando si lascia un territorio di 430 mila persone con un solo macchinario per curarsi, pur sapendo che esistono fondi per acquistarne altri, non è solo cattiva politica: è un reato morale e forse anche penale. La Costituzione parla chiaro: la salute è un diritto fondamentale. Qui, invece, diventa un privilegio per chi può permettersi di spostarsi, pagare, attendere”.

“Questa non è solo una storia di malasanità: è una storia di abbandono, di una provincia intera trattata come periferia di serie B. I pazienti agrigentini sono costretti a migrare, a viaggiare per centinaia di chilometri per curarsi, a sopportare ritardi nei trattamenti, a vedere compromessa la propria dignità. Chi ha soldi trova una soluzione. Chi non li ha, resta qui ad aspettare che si riaccenda una macchina. È una sanità a due velocità, una sanità che discrimina per codice di avviamento postale”, aggiunge Faraone.

“Non è più tempo di silenzi né di giustificazioni. È tempo di responsabilità. Di chi ha gestito male i fondi pubblici, di chi ha ignorato gli standard di legge, di chi ha scelto di voltarsi dall’altra parte. Perché un giorno senza radioterapia, per chi combatte contro un tumore, può essere un giorno in meno di vita. E chi governa ha il dovere di ricordarselo”, conclude Faraone.